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Carlo Cattaneo
Psicologia delle menti associate

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  • 5 - Dell'analisi come operazione di più menti associate.
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5 - Dell'analisi come operazione di più menti associate.

 

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Per analisi delle menti associate, intendo dire quelle grandi analisi le quali si vennero continuando per collaborazione, talora mutuamente ignota, di più pensatori, in diversi luoghi e tempi e modi e con diversi fini e diverse condizioni e preparazioni. - Valga un esempio.

Fin da' selvaggi suoi primordii l'uomo non poteva non avvedersi del sole, della luna, delle stelle. Egli aveva dunque fatto per inconscia necessità di natura un primo passo nell'osservazione del cielo. Un altro facil passo era quello d'avvertire le continue variazioni dell'astro ch'era notturna sua guida. Ebbene, ancora oggidì, fra li orgogli della civiltà e le assidue scoperte della scienza, l'individuo, per sua propria forza d'analisi, ben poco oltrepassa nell'osservazione del cielo quei primi rudimenti. Egli vive e muore, senza curarsi di saper oltre; e se ode parlare dell'immensità dell'universo, ammira; e più sovente sorride, quasi udisse d'una favola; - e in breve oblìa. Tali sono i termini dell'attività mentale nell'individuo, poco importa se civile o selvaggio.

Or quando nei libri d'astronomia vediamo pervenuta oggi la scienza fino a distinguere in una romita stella uno stuolo di fulgidi soli, dobbiamo tuttavia riconoscere che chi verifica col telescopio siffatta meraviglia, compie un semplice atto d'analisi, come quando colla pupilla nuda li mirava confusi in un'unica luce. Sia la pupilla armata o non sia, l'atto proprio dell'intelletto è in quell'istante il medesimo, benché il senso, in tali nuove condizioni, gli annunci in quell'astro la presenza di più punti luminosi, anziché d'uno solo. L'analisi è sempre analisi; è sempre un atto con cui la mente distingue le parti d'un tutto. Ma l'occhio non poteva trovarsi armato e guidato, se non in virtù d'una lenta preparazione della vita sociale. Quell'atto è l'ultima risultanza del lavoro degli avi e dei posteri; esso è l'opera di più generazioni associate.

L'alternare del sole e della luna deve destare a tutta prima nell'imaginativa l'illusione che siano due corpi di grandezza e lontananza poco diseguale, lucenti ciascuno di sua propria luce, a servigio dell'immobile piano della terra, fra una moltitudine di minute stelle, sparse in una volta azzurra, poggiata sui più eccelsi monti. Ma nella perenne continuazione dell'analisi sociale, quella volta azzurra diviene uno spazio senza limite: quelle minute scintille divengono un popolo innumerevole di soli; intorno al più vicino dei quali si move l'umile globo della terra, traendo seco, per forza di più vicina attrazione, il globo ancor più esiguo della luna, che riverbera una luce non sua.

Qui l'analisi primitiva, sempre accessibile ad ogni individuo, sembra in conflitto colle analisi successive, compiute nel corso dei secoli or presso certe nazioni or presso altre, per lavoro sociale, rallentato sovente presso quelle nazioni medesime e talora derelitto.

Le leggi della forza analitica non sono dunque a cercarsi solo nelle leggi dell'intelletto. La percezione del vero è una parte del destino delle nazioni.

Pur troppo, nel seno delle genti, l'esercizio dell'analisi è preordinato e fatale. Esse, ancora oggidì, vivono in cospetto ad innumerevoli fenomeni della natura e della società, senza aver mai potuto determinare l'attenzione loro ad osservarli e quasi senza vederli: anzi sovente senza volerli vedere.

Non è ancora tre secoli dacché al lume dell'analisi anatomica, l'uomo finalmente s'accorse che il sangue circola nelle sue vene. Non è ancora un secolo, dacché al lume dell'analisi chimica, primamente seppe qual fosse l'elemento vitale dell'aria ch'egli respira. Solo ai nostri giorni, nell'analisi delle lingue, egli distinse le obliate mescolanze delle nazioni; e nell'analisi delle reliquie fossili, finalmente intravide le indelebili cronologie della terra e dell'uomo.

Altro è spiegare come non si fossero fatte, molti secoli prima, quelle scoperte; altro è spiegare come non si fossero fatte, molti secoli prima, quelle ricerche. Esse non erano libere; l'intelletto nulla vi poteva. Molte cose erano inaccessibili; molte parvero lungamente inutili a sapersi; molte parvero funeste ed empie; furono interdette dai potenti ed anche dai sapienti. Nelle più sublimi evoluzioni dell'intelletto, la volontà esercita maggior dominio che non lo stesso intelletto.

Il modo d'operare dell'analisi, negletto e quasi ignoto alla filosofia antica, venne studiato di proposito dalla moderna psicologia; ma solo nell'ipotesi cartesiana dell'individuo. Or questa non considera che il genere umano è, per sua primitiva e spontanea necessità, gregario e sociale, e che l'atto più sociale degli uomini è il pensiero, poiché congiunge sovente in un'idea molte genti eziandio fra loro ignote e molte generazioni. Né considera come e d'onde, in seno a quella istintiva e spontanea associazione delle menti, possa l'analisi attingere una più eccelsa iniziativa, - né come ora espanda, ora costringa, la sua libera attività. Ma dacché questa facultà deve considerarsi come essenziale all'intelletto, giova studiare come, ciò non ostante, la libera analisi non abbia potuto ancora attuarsi in tutto il genere umano. Giova studiare come, presso molti popoli, le forze analitiche, dopo una rapida emancipazione, abbiano potuto ricadere in lunga servitù; - come nessuna nazione abbia saputo sinora serbar continuamente vivo e libero il corso de' suoi pensieri; - come molte nazioni siano sparite, quasi meteore, senza lasciare l'eredità d'un'idea; - come ogni società, senza avvedersi, prefigga a sé stessa i limiti della sua sfera d'analisi; - come noi medesimi, che qui ci aduniamo in nome della scienza viva, non tutti ancora possiamo, sciolti da ogni precedente nostro od altrui, stendere egualmente la mano a tutti i rami dell'arbore scientifico. La libera analisi è uno dei più grandi interessi morali e materiali del genere umano.

La filosofia deve proporsi uno studio fondamentale: - l'analisi della libera analisi.

Consideriamo brevemente l'analisi per sé, come essa procede tanto nell'individuo quanto nelle menti associate.

Li antichi Messicani, all'arrivo di Fernando Cortez, soprafatti e atterrati dalla cavalleria, tra il tumulto e lo stupore e lo spavento confusero in un solo essere l'uomo e il cavallo. È l'antica favola dei centauri; è la sensazione repentina e indistinta, esagerata dall'imaginazione. E a primo tratto, anche la tranquilla vista d'una selva o d'un ciel sereno arreca la percezione quasi d'un unico oggetto, - un'ampia verdura, - un azzurro scintillante. Ma chi poi fermi l'attenzione in alcuna delle piante e delle stelle, acquista altre evidenze che chiariscono via via quel primo concetto.

L'analisi continuata tende adunque a perlustrare, anche a più ritorni, il tutto d'ogni cosa; e non a disunire, né a dissolvere o «risolvere», come la voce d'analisi indusse molti pensatori a supporre. «Armé de l'analyse, il désunira» disse Pierre Leroux. Ma il numerare le dita della mano o le parti distintive d'un fiore, non è disunirle; bensì unirle per sempre nel concetto del numero. Coll'analisi numerica di Linneo, la botanica divenne primamente una scienza. L'anatomia, pur separando (per materiale necessità di vedere) le ossa, le articolazioni, i muscoli, i nervi, le arterie, le vene, le contempla quali cose fra loro congiunte e in quanto e come stanno fra loro congiunte; anzi mette in luce gli ignoti loro legami. Quando osserva che le quattro dita minori s'inflettono ponendosi alla base del pollice, discerne per qual modo la mano abbia la capacità di prendere e stringere. L'inattesa scoperta della tromba d'Eustachio, ossia d'un passaggio tra l'intima cavità della bocca e la cavità dell'orecchio, rivela in qual modo chi ascolta a bocca aperta, aumenti senza saperlo l'efficacia dell'udito.

Lo stesso avviene quando l'analisi ha quella veste astratta e universale che le danno le formule algebriche. Poiché quella veste commune rende comparabili fra loro e commutabili anche quei concetti che a prima vista potevano apparir privi d'ogni intima relazione. E così nella confusione del superficiale e del vario, la mente può discernere l'identico, il costante, l'essenziale, il certo.

Un'analisi ordinata procede dalle cose più ovvie ed evidenti alle più astruse; nel che sta il principio d'ogni dimostrazione e d'ogni insegnamento.

Un'analisi può dirsi intera, quando con certa equabile profondità si estende a tutto un certo campo d'osservazione; cioè ad un dato essere o fenomeno o complesso di esseri o fenomeni e a tutte le loro parti, qualità e relazioni, entro quella misura e secondo quel fine che l'osservatore si prefigge. Un'analisi di terre che basta ad un fabricatore di tegole, non basta ad un fabricatore di porcellane. E l'analisi può tornare all'opera; può raccogliere nello stesso campo altra serie di percezioni. Essa non ha limiti assegnabili in modo assoluto e universale. Ma eziandio nel più augusto cerchio, in quanto l'analisi tutto non lo abbracci con eguale profondità, le parti osservate restano confuse colle neglette o inaccesse. A supplir questa interviene allora coi mille suoi spettri l'imaginazione. Da quel momento in tutte le successive elaborazioni dell'intelletto il vero s'intesse col falso, finché l'opera d'un'analisi interna e fedele non venga ripresa dalla posterità. È per tal modo che nella scienza primitiva li audaci voli dell'imaginazione soverchiano il lento passo dell'osservazione.

Or bene, un'analisi evidente, distinta nelle sue parti, ordinata, intera, adempie le quattro regole del metodo di Cartesio. Il qual metodo adunque è null'altro che l'analisi. Pure i nuovi cartesiani si sforzano d'immedesimarlo piuttosto colla sintesi. E B. Saint-Hilaire si dispensò al tutto di parlar della sintesi, e rimandò i lettori al metodo. Ma sintesi o analisi che si voglia, l'osservanza delle quattro regole non poteva dare l'indiscutable certitude. Poiché quando Cartesio (nel 1637), pochi anni prima della morte di Galileo, publicò il Discorso del Metodo, era stato già per tutta la vita testimonio come nella fallace evidenza dell'immobilità della terra tutti provassero l'indiscutable certitude e la prodigieuse clarté. Ma quell'immobilità era un'illusione; e causa dell'universale illusione era appunto quell'evidenza! L'analisi chimica non tende solo a distinguere per le loro attive proprietà le sostanze che si manifestano spontanee; né tende solo a riconoscere nei corpi le sostanze cognite che vi si celano; ma perviene fino a scoprire l'ignota esistenza di quelle che la natura non pone mai a scoperto, come l'ossigene, il calcio, il cloro e altri principii largamente profusi in aria, in terra, in mare.

Non diremo tuttavia con Leroux che l'uomo «armato d'analisi, disunirà». La chimica compie con somma evidenza la dimostrazione di molte analisi eziandio per atti di composizione o di ricomposizione, scevri affatto d'ogni scomposizione. Un filo di magnesio, posto sulla bilancia in contatto colla viva fiamma, arde, indicando col rapido aumento del peso l'invisibile ossigene che assorbe dall'atmosfera. Qui la ricomposizione dei due principii, è la dimostrazione inversa e la controprova di ciò che il genio analitico scoperse in via diretta; è un mezzo e non è un fine; non v'è nuova scoperta; non v'è nuova idea. In senso operativo si può chiamar sintesi; ma in senso logico è la distinzione; è l'ultimo complemento della distinzione.

Per lo più le sostanze chimiche non escono da una combinazione se non entrando in un'altra; i più complicati procedimenti si riducono ad una serie di siffatte trasposizioni e sostituzioni. - Le sostanze mutano proprietà, pur solamente variando proporzione; il mercurio dolce, mite medicina infantile, con l'apposizione d'altro equivalente di cloro si muta in sublimato corrosivo. - Innumerevoli combinazioni organiche di carbonio e d'aqua, variano proprietà solamente col disporsi in diversa ordinanza, - come l'essenza di rose e l'essenza di terebintina, costituite appunto entrambe di carbonio e d'aqua in proporzioni identiche, - eppure dotate di sì diverse apparenze e proprietà. - Certe sostanze latenti si manifestano anche solo coll'essere esposte a certe variazioni di temperatura, d'umidità, d'elettricità; il colore accusa i vapori dell'iodio; l'odore accusa i vapori dell'arsenico. - Ma in qualunque siffatto procedimento di scomposizione o composizione o ricomposizione o trasposizione o sostituzione o apposizione o disposizione o esposizione, rimane sempre intatto l'officio supremo dell'analisi, che è la distinzione!

Pensatori di mente imaginosa e fervida odiano le lentezze dell'analisi e i suoi rigori e i suoi freni; la dicono facoltà pedestre e materiale: ingenium in dorso. È l'antica condanna braminica, buddistica, eleatica, platonica; sempre un cieco disdegno; talvolta la maledizione. Ma vero è che ogni più sottile astrazione è sempre opera d'analisi. Dalle astrazioni dei numeri senza oggetto, delle linee senza superficie, delle superficie senza profondità, delle forme senza corpo, delle forze senza sostanza, surge la matematica. Dalle astrazioni del pieno e del vuoto, dell'identico e del diverso, dell'io e del non io, dell'essere e del non essere, dell'infinito e dell'assoluto, surgono la logica, l'ontologia, la metafisica. Tuttociò che v'ha di più sublime nell'intelletto comincia dall'atto analitico dell'astrazione. L'astrazione diviene il vincolo commune di tutti i fenomeni della scienza e della coscienza. L'analisi è la piramide di cui la sintesi è la sommità.

 

 




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