Al primo albore
delle memorie, i popoli della China, sebbene divisi in piú Stati, che erano però colonie e
propagini d’un solo stipite commune, appaiono già congiunti dall’unità della
lingua, delle leggi e di tutte le usanze e le idee. Si conoscono fra loro, e
ignorano o non curano il rimanente del mondo, come se appartenessero ad un
altro pianeta. Posta fra le solitudini d’un oceano innavigato e i deserti dei
barbari, e un labirinto d’alpi nevose, le piú
eccelse della terra, la China è la regione media (Tciung Kue),
destinata a dimora dell’uomo civile e morigerato, in un semicerchio di
genti eslegi e brutali; è l’imagine del cielo che le sovrasta; è l’imperio cieliforme;
è il sotto-cielo (Thian-hia). Il suo sovrano, predestinato
ad essere l’artefice dell’ordine celeste, è il figlio del cielo (Thian-tseu),
è il mediatore fra le potenze del cielo e della terra. Egli deve tener
congregati i popoli in una famiglia; difenderli dai barbari, e reggerli come
un padre regge i suoi figli.
L’istituzione della civiltà nella
China, appunto come nell’India, nella Irania, nella Babilonia, nell’Egitto, fu
agevolata dalla forma del territorio. Esso è fecondato e unificato da due
fiumi, pari ciascuno in lunghezza di corso a dieci e piú volte il Po. Nascendo vicini, poi divagandosi l’uno verso
settentrione, l’altro verso mezzodí,
poi novamente accostandosi, dopo aver d’ogni parte adunato innumerevoli
confluenti, vanno a formare colle loro alluvioni una delle piú larghe e feraci pianure del mondo. La
provincia di Kiangsu, ove ambo i fiumi mettono foce, ha 54 millioni d’abitanti,
sovra una superficie (115,000 chilom. q.) ch’è poco piú d’un quinto della Francia! La natura aveva disposto; la mano
dell’uomo ha compiuto.
Il maggiore di questi fiumi,
detto Kiang, cioé appunto il fiume, ovvero Yan tse kiang, cioé
figlio del mare, o piccolo mare essendoché alla sua foce è largo
diciotto miglia, è cosí piano e profondo che il riflusso del mare vi si sente
fino a duecento cinquanta miglia entro terra, sicché le navi possono pervenire
fin colà veleggiando. Il fiume settentrionale è alquanto minore, ma precipitoso
e torbido, ond’ebbe nome di fiume Giallo (Hoang-ho), e si chiama
mar Giallo (Hoang-hai) il seno poco profondo ove sbocca. Barrow
calcolò che vi apporti ogni ora due millioni di piedi inglesi di terra; il che
corrisponde a un mezzo centesimo del suo volume d’aqua. Fa, se non erriamo,
cinquecento milliardi di metri cubi ogni anno; ond’è a credersi che nella China
primitiva, cinquanta e piú secoli addietro,
molte delle provincie ora abitate fossero maremme e lagune e golfi. Molti e
vasti laghi rimangono tuttavia sparsi nelle pianure.
Il popolo chinese si accrebbe
dunque, tanto per l’espansione delle sue colonie lungo i due fiumi e le loro
convalli, e per la continua assimilazione delle tribú montane, quanto per le alluvioni che allargavano assiduamente le
terre maritime, e colmavano laghi e lagune. Ma l’uomo fin da remoti tempi pensò
a difendere con argini le pianure, e le fecondò con canali irrigatorii,
derivati da molti fiumi e in un numero che oggidí non è minore di 350. E inoltre congiunse i piú grandi fiumi con un magnifico canale
navigabile, che scorre parallelo al mare per poco meno d’un migliaio di miglia.
E siccome è nella direzione da settentrione a mezzodí, cosí giova a
permutare i prodotti d’una gran varietà di climi e di culture.
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