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Per analisi
delle menti associate, intendo dire quelle grandi analisi le quali si vennero
continuando per collaborazione, talora mutuamente ignota, di più pensatori, in
diversi luoghi e tempi e modi e con diversi fini e diverse condizioni e
preparazioni. - Valga un esempio.
Fin da'
selvaggi suoi primordii l'uomo non poteva non avvedersi del sole, della luna,
delle stelle. Egli aveva dunque fatto per inconscia necessità di natura un
primo passo nell'osservazione del cielo. Un altro facil passo era quello
d'avvertire le continue variazioni dell'astro ch'era notturna sua guida.
Ebbene, ancora oggidì, fra li orgogli della civiltà e le assidue scoperte della
scienza, l'individuo, per sua propria forza d'analisi, ben poco oltrepassa
nell'osservazione del cielo quei primi rudimenti. Egli vive e muore, senza
curarsi di saper oltre; e se ode parlare dell'immensità dell'universo, ammira;
e più sovente sorride, quasi udisse d'una favola; - e in breve oblìa. Tali sono
i termini dell'attività mentale nell'individuo, poco importa se civile o
selvaggio.
Or quando nei
libri d'astronomia vediamo pervenuta oggi la scienza fino a distinguere in una
romita stella uno stuolo di fulgidi soli, dobbiamo tuttavia riconoscere che chi
verifica col telescopio siffatta meraviglia, compie un semplice atto
d'analisi, come quando colla pupilla nuda li mirava confusi in un'unica
luce. Sia la pupilla armata o non sia, l'atto proprio dell'intelletto è in
quell'istante il medesimo, benché il senso, in tali nuove condizioni, gli
annunci in quell'astro la presenza di più punti luminosi, anziché d'uno solo.
L'analisi è sempre analisi; è sempre un atto con cui la mente
distingue le parti d'un tutto. Ma l'occhio non poteva trovarsi armato e
guidato, se non in virtù d'una lenta preparazione della vita sociale.
Quell'atto è l'ultima risultanza del lavoro degli avi e dei posteri; esso è
l'opera di più generazioni associate.
L'alternare del
sole e della luna deve destare a tutta prima nell'imaginativa l'illusione che
siano due corpi di grandezza e lontananza poco diseguale, lucenti ciascuno di
sua propria luce, a servigio dell'immobile piano della terra, fra una
moltitudine di minute stelle, sparse in una volta azzurra, poggiata sui più
eccelsi monti. Ma nella perenne continuazione dell'analisi sociale, quella
volta azzurra diviene uno spazio senza limite: quelle minute scintille
divengono un popolo innumerevole di soli; intorno al più vicino dei quali si move
l'umile globo della terra, traendo seco, per forza di più vicina
attrazione, il globo ancor più esiguo della luna, che riverbera una luce non
sua.
Qui l'analisi
primitiva, sempre accessibile ad ogni individuo, sembra in conflitto
colle analisi successive, compiute nel corso dei secoli or presso certe nazioni
or presso altre, per lavoro sociale, rallentato sovente presso quelle
nazioni medesime e talora derelitto.
Le leggi della
forza analitica non sono dunque a cercarsi solo nelle leggi dell'intelletto. La
percezione del vero è una parte del destino delle nazioni.
Pur troppo, nel seno delle genti, l'esercizio
dell'analisi è preordinato e fatale. Esse, ancora oggidì, vivono in
cospetto ad innumerevoli fenomeni della natura e della società, senza aver mai
potuto determinare l'attenzione loro ad osservarli e quasi senza vederli: anzi
sovente senza volerli vedere.
Non è ancora
tre secoli dacché al lume dell'analisi anatomica, l'uomo finalmente s'accorse
che il sangue circola nelle sue vene. Non è ancora un secolo, dacché al lume
dell'analisi chimica, primamente seppe qual fosse l'elemento vitale dell'aria
ch'egli respira. Solo ai nostri giorni, nell'analisi delle lingue, egli
distinse le obliate mescolanze delle nazioni; e nell'analisi delle reliquie
fossili, finalmente intravide le indelebili cronologie della terra e dell'uomo.
Altro è
spiegare come non si fossero fatte, molti secoli prima, quelle scoperte; altro
è spiegare come non si fossero fatte, molti secoli prima, quelle ricerche. Esse
non erano libere; l'intelletto nulla vi poteva. Molte cose erano inaccessibili;
molte parvero lungamente inutili a sapersi; molte parvero funeste ed empie;
furono interdette dai potenti ed anche dai sapienti. Nelle più sublimi
evoluzioni dell'intelletto, la volontà esercita maggior dominio che non lo
stesso intelletto.
Il modo
d'operare dell'analisi, negletto e quasi ignoto alla filosofia antica, venne
studiato di proposito dalla moderna psicologia; ma solo nell'ipotesi cartesiana
dell'individuo. Or questa non considera che il genere umano è, per sua
primitiva e spontanea necessità, gregario e sociale, e che l'atto più
sociale degli uomini è il pensiero, poiché congiunge sovente in un'idea
molte genti eziandio fra loro ignote e molte generazioni. Né considera come e
d'onde, in seno a quella istintiva e spontanea associazione delle menti, possa
l'analisi attingere una più eccelsa iniziativa, - né come ora espanda, ora
costringa, la sua libera attività. Ma dacché questa facultà deve considerarsi
come essenziale all'intelletto, giova studiare come, ciò non ostante,
la libera analisi non abbia potuto ancora attuarsi in tutto il genere
umano. Giova studiare come, presso molti popoli, le forze analitiche, dopo
una rapida emancipazione, abbiano potuto ricadere in lunga servitù; - come
nessuna nazione abbia saputo sinora serbar continuamente vivo e libero il corso
de' suoi pensieri; - come molte nazioni siano sparite, quasi meteore, senza
lasciare l'eredità d'un'idea; - come ogni società, senza avvedersi, prefigga a
sé stessa i limiti della sua sfera d'analisi; - come noi medesimi, che qui ci
aduniamo in nome della scienza viva, non tutti ancora possiamo, sciolti da ogni
precedente nostro od altrui, stendere egualmente la mano a tutti i rami
dell'arbore scientifico. La libera analisi è uno dei più grandi interessi
morali e materiali del genere umano.
La filosofia
deve proporsi uno studio fondamentale: - l'analisi della libera analisi.
Consideriamo brevemente l'analisi per sé,
come essa procede tanto nell'individuo quanto nelle menti associate.
Li antichi Messicani, all'arrivo di
Fernando Cortez, soprafatti e atterrati dalla cavalleria, tra il tumulto e lo
stupore e lo spavento confusero in un solo essere l'uomo e il cavallo. È
l'antica favola dei centauri; è la sensazione repentina e indistinta, esagerata
dall'imaginazione. E a primo tratto, anche la tranquilla vista d'una selva o
d'un ciel sereno arreca la percezione quasi d'un unico oggetto, -
un'ampia verdura, - un azzurro scintillante. Ma chi poi fermi l'attenzione in
alcuna delle piante e delle stelle, acquista altre evidenze che chiariscono via
via quel primo concetto.
L'analisi
continuata tende adunque a perlustrare, anche a più ritorni, il tutto
d'ogni cosa; e non a disunire, né a dissolvere o «risolvere», come la
voce d'analisi indusse molti pensatori a supporre. «Armé de
l'analyse, il désunira» disse Pierre Leroux. Ma il numerare le dita della
mano o le parti distintive d'un fiore, non è disunirle; bensì unirle per sempre
nel concetto del numero. Coll'analisi numerica di Linneo, la botanica divenne
primamente una scienza. L'anatomia, pur separando (per materiale necessità di
vedere) le ossa, le articolazioni, i muscoli, i nervi, le arterie, le vene, le
contempla quali cose fra loro congiunte e in quanto e come stanno fra loro
congiunte; anzi mette in luce gli ignoti loro legami. Quando osserva che le
quattro dita minori s'inflettono ponendosi alla base del pollice, discerne per
qual modo la mano abbia la capacità di prendere e stringere. L'inattesa scoperta
della tromba d'Eustachio, ossia d'un passaggio tra l'intima cavità della
bocca e la cavità dell'orecchio, rivela in qual modo chi ascolta a bocca
aperta, aumenti senza saperlo l'efficacia dell'udito.
Lo stesso
avviene quando l'analisi ha quella veste astratta e universale che le danno le
formule algebriche. Poiché quella veste commune rende comparabili fra loro e
commutabili anche quei concetti che a prima vista potevano apparir privi d'ogni
intima relazione. E così nella confusione del superficiale e del vario, la
mente può discernere l'identico, il costante, l'essenziale, il certo.
Un'analisi
ordinata procede dalle cose più ovvie ed evidenti alle più astruse; nel che sta
il principio d'ogni dimostrazione e d'ogni insegnamento.
Un'analisi può
dirsi intera, quando con certa equabile profondità si estende a tutto un certo
campo d'osservazione; cioè ad un dato essere o fenomeno o complesso
di esseri o fenomeni e a tutte le loro parti, qualità e relazioni,
entro quella misura e secondo quel fine che l'osservatore si prefigge.
Un'analisi di terre che basta ad un fabricatore di tegole, non basta ad un
fabricatore di porcellane. E l'analisi può tornare all'opera; può raccogliere
nello stesso campo altra serie di percezioni. Essa non ha limiti assegnabili in
modo assoluto e universale. Ma eziandio nel più augusto cerchio, in quanto
l'analisi tutto non lo abbracci con eguale profondità, le parti osservate
restano confuse colle neglette o inaccesse. A supplir questa interviene allora
coi mille suoi spettri l'imaginazione. Da quel momento in tutte le successive
elaborazioni dell'intelletto il vero s'intesse col falso, finché l'opera
d'un'analisi interna e fedele non venga ripresa dalla posterità. È per tal modo
che nella scienza primitiva li audaci voli dell'imaginazione soverchiano il
lento passo dell'osservazione.
Or bene,
un'analisi evidente, distinta nelle sue parti, ordinata, intera, adempie
le quattro regole del metodo di Cartesio. Il qual metodo adunque è null'altro
che l'analisi. Pure i nuovi cartesiani si sforzano d'immedesimarlo piuttosto
colla sintesi. E B. Saint-Hilaire si dispensò al tutto di
parlar della sintesi, e rimandò i lettori al metodo. Ma sintesi o analisi che si
voglia, l'osservanza delle quattro regole non poteva dare l'indiscutable
certitude. Poiché quando Cartesio (nel 1637), pochi anni prima della
morte di Galileo, publicò il Discorso del Metodo, era stato già per tutta
la vita testimonio come nella fallace evidenza dell'immobilità della terra
tutti provassero l'indiscutable certitude e la prodigieuse clarté. Ma
quell'immobilità era un'illusione; e causa dell'universale illusione era
appunto quell'evidenza! L'analisi chimica non tende solo a
distinguere per le loro attive proprietà le sostanze che si manifestano
spontanee; né tende solo a riconoscere nei corpi le sostanze cognite che vi si
celano; ma perviene fino a scoprire l'ignota esistenza di quelle che la natura
non pone mai a scoperto, come l'ossigene, il calcio, il cloro e altri principii
largamente profusi in aria, in terra, in mare.
Non diremo
tuttavia con Leroux che l'uomo «armato d'analisi, disunirà». La chimica
compie con somma evidenza la dimostrazione di molte analisi eziandio per atti
di composizione o di ricomposizione, scevri affatto d'ogni scomposizione. Un
filo di magnesio, posto sulla bilancia in contatto colla viva fiamma, arde,
indicando col rapido aumento del peso l'invisibile ossigene che assorbe
dall'atmosfera. Qui la ricomposizione dei due principii, è la dimostrazione
inversa e la controprova di ciò che il genio analitico scoperse in via diretta;
è un mezzo e non è un fine; non v'è nuova scoperta; non v'è nuova idea. In senso
operativo si può chiamar sintesi; ma in senso logico è la distinzione; è
l'ultimo complemento della distinzione.
Per lo più le sostanze chimiche non escono
da una combinazione se non entrando in un'altra; i più complicati procedimenti
si riducono ad una serie di siffatte trasposizioni e sostituzioni. - Le
sostanze mutano proprietà, pur solamente variando proporzione; il mercurio
dolce, mite medicina infantile, con l'apposizione d'altro equivalente di cloro
si muta in sublimato corrosivo. - Innumerevoli combinazioni organiche di
carbonio e d'aqua, variano proprietà solamente col disporsi in diversa
ordinanza, - come l'essenza di rose e l'essenza di terebintina, costituite
appunto entrambe di carbonio e d'aqua in proporzioni identiche, - eppure dotate
di sì diverse apparenze e proprietà. - Certe sostanze latenti si manifestano
anche solo coll'essere esposte a certe variazioni di temperatura, d'umidità,
d'elettricità; il colore accusa i vapori dell'iodio; l'odore accusa i vapori
dell'arsenico. - Ma in qualunque siffatto procedimento di scomposizione o
composizione o ricomposizione o trasposizione o sostituzione o apposizione o
disposizione o esposizione, rimane sempre intatto l'officio supremo
dell'analisi, che è la distinzione!
Pensatori di mente imaginosa e fervida
odiano le lentezze dell'analisi e i suoi rigori e i suoi freni; la dicono
facoltà pedestre e materiale: ingenium in dorso. È l'antica
condanna braminica, buddistica, eleatica, platonica; sempre un cieco disdegno;
talvolta la maledizione. Ma vero è che ogni più sottile astrazione è sempre
opera d'analisi. Dalle astrazioni dei numeri senza oggetto, delle linee senza
superficie, delle superficie senza profondità, delle forme senza corpo, delle
forze senza sostanza, surge la matematica. Dalle astrazioni del pieno e del
vuoto, dell'identico e del diverso, dell'io e del non io, dell'essere e del non
essere, dell'infinito e dell'assoluto, surgono la logica, l'ontologia, la
metafisica. Tuttociò che v'ha di più sublime nell'intelletto comincia dall'atto
analitico dell'astrazione. L'astrazione diviene il vincolo commune di tutti i
fenomeni della scienza e della coscienza. L'analisi è la piramide di cui la
sintesi è la sommità.
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