Codesto
sanguinoso intreccio di tribú
libere, di corsari che sfidano il cannone europeo, di profugi, di cospiratori,
fra i quali uno spruzzo d’idee bibliche genera d’improviso una nuova religione,
un esercito, un regno, non è indizio per certo d’una gente esausta e decrepita,
ma d’anime appassionate e d’imaginazioni accese come fra le piú vigorose nazioni dell’Occidente. E come
in Occidente, l’impotenza del popolo discende dalle regioni del potere; il
quale, stringendo nella gelosa e incerta mano le forze e le ricchezze di
cinquecento millioni d’uomini, non sa poi vincere o pacare sessantamila
ribelli, né respingere alle loro navi ventimila stranieri.
Senonché quando in Europa le
moltitudini rassegnate o incuranti aspettano ogni loro salute dai potenti,
questa in loro è servile ignavia e corruttela e oblio dei diritti che le
tradizioni additano e che le leggi piú
assolute non rinnegano apertamente mai; poiché riconoscono instituzioni e
magistrati i quali sono supposti rappresentare la volontà e il giudicio dei
popoli. Ma nella China è credenza morale e religiosa che la volontà e la
ragione dei popoli risiedono nel supremo imperante, e ne’ suoi ministri. Perciò
le leggi e le dottrine chinesi parlano bensí
altamente dei doveri; e tanto a principi e magistrati quanto al piú povero cittadino; ma non parlano mai di diritti.
La legge chinese confida unicamente nella ragione del giudice; e non
accetta difensori.
Ciò fa parte d’un ampio sistema
sociale e scientifico il quale ebbe la potenza d’assimilare e immedesimare
tutte le idee che la ragione dei popoli nel corso di cinquemila anni venne
trovando e deducendo: e di dominare tutte le sétte indigene, anche armate e
ribelli, e quante filosofie e teologie e teocrazie penetrarono colà dal Tibeto,
dall’India, dalla Persia, dall’Arabia, dalla Palestina, dall’Europa: ed
eziandio d’imporsi ai conquistatori, che sottomisero piú volte la terra di quel popolo, ma non la sua legge e la sua
mente.
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