Indice: Generale - Opera | Parole: Alfabetica - Frequenza - Rovesciate - Lunghezza - Statistiche | Aiuto | Biblioteca IntraText
Carlo Cattaneo
Dell'insurrezione di Milano nel 1848 e della successiva guerra

IntraText CT - Lettura del testo

  • X L'esercito del re
Precedente - Successivo

Clicca qui per nascondere i link alle concordanze

X

L'esercito del re

 

E' superfluo il dire come Carlo Alberto facesse ricusare apertamente o destramente eludere le molte esibizioni dei volontarii francesi, polacchi e svizzeri; i quali tutti avrebbero fornito li esperti officiali che il Piemonte non aveva in numero opportuno a condurre due eserciti. L'ajuto delli Svizzeri, formalmente offerto al Casati, ebbe ripulsa.

Proni e devoti al re, li uomini del governo provisorio non coltivarono le pratiche che si avevano in Tirolo, in Istria, in Dalmazia, in Ungaria; tutto fecero per isolarci, e sviare da noi quel favore che l'Europa libera doveva nutrire ben più per la nostra causa che non avesse già fatto per la causa greca; poichè l'Austria era odiosa e temuta a tutti; come inesorabile nemica d'ogni libertà e nazionalità. Che più? li avversarii del governo austriaco erano molti e frementi, anco in Vienna. E di tuttociò nessun sussidio si ritrasse per la nostra guerra.

Abbiamo notato quali interessi consigliassero al nostro conquistatore di allontanare dal campo li ausiliarii italiani. L'amicizia della rimanente Italia non eragli più gradita che quella della Svizzera e della Francia. E il suo pensiero ebbe così felice adempimento , che il 19 giugno il suo generale poteva già scrivergli: "All'ora presente, noi siamo senza alleati. Tutti sono scomparsi dal campo di battaglia"11.

E il generale proseguiva: "I soccorsi che ci vengono annunciati dalla Lombardia, non potranno acquistare una certa importanza che fra tre o quattro mesi". Eppure vi erano parecchie migliaia di soldati ribelli all'Austria, e parecchie migliaia di congedati. E invece di richiamar questi, si sbandavano anche quelli, con meraviglia e molestia delle popolazioni, alle quali si dimandavano nello stesso tempo nuovi coscritti. Laonde, per la urgente guerra, i veterani non si volevano adoperare; e i coscritti non si potevano; e il paese intanto rimaneva disarmato.

I veterani vennero poi chiamati, ma quando per la lentezza della guerra, e le sventure del Tirolo e della Venezia, ripullulava in loro l'opinione della nemica potenza, e la tema d'esser mandati al supplicio cadendo prigioni. si prese cura alcuna d'armarli, di vestirli, d'ammaestrarli al nuovo servizio piemontese; cosa necessaria, dopochè per le solite trame politiche si erano misti in ogni battaglione cinquecento dei nostri con trecento delli infimi soldati piemontesi. - "Giunsero infine dodici battaglioni di riserva misti di Piemontesi e Lombardi, scrive il Bava, ma erano senz'armi e senza divisa; non vollero prestare il debito giuramento; e ad alta voce si facevano intendere che non si sarebbero battuti se non quando fossero ammaestrati e vestiti, per non venire dal nemico tenuti in conto di rivoltosi, ed esposti quindi al pericolo della fucilazione. Laonde, sebbene la forza d'ogni battaglione misto fosse di ottocento uomini, di cui soli trecento e tutti piemontesi potevano dirsi soldati, ed anche deboli soldati, perchè tutti tratti dalle classi antiche e quindi da molti anni dimoranti alle lor case e disusati alle armi, tuttavolta se ne faceva ascendere la forza fino a trentaseimila uomini; ivi compresi i dodici battaglioni tutti lombardi, che ad ogni istante dovevano mostrarsi sul teatro della guerra, comandati dal barone De Perron; ma che mai non si facevano vedere"12.

E questi veterani mai non si facevano vedere alla fronte dell'esercito, ove pure avrebbero potuto trarre a i loro commilitoni rimasi ancora entro le linee di Radetzki, e avrebbero potuto, in mano d'un generale audace e destro, servire a utili sorprese e inganni militari. E ciò era perchè "vestiti com'erano all'austriaca, e con abiti di Ungaresi abbandonati nei magazzini di Milano, avrebbero potuto dare origine a qualche funesto errore"13. codesto De Perron, era giudizioso e savio ordinatore; anzi, a' suoi detti, parrebbe un insensato anzi che no14.

Come non si volevano i veterani, così non si voleva parimenti dar ansa d'agguerrirsi alle guardie nazionali.

Quando i cittadini milanesi si offersero a marciare in soccorso della Venezia invasa, Giuseppe Durini e Cesare Correnti, incaricati del governo, dichiaravano di poterli accettare solamente a condizione che non portassero "aggravio allo Stato!" E invitarono le generose guardie nazionali, spontaneamente accorse all'appello della patria, a volersi provedere dell'uniforme, e a volersi altresì procurare il fucile possibilmente militare, ottenendolo anche dai privati in dono o in prestito. E citavano li urgenti bisogni della patria, la quale, a detta loro, non poteva fornire nemmeno le trentacinque lire per un miserabile uniforme di tela15.

Per quanto il Durini avesse già fatto a guastare in quaranta giorni le finanze, un sì esiguo risparmio non poteva esser la vera cagione per la quale si accoglieva tanto scortesemente l'offerta che i poveri cittadini facevano del sangue loro a salvare i fratelli veneti. Dovevano essere misteriosi ordini del magnanimo padrone. E più volte si vide chiaro come non si amassero in mano alle guardie nazionali i fucili di portata militare. Tosto o tardi la frodata popolarità doveva giungere a tristo fine; e quelle armi dei cittadini si sarebbero ritorte contro i traditori. E perciò si studiava che i buoni fucili venissero portati lontano. Ma fortunatamente, in mano a quei valorosi fratelli, furono più giovevoli a Malghera e a Mestre, che non sarebbero stati nella tradita Milano.

alle guardie che rimanevano si dava forte ed efficace ordinamento, col preporre loro officiali che avessero animo militare. Ai giovani che si erano segnalati nel combattimento si anteposero perfino quelli che nei cinque giorni erano stati notoriamente nascosti in cantina. Per tal modo le città furono inabilitate a difendersi; e in effetto, quelle medesime che erano insurte con maggiore ardimento, al ritorno del nemico non opposero la valorosa resistenza delle città venete. Pertanto i generali regii, ch'erano consapevoli e complici di quelli scaltrimenti dei loro partigiani, ebbero a lagnarsi di non poter disporre liberamente dei loro soldati, per non lasciare scoperte le inermi nostre città16.

A crescrere le difficoltà, le malattie, la confusione, si assegnavano a sproposito i luoghi da difendersi alle diverse compagnie di volontarii; i pianigiani cremonesi erano mandati a stancarsi sulle montagne del confine trentino; i montanari comaschi a prender la febbre nelle basse di Cremona; nessuno era a portata di difendere la patria più vicino che si potesse alle sue case. Il ministro aveva poi sempre cercato di togliere ogni efficacia alli sforzi dei volontarii, lasciandoli stremi d'ogni più necessaria cosa, lasciandoli senza scarpe sui dirupi, senza cappotti alla difesa dello Stelvio, ch'è il più elevato e nevoso di tutti i passi delle Alpi (2800 metri). Teneva celati al publico i quotidiani loro combattimenti; e propalava e spesso inventava i fatti che potessero discreditarli.

Del buon volere delli studenti, che vollero andar tutti al campo, nessun profitto si ricavò. Il re pensava piuttosto a farli sudditi che a farli soldati. Scriveva il general De Perrone che "il ministro della guerra gli aveva palesato il desiderio manifestato dal re, d'incorporare i due battaglioni delli studii in una divisione piemontese"17.

Quando li allievi di teologia vollero arrolarsi colli altri studenti, e chiesero divisa militare, il governo rispose che per il momento le strettezze dell'erario non lo concedevano; onde si videro giovani volenterosi far l'esercizio sulla Piazza d'Armi, in veste talare e cappello tricorne. Infine il ministro, costretto dalla vergogna a far qualche cosa, fece acconciar loro i vecchi uniformi dei poliziotti austriaci. mutando solo le mostre gialle in rosse.

Non si fece mai provedimento alcuno di difesa nelle campagne e nei monti; non si prepararono leve in massa o altri ordinamenti di popolo. Il canonico Vimercati che con una compagnia di sacerdoti offrivasi d'andar predicando la guerra santa ai contadini, ebbe altiere ripulse; e non fu accettato, se non quando non era più tempo.

Anime basse e torbidi intelletti guastarono per tal modo il più generoso e spontaneo moto di popolo che si fosse visto in Europa dopo le crociate. Pur troppo non ebbimo a capitanarlo un Goffredo, un Cor-di-leone.

 

Di questa maniera il re, non amando li ausiliarii stranieri, i fratelli italiani, i soldati e volontarii nostri, insomma non volendo altro esercito che il suo, ridusse le forze d'una nazione di venticinque milioni e de' suoi poderosi amici, alle milizie regolari d'un piccolo stato di cinque millioni. La guerra sua, non solo non era europea, ma non era italiana.

È a notarsi inoltre che il suo governo non aveva potuto in poche settimane tramutarsi d'assoluto a costituzionale. Le cose e le persone rimanevano quali le aveva fatte un'oppressione gesuitica di trentaquattro anni. La guardia nazionale non era armata, compiutamente e sinceramente stabilita; perlochè il re, nemmeno volendo, avrebbe potuto consegnare ai cittadini genovesi la custodia delle loro fortezze, i cui cannoni erano rivolti ancora contro la città. Gli fu dunque necessario lasciare indietro considerevol parte dell'esercito. Laonde non potè condur seco alla guerra nemmeno tutte le forze regolari del Piemonte. Di guerra italica, che doveva essere, non riescì tampoco guerra piemontese. E qui si vede uno dei modi pei quali la libertà cresce le forze dei popoli, e il governo assoluto le scema.

Le riserve, che gettate fin dapprincipio sul nemico cedente, lo avrebbero soprafatto; e che mandate ai passi del Tirolo e del Friuli, gli avrebbero intercetto o almen tardato ogni soccorso, mandate tardi, supplirono appena alle lacune fatte dalle ferite e dalle infermità. E così aspettando l'arrivo delle riserve, il re rimase in brutta e dannosa inerzia a mirare la ruina di Vicenza18.

 

Carlo Alberto, non potendo, per diffidenza o disistima che aveva de' suoi generali, commetter loro l'esercito, e prendendo perciò egli stesso il comando, rese inoperoso il fiore anco dei soldati che aveva seco; poichè dovevano anzi tutto custodire la sua persona. Apportava inoltre impaccio coi molti equipaggi; intralciava con vane formalità e pompe le operazioni da lui medesimo comandate; e col capriccio naturale ai principi, s'ingeriva a turbare i particolari disegni de' suoi generali. E questi perciò rimproveravano a medesimi, d'aver accettato "un comando ch'era solo di nome" pag. 2819.

Carlo Alberto, per esser generale, non cessava d'esser re. La guerra pertanto non era l'unico il principale suo pensiero; ma divideva la sua mente con la diplomazia, l'amministrazione e sopratutto la polizia: faceva mestieri preservare soldati e sudditi dall'esempio d'un popolo ch'era in atto di ribellione, e che pel momento non si poteva ricondurre ad alcun riguardo di scritti e di parole.

Carlo Alberto, come rampollo della casa di Savoia, doveva continuare fra i sacrestani suoi ministri e generali, le sante affettazioni de' suoi predecessori; e mettere pertanto alli ordini del giorni ben assai più messe e rosarii, che non facesse il vecchio Radetzki. Giunto dopo la disfatta presso Cremona, si trattenne per due ore in una chiesa, a cantare le litanie col suo stato maggiore, mentre l'esercito andava in perdizione. Per fermo era una prosapia veramente troppo antiquata, che si era scelta a rifare un gran popolo e condurre a compimento una gran rivoluzione.

 

Carlo Alberto non aveva esperienza di guerra, aveva visto un solo giorno di battaglia; e non come generale. Era il granatiere del Trocadero e nulla più.

i suoi generali avevano più esperienza di lui. Una pace di trentaquattro anni non era stata propizia alla pratica delle armi20.

Giova riferire quanto il ministro della guerra, generale Franzini, disse publicamente inanzi alla camera dei deputati intorno a medesimo e ai comandanti dei due corpi dell'esercito, Bava e Sonnaz. "Io feci al re per iscritto la rimostranza, che tutta la nostra esperienza sul campo di battaglia, per quanto a me, non constava che di tre anni, come luogotenente d'artiglieria a cavallo delle armate francesi. Per quanto al comandante del primo corpo d'armata, non constava che di due o tre anni del grado di capitano, abbandonato avendo l'armata francese all'età d'anni 21. Quanto al comandante del secondo corpo d'armata, non constava che di due anni di servizio, come tenente nelli ussari d'onore. Sua Maestà, nella prima volta che mi vide, mi disse che l'Italia doveva far da ; e che non accettava la proposta d'un maresciallo francese, ch'io proponeva come valente a raddoppiare il valore della sua armata."

Nel lungo suo regno, il re aveva sempre trovato migliori quei generali che professavano opinioni più stantie, e che reprimessero con gesuitica oculatezza ogni libero pensiero nei loro officiali. Nelle città, la polizia era commessa ai comandanti militari, era principalissima loro occupazione, e sommo titolo di merito. E perciò l'esercito era piuttosto in governo di gendarmi che non uomini di guerra.

Laonde conoscendo l'imperizia di quei generali ch'erano fatti secondo l'animo suo, non poteva fidar loro la minima libertà di movimento. E nel medesimo tempo alli uomini d'altra fatta, alli uomini valenti e generosi, non voleva lasciar adito a farsi nome e raccogliere pericolosa popolarità. E così mentre la sua politica esterna incatenava il suo esercito sulle rive del Mincio, la sua politica interna gli toglieva anche in quell'angusto campo la mobilità e risolutezza che ne poteva aumentare le forze.

Il re, per timori di polizia, non aveva mai voluto mandare i giovani a far pratica nelle guerre altrui, per esempio, nell'assidua scola dell'Algeria, ch'era pure così vicina alla sua Sardegna. Tuttavia, poichè i generali provetti non avevano più esperienza dei giovani, avrebbe fatto meglio a preferire nel comando questi, ch'erano almeno in età d'imparare, o ben piuttosto, nell'età delli audaci pensieri e delle splendide inspirazioni. suoi generali, alle dubiezze dell'età matura si aggiungevano le dubiezze dell'imperizia; poichè, come dice Vico, chi non sa, sempre dubita. Laonde non si potevano sperare quelli ardimenti strategici che sconcertano il nemico, costringendolo a mutar subitamente l'ordine di marcia e di posizione e d'approvigionamento. E pertanto il decrepito nemico potè operare imperturbabilmente sui disegni che aveva visto eseguire in quelli stessi luoghi cinquant'anni addietro, e che i suoi officiali, da più di trent'anni, andavano studiando sul terreno, e preparando colle fortificazioni e le aque e le strade.

Un'intera generazione militare si era consunta in Piemonte nell'oziosa vita di presidio, e diremo pure, nell'ignoranza, nell'ipocrisia, nel gioco. Non era addottrinata, non esercitata alle grandi evoluzioni e alle mosse e cautele del campo. Dopo aver cicalato tre anni di cacciare i barbari, e inorientare la casa d'Austria, i generali del re vennero alla guerra senza carte. Quando lo dissi primieramente, nell'opuscolo che publicai a Parigi, vi fu chi mi protestò ch'era veramente incredibile. Ora su questo punto, come su molti altri, ho la confessione dei colpevoli. "Credetti, dice il general Bava, dover soffermarmi e serenare, per non esporre la colonna a trovarsi fra le tenebre in presenza d'un nemico padrone di posizioni a noi sconosciute; poichè lo stato maggiore generale non aveva potuto provederci di carte geografiche e topografiche del teatro della guerra; ed a noi era stato impossibile il procurarcene, attesa la precipitosa partenza pel Ticino"21.

Si sarebbe potuto perdonare alli officiali francesi che furono gettati nel 1830 sui lidi d'Algeria, se non avessero avuto le carte d'una terra sulla quale non si erano sognati di capitare. Ma nelli officiali piemontesi il non aver carte d'un regno finitimo, della parte più importante d'Italia, della terra classica delle guerre napoleoniche, è prova di un'indegna incuria e ignoranza dell'arte loro. Avendo sempre osservato con ansioso desiderio tutto quel poco bene che si faceva in Piemonte e nella rimanente Italia, io pur troppo m'era già bene accorto che l'esercito sardo difettava di stato maggiore. E lo aveva detto a molti amici, fin da quando m'era venuta alle mani quell'informe compilazione che con magnifiche apparenze aveva publicato, sulle Alpi militarmente considerate, il quartier mastro generale, conte Saluzzo, colli altri suoi officiali. Ma ebbi tuttavia a stupire dolorosamente e sdegnosamente, quando andato nelle botteghe con officiali piemontesi a raccogliere quelle carte che si potevano trovare, vidi che nella scelta non mostravano veruna pratica; non discernevano le carte compilate per triviale guadagno, purchè nuove, dalle squisite carte militari, se menomamente logore loro si esibivano. Il nostro Istituto topografico, che aveva fatto le grandi carte del Lombardo Veneto, dei Ducati e dell'Adriatico, e molti speciali lavori di topografia militare, era trasferito da qualche anno a Vienna, insieme col suo deposito; e perciò la vendita che vi si faceva, era sospesa; il mercante, in cui mano era poi passata, aveva abbandonato il suo negozio; e pare eziandío che lo Stato maggiore austriaco, conoscendo l'imprevidenza delli officiali del re, mettesse in quella vendita una certa gelosia. Avvenne poi che l'amico mio, il maggiore Angelo Tedesco di Trieste, ebbe a fare imprimere a proprie spese una piccola carta, per commento a certe dimande che diresse al ministro della guerra Sobrero intorno alla difesa della riviera di Salò. Perocchè, dalle risposte che il general piemontese gli faceva, ebbe ad avvedersi che scambiava quella posizione, lungo il lago di Garda, con quella del torrente Càffaro di sopra al lago d'Idro; dimodochè gli rispondeva sempre ch'era proveduto.

Codesti dannosi errori non si sarebbero commessi, se invece di far ministro della guerra il Sobrero e il Collegno, solo perchè nati piemontesi, quantunque generali di nome e dati essi pure ben ad altro che a vita militare, si fosse fatto continuare nelle sue fatiche il semplice nostro Comitato di guerra. Il quale, fin dal primo che la città fu aperta e si potè pensare alla campagna, si era dato cura di raccoglier carte. E ne fa prova una lettera, rimasa in mia mano, del consigliere Fermo Terzi, che, già fin dal susseguente giorno 24 marzo, rispondeva all'invito nostro; e ci accompagnava la nota di tutte le copie che ne' suoi officii si trovavano, sì delle carte provinciali d'1 a 115,200, sì delle grandi carte distrettuali d'1 a 32,000. L'orgoglio, compagno sempre all'ignoranza, fece poi che si rifiutasse il servigio di quei nostri officiali topografi, che nei primi giorni, un poco per zelo, e un poco per compassione, vollero accompagnare i generali del re; fra i quali era l'altro mio amico Antonio Litta Biumi, autore della carta delli Stati Pontificii. E non è a maravigliarsi che quei generali poi ci narrino d'aver cacciato li sventurati battaglioni "in angoli o quasi imbuti, sicchè non riesciva possibile di uscire dal labirinto, se non col mezzo d'una marcia retrograda di circa la metà d'un miglio. Quindi è che dopo inutili sforzi per ottenere che la brigata Guardie sormontasse quelli ostacoli, si credette miglior partito mantener la posizione"22. Il che significa, che il generale, privo di carte, mandò il fior delle truppe sotto la mitraglia in luogo ove non si poteva andare inanzi indietro ! E questo è il fatto di Santa Lucia; e la colpa era del ministro della guerra, Franzini; che aveva fatto l'ordine del giorno.

Tuttociò non tende a provare che il Piemonte non avesse valenti officiali; e volentieri m'inchino all'autore della carta e descrizione dell'isola di Sardegna. Ma tende a provare, che, per quella venefica influenza dell'anticamera, del confessionale e della polizia, la guerra regia cadeva necessariamente in mano ai più ignari.

 

Qual era lo stato maggiore, tale era l'intendenza dei viveri. Per la misteriosa convenzione del 26 marzo, il governo provisorio doveva fornirli; ma i commissarii del re dovevano amministrarli. E pare che nessuno ne dovesse render conto. Ne addivenne che ognuno di quei soldati ci costò il doppio del necessario. Eppure l'esercito patì la fame!

Si dimandò per ogni soldato 28 once di pane, 9 di carne, 9 di riso, mezz'oncia di lardo e di sale, mezzo bocale di vino. Il nostro tesoro ne pagò una quantità doppia; altra roba senza termine fu somministrata dalle città, dai communi, dai privati, sì per li ospitali che per li alloggiamenti. L'esercito non fece mai lontane marcie, dietro cui non potessero seguire i magazzini; si aggirò sempre a una giornata di marcia da quell'eterno Goito e quell'eterna Peschiera. Eppure patì la fame!

 

I trasporti sul campo di battaglia non erano affidati a un corpo regolare; ma bensì a carrettieri avventizii, non soggetti ad alcuna disciplina o regolare comando. Il generale stesso chiede: "come aver fiducia che quelli uomini, senza alcuno che li dirigesse, e non conoscendo che la loro volontà, avrebbero, specialmente di notte, eseguito li ordini che loro venivano dati"23.

Li effetti dovevano essere, nei fatti d'arme, gravissimi, decisivi, fatali. "Il ritardo nel ricevere i viveri impediva la partenza all'ora prescritta"24. "Il duca di Genova mi fece sapere non poter egli partire alle ore undici, sempre a motivo del ritardo dei viveri. Il nemico, per effetto di questi malaugurati ritardi, aveva avuto campo di farsi forte"25. "La strada era ingombra di carriaggi carichi di viveri per venire a incontrarci. Se i prìncipi fossero partiti almeno poco dopo l'ora prescritta, avremmo trovato l'esercito nemico in marcia e diviso"26. "I viveri furono sempre la pietra di scontro ( vuol dire, d'inciampo) in tutte le nostre imprese. Non già che i magazzini ne fossero sproveduti. Per rimediare a così fatto disordine, credo cosa indispensabile l'organizzazione regolare d'un corpo incaricato del trasporto delli effetti dei reggimenti e dei loro viveri."27.

E Dio lo voglia. Era ben necessario cacciare i barbari, come gridavano il conte Balbo, il marchese d'Azeglio e il general Durando; ma prima era necessario deporre le vanità, e imitare quelle istituzioni alle quali i barbari dovevano la strana potenza loro in mezzo a noi.

 

Dice il general Bava, che questo servizio dei viveri "era sconosciuto come li altri". Ebbene, fra codesti altri servigi sconosciuti pare vi fosse il sanitario: onde schifose infermità guastarono l'esercito, diradarono le file nei momenti supremi, contaminarono il paese. Si seppe già questo da una sguaiata circolare del generale Lechi (13 giugno), che invece di riparare il male insultava l'esercito.

E la colpa non era tanto dei medici, quanto dei generali, che tennero i soldati per più mesi a dormire sulla nuda terra e sotto il nudo cielo, senza che si spogliassero mai delle vestimenta; onde veniva quello squallore che faceva stupire i popoli28. Ma vi è di peggio. Sul campo vi erano solo otto chirurghi per una divisione di diecimila combattenti; e non avevano i più necessarii strumenti dell'arte, o li avevano a mala tempra; onde a Santa Lucia, per operare le amputazioni, ebbero a prenderli in prestito dalla brigata di Parma; e ciò per le avare riforme fatte sotto il ministro Villamarina, e per quel proposito gesuitesco di preparare li eserciti, non per la guerra e contro i nemici della patria, ma per la pace e contro i popoli. E l'animo freme a udire che quando dalle membra lacere sgorgava a rivi il sangue, non vi fossero fasce da stagnarlo; e si dovesse adoperarvi i fazzoletti delli officiali; e i carri delle ambulanze fossero sì pochi, ch'era forza posare i poveri feriti sui cassoni dell'artiglieria; e quei pochi fossero così male assestati, che le scosse davano spasimi e sangue29.

Pare che mancasse tutto il servizio d'esplorazione e d'avamposti, anzi ogni servizio di cavalleria leggera; al che sarebbero stati tanto opportuni li isolani di Sardegna. E in ciò pure sembra che si potesse andare a scola dal barbaro. Il gnerale si lagna d'avere inutilmente proposto "che venissero organizzati drappelli di cavalleria armati alla leggiera, senza lancia, forniti di scelti cavalli; officio dei quali esser dovesse quello di recarsi alla spicciolata, ed anche in corpo se occorresse, ad indagare dalla parte del nemico, sorprenderlo, disturbarlo, inquietarlo, e cacciar sovente l'allarme nelle sue file ed alle sue spalle, come usasi in ogni bene ordinato esercito, e come appunto operava il nostro avversario"30. Sembra però che il generale, nel disapprovar l'uso della lancia in codesta milizia, abbia dimenticato che nelli eserciti russi viene appunto assegnato a quell'arme.

Pare che si mancasse affatto d'un nuovo ramo d'artiglieria, quello delle racchette da campo, mentre il nemico ne aveva apposite batterie.

Pare che si mancasse pure nel servizio delli ingegneri. "Si riconobbe che la mancanza d'utensili aveva di molto ritardato i lavori"31. "Un grave difetto ebbesi a notare in tutto il corso della campagna nelle scuri dei zappatori d'ogni reggimento, le quali non erano che semplici oggetti di parata , inutili affatto nelle circostanze, difetto a cui non era possibile il poter provedere, mentre non esisteva quasi parco presso il corpo del genio"32.

Pare che si mancasse di polizia militare e di tribunali. "I più grandi delitti restavano senza immediata punizione, o perchè ne era serbato la cognizione ai Senati, o per lentezza colpevole nel giudicarli; cosicchè, pei frequenti movimenti delle truppe, dovendosi trascinar dietro i delinquenti, trovavano questi facilmente un mezzo alla fuga, e si vedevano poi ritornare"33.

L'esercito austriaco, a forze eguali, non potè mai tener fronte al francese; è d'un metallo più basso; ma pure è un esercito che ha tutte le membra necessarie. Avvezzo a fare di frequente la guerra, e a temerla perpetuamente, perchè mescolato sempre in tutte le violenze che si fanno ai popoli, conserva anche in pace l'attitudine ad ogni particolar servizio di guerra. Ma i soldati del re non solo avevano avuto un trentennio di pace, ma per il ventennio precedente erano stati fusi nell'esercito francese; insomma, da un mezzo secolo erano un complesso di reggimenti, ma non più un esercito con personalità propria e intera. Dopo la battaglia di Millesimo nel 1796, se si eccettua la passeggiata militare fatta in Francia nel 1815, quell'esercito non aveva più operato da in campo; mancava di molte membra, come i suoi capi confessano, e non si era previamente addestrato a movere insieme. Il re fu poi punito d'averlo lasciato snervare da influenze imbelli; onde non vi potevano essere quelli spiriti intellettivi e generosi, che danno improviso lampo in mezzo ai pericoli.

 

Pare infatti, che li officiali, nominati in gran parte per influenza di pace e d'anticamera, non avessero proporzionata istruzione. In Piemonte, per i tristi effetti dell'insegnamento gesuitico, il numero dei giovani capaci d'esser buoni officiali era molto più scarso che in Lombardia; i sottofficiali dovevano poi essere rarissimi, per la vergognosa mancanza di scole popolari. Eppure si era voluto estendere il loro servigio anche ai battaglioni lombardi. Non è dunque meraviglia che restassero "compagnie d'una forza sproporzionata, con quadri insufficienti34. A questi detti consuona ciò che il generale e ministro Da Bormida confessò publicamente al senato del regno nella seduta del 21 ottobre. Dopo una campagna di quattro mesi, egli diceva : "questi officiali sono in gran parte ancora poco istrutti; realmente abbiamo troppi uomini, relativamente ai nostri quadri".

Epperò, invece di contrariare il saggio desiderio che si chiamassero officiali e sottofficiali francesi e svizzeri nell'esercito lombardo, sarebbe stato meglio introdurli in larga copia anche nell'esercito piemontese, principalmente per i "servizii sconosciuti".

Pare che li officiali mancassero anche d'istinto, e per così dire, d'occhio militare. "Una batteria nemica, che si era spinta avanti, fu talmente battuta di fronte e di fianco dalla nostra artiglieria, che i pezzi vennero lasciati in abbandono per più d'un quarto d'ora. E certo sarebbero stati nostri, se li officiali superiori sapessero qualche volta operare da "35.

Se poi qualche officiale aveva più vivace intelletto, fra li ozii di quell'immobile campo. lo spendeva, a dire del ministro e generale Franzini, sindacando inutilmente i generali, "nei caffè di Valleggio e Somma Campagna, come avrebbe fatto nei caffè della Via di Po in Torino".

Pare inoltre che l'officialità d'anticamera, messa sul campo, desse biasimevoli esempi al soldato. "Nel combattimento di Santa Lucia, dice il generale, molti delli officiali superiori si fecero vedere a piedi , durante tutto il fatto; molti cessarono di far uso delli spallini . Si dice che li spallini espongono li officiali ad essere il bersaglio dei tiratori nemici36. Anzichè permettere che l'officiale si celi nella calca, seguitiamo l'esempio delli eserciti dell'Impero; esigiamo che all'approssimarsi del pericolo, ognuno faccia orgogliosa mostra della sua divisa da parata, senza timore di essere la mira delle palle nemiche, le quali spesso colgono, più che l'ardimento, il vigliacco"37.

Il generale ha qui posto il dito sulla piaga; ma non ha osato dire tutta la verità. E perciò rimane da dire al Piemonte e all'Italia, che per avere un esercito da campo e da vittoria, e non da parata e da fuga, non solo è necessario accomunare al merito tutti i gradi della milizia; ma è necessario negare l'adito nell'esercito a tutti i cortigiani nati, che non abbiano fornito prova di vero merito; perocchè, a merito pari, ed anche molto minore, riesciranno sempre a farsi preferire. I cortigiani devono essere accettati nell'esercito per eccezione! Questo divorzio dell'esercito e dell'anticamera, questa purificazione severa, è una condizione suprema, senza la quale quei soldati non potranno mai tornar capaci di stare in campo di fronte o di fianco ai soldati della republica francese. Bisogna persuadersi che guerra di corte non vale guerra di nazione.

 

Resta a vedere come fossero i soldati

"Generali, officiali e soldati, tutti erano nuovi al mestiere", dice il generale38. - "I soldati vedendo i loro superiori senza i distintivi prescritti dalla legge, credettero naturalmente poterli imitare; e cominciarono quindi a liberarsi dei loro sakò; poi delli spallini e delle cravatte; quindi di tutto quanto lor pareva essere d'impaccio. Posta così da banda la tenuta militare, non tardarono a farsi sordi anche alle leggi disciplinari"39. - "Mi venne fatto di notare che una squadra di bersaglieri aveva lasciati i suoi sacchi in linea sul terreno, per esser più leggera e disposta al combattimento. Trovai irregolare ed arrischiata codesta risoluzione, che poteva privare il soldato de' suoi effetti durante tutta la campagna"40.

Senonchè, a questa licenza si sarebbe potuto riparare col rigore; ma vi era al male un principio profondo, che non si poteva levare sul campo. I popoli liberi possono farsi tutti soldati; tali sono da cinque secoli li abitanti dell'antica Svizzera, perchè da cinque secoli trattano le armi per proprio sentimento e interesse, in patria e fuori, come loro conviene; e al momento del bisogno insorgono tutti spontaneamente, poichè nessuno sarebbe che li potesse forzare. I popoli servi possono venire arrolati tutti nella milizia, e aver la divisa militare e la militare obedienza; ma per i limiti insuperabili delle finanze, non possono rimanere in armi quanto tempo basti a divenire buona materia militare. Non possono acquistare la coerenza mecanica del soldato di mestiere; e non hanno l'ardenza del soldato cittadino. E' però a dirsi che quei soldati, appunto perchè non induriti alla milizia, hanno umanità coi popoli; e in ciò vuolsi onorare oltremodo l'esercito piemontese, in paragone all'austriaco, ove tanti furono impunemente rapaci, impunemente crudeli, incendiarii, uccisori di donne e di bambini. E anche la morta corruzione gesuitica, per la superbia di quella setta, non era discesa nella moltitudine dei poveri soldati; era un morbo e una lordura del capo, non di tutte le membra. Il Piemonte, fra l'immenso favore dei nostri popoli, sopratutto alpini, e contro un nemico già conquassato sui bastioni di Milano, avrebbe forse potuto con poche migliaia d'uomini robusti e squisitamente ammaestrati, e proveduti d'ogni servigio da campo, con officiali non d'anticamera da confessionale, e con un generale pugnace e indefesso, spazzar la campagna, affrontare le orde croate sull'Isonzo, chiudere le Alpi. I generali nemici riparati nelle fortezze, appena valevano a frenare l'interno fermento dei cittadini, e assicurare da subito impeto quei vasti recinti, ordinati solo per resistere al di fuori; non si poteva durare alla turbulenza dei soldati, e alle influenze d'un clima estranio. Ma dal Piemonte fu spinta sul Mincio, a sforzate marcie, una gente d'ogni statura e d'ogni configurazione, staccata appena dalli aratri e da' telai, male ammaestrata nelle armi, e arrugginita pei lunghi congedi provinciali. "Deboli soldati, li chiama il loro generale, e disusati alle armi." E perciò la prima sua cura, quando giunse sull'Ollio, non fu quella di conquidere il nemico già vinto e avvilito, e non lasciargli agio a depredare le provincie ed empir di roba le fortezze; ma "il momento di riposo fu messo a profitto per introdurre un di disciplina nelle truppe, e per esercitare i nuovi venuti al maneggio delle armi, di che avevano estremo bisogno"41. - Questi deboli e cattivi soldati ben potevano in buona parte ordinarsi in corpo di carrettieri, di scorte, e d'infermieri.

A chi udì parlare dei centotrentamila soldati del re, faranno stupore, se prima non le conoscevano, le dichiarazioni fatte al senato del regno dal ministro della guerra, generale Da Bormida, il 21 ottobre. "Non si fa un esercito di uomini ammogliati, di uomini che passano pochi mesi sotto le armi, e poi vanno alle case loro. Abbiamo cominciato la guerra e non avevamo ottomila uomini d'ordinanza. Come sanno tutti, si chiamano uomini d'ordinanza quelli che fanno otto anni di servizio; ebbene sanno loro, quante promozioni, quanti sottocaporali si sono fatti durante la guerra? Quasi settemila! Certamente la cosa sarebbe fin ridicola; parrebbe che tutti i soldati d'ordinanza siano divenuti caporali: però furono fatti caporali anche alcuni provinciali. Signori, questi provinciali non erano uomini istrutti. Dunque vogliamo dire che certamente abbiamo i bassi officiali poco istrutti e troppo uomini. Io sono convinto, che, invece di tanti uomini sotto le armi, varrebbe meglio che ne avessimo qualche migliaia di meno. Se avessimo alcuni uomini di meno sotto le armi, saremmo più forti. Questi uomini che abbiamo di troppo, sapete voi che uomini sono? sono uomini di 33 o 36 anni; sono padri di numerose famiglie, uomini che per alcune provincie sono non solo attempati, ma direi decrepiti. Ebbene io sostengo che se ci fosse permesso di mandare a casa loro una parte di questi uomini, il nostro esercito si rinforzerebbe. Dunque l'esercito di 130 mila uomini non è forte nemmeno come uno di 100 mila, come uno di 80 mila."

 

Al loro arrivo sull'Ollio, "il ponte era in parte disfatto; e alla custodia e difesa di esso vegliava la compagnia Griffini con alquanti volontarii dei contorni, essendochè, nel mattino di quello stesso giorno un forte distaccamento, composto delle tre armi, si fosse portato a cannoneggiarli in quella direzione". - Or bene, quali furono i primi esempii che la disciplina regia diede ai combattenti del popolo? Udiamolo dal generale. - "Ad un'ora mattutina, alcuni Tirolesi si avanzarono carponi e fecero una scarica sui cavalli e cavalieri... Il piccolo posto, sentendo il foco alle spalle, credette conveniente ritirarsi più che di passo. L'esempio fu imitato, attraverso ai campi, dalla guardia di fanteria; perlochè riescì facile ad una quarantina d'ulani di lanciarsi sui nostri cavalieri, non ancora riavuti dalla sorpresa, e farne nove prigionieri con otto cavalli"42. "Intanto una ricognizione s'incontrava in un distaccamento che era di ritorno; e non conoscendosi l'un l'altro, perocchè fitta era la notte, si scambiarono alcuni colpi di fucile; per cui un soldato fu morto, e alcuni altri toccarono ferite. Ho creduto dover chiamare l'attenzione su questo primo incontro; perchè ognuno possa giudicare quanto difficile incarico essere non dovesse quello di condurre truppe in cui era difetto così visibile dei primi elementi dell'arte di combattere. - Alcuni colpi di fucile mi si fecero sentire. Accorsi senza indugio; e vidi fuggire in colonna tutto intero un battaglione. Spintomi inanzi per ben conoscere la cagione di quei colpi, potei convincermi ch'erasi dato adosso ad alcuni mugnai di quel dintorno, i quali scambiati si erano in nemici! Questo piccolo allarme si propagò subito al di dell'Ollio; e tutto un reggimento di cavalleria, che tranquillamente ritornava, credendo d'essere attaccato in coda di colonna da numerosa cavalleria nemica, partì in carriera. Così venne a gettarsi lo spavento in tutte le popolazioni"43. "Le nostre truppe erano in continuo orgasmo; nella notte, più accessibile alle vane paure, pareva loro di vedere dovunque il nemico: i colpi di fucile si facevano sentire ad ogni momento. Questi sussulti, questi allarmi che furono assai frequenti durante il soggiorno del re, furono più o meno continuati per tutta la campagna"44.

Qual dolorosa differenza tra queste scene di paura notturna che circondavano "il soggiorno del re" e il bellicoso tripudio del nostro popolo, che perseguita sui bastioni lo sconfitto nemico! Qual differenza tra chi combatte per obedienza al cenno altrui, e chi combatte per passione sua propria, per vendetta delle ingiustizie sofferte, per genio di libertà? Il nemico, avvezzo a dileguarsi alla vista dei cappelli calabresi, senza dubbio provò un gran ristoro alla prima vista delli spallini d'argento. Le cose però non andarono sempre così. La pasta del soldato italiano è buona; e il nemico era veramente avvilito. Ma appena ebbe raccolto di che sfamarsi, ed ebbe soccorso da' suoi, e vide la dappocaggine che guidava la guerra italiana, egli tentò e ritentò finchè vinse. E alla prima sventura, i poveri provinciali non furono più soldati.

"L'esercito, dice il generale, composto com'era di soldati provinciali, trovavasi privo del gran movente che distingue il vero soldato dal contadino armato; il quale s'è capace d'uno slancio momentaneo, non lo è parimenti di sostenere le lunghe fatiche e i pericoli d'una ritirata. Un soldato così fatto, vuole vittoria, movimento; il minimo rovescio lo prostra, forza umana può impedire il disordine"45.

Dopo la prima rotta si spedirono invano officiali ai ponti sull'Ollio "per trattenere quelle bande indisciplinate. Fu impossibile il fermarle; imperocchè forzarono ogni ostacolo opposto alla loro marcia furiosa; e con inconcepibile velocità, corsero fino in Piemonte, spaventando con menzognere novelle li infelici abitanti46. Erasi pure manifestato un insolito scoraggiamento nei corpi più valorosi; i quali non si vergognarono di ritirarsi quasi senza combattere, davanti ad un nemico a loro inferiore e qualche volta immaginario.47 Dacchè si era in ritirata, in generale si aveva ripugnanza di rimanere all'estrema retroguardia, per cui coglievasi il più piccolo pretesto onde schernirsene. Erano divenuti così pusillanimi, temevano persino l'ombra del pericolo; più si reputavano in sicurtà, se non quando trovavansi riuniti in grandi masse. pag. 87. - Una trentina di vigliacchi si abbandonarono distesi al suolo, protestando di più non poter proseguire la marcia; preferirono di venir calpestati dai cavalli. Erano taluni rassegnati a soffrire ogni danno, fosse anche la morte, senza dolersi, senza far motto: purchè non si trattasse di combattere. Questa ostinazione era desolante; ma era nel tempo stesso una prova di più, come nei rovesci della guerra resti poco a sperare da un sistema militare, il quale non porge all'esercito che padri di famiglia"48.

 

Come potessero poi codesti soldati delle provincie aver odio a un nemico che non avevano mai visto, se non come amico e alleato del loro principe contro la Francia e contro l'Italia, come potessero avere il furore dell'indipendenza italica, non si vede. Il re, coll'opera dei ciambellani, dei gesuiti, dei fratelli ignorantini, delle dame del sacro core, li aveva tenuti in tenebre e in gelo. Ogni voce che sonasse di libertà e d'Italia, era stata per molti anni ferocemente strozzata in gola alla gioventù dai satelliti regii. E si doveva morire per quel vessillo tricolore, l'avere un lembo del quale, nascosto nel più secreto penetrale della casa, era pochi mesi addietro un delitto di morte? Se il re voleva giovarsi di quei colori per fare una conquista, doveva ben prima d'allora, aver simulato di pregiarli e onorarli!

 

Intanto che le nostre fortune, la vita e l'onore erano appoggiati a sì fragile canna, i settarii del re, invece di sollecitare notte e giorno il popolo ad armarsi, e avventarlo senza indugio contro il nemico, e chiudere le alpi, e mettere in disperata difesa città e campagne : fomentavano nei cittadini una mendace sicurtà; e giuravano loro anni gloriosi e sereni, purchè solo andassero a deporre nei muti registri il sacrificio della libertà. Chi non apprezza la libertà, si rassegni a vivere servo.

Uno scritto, che il governo millantò segnato da diecimila firme, diceva: "Officiali e soldati! Il vostro marziale entusiasmo, la vostra mirabile disciplina, il vostro eroismo e quello di chi vi guida nella vittoria, ci rallegrano e c'inorgogliscono! Poichè nostre sono le glorie, come nostre e vostre sono le speranze e le vittorie di tutti i figli d'Italia. - Noi ci studiamo di consolidare colla concordia, coll'unione, colle civili virtù l'opera dei vostri bracci gagliardi, delle vostre formidabili spade! - Sia lode immortale all'esercito d'Italia ed al suo gran capitano!"

E le povere donne, che furono anch'esse distorno e inciampo gravissimo a chi voleva davvero salvarle, sollecitate dai regii facendieri facevano eco a quelle insensate tumidezze; e scrivevano alle donne piemontesi, glorificando "quei guerrieri, di cui avevano ammirate le splendide assise, l'aspetto marzialmente severo, (le infelici non sapevano delli spallini messi in tasca a Santa Lucia), quelli animosi guerrieri, che avevano già sul Mincio gloriosamente affrontate le palle dell'Austriaco, a cui era assegnato il posto d'onore nella gran battaglia dell'indipendenza italiana".

E chi vedeva imminente, terribile, il pericolo della patria, chi sapeva la vanità di quelle adulazioni, e la debolezza di quella regia larva, era additato nemico della patria, e consigliato all'esilio, e minacciato di pugnale! - Nessun popolo si avventò mai più ciecamente e sordamente nel precipizio; nessun popolo fu mai sì voglioso della sua ruina.





11 [E. Bava, op. cit., p. 116]



12 [E. Bava, op. cit., p. 50]



13 [E. Bava, op. cit., p. 52]



14 Vedi il suo ragionamento ai soldati, del 26 aprile: "Giovani Lombardi, che nati sotto il giogo austriaco, avete in un baleno infrante le vostre catene, siccome il fulmine abbatte un'antica quercia! Voi che formaste l'ammirazione di tutta Europa, cacciando coi sassi dalle vostre mura il Goliatte austriaco ecc. ecc."



15 Li articoli che saranno a carico dell'individuo, sono i seguenti:

1.° Sarrò, pantaloni di tela russa e berretto; in tutto del costo non maggiore di correnti lire 35.

2.° La biancheria e la prima calzatura, rimanendo in seguito quest'ultima a carico dell'erario.

3.° Il fucile. Si avverte che all'atto della iscrizione ciascuno dovrà presentare la propria arma, perchè ne sia esaminata la qualità, che si vorrebbe possibilmente uniforme e militare; al che potrà essere proveduto anche con opportuni scambii, interessando a quest'uopo la gentilezza della guardia nazionale.

Circolare 6 maggio. Raccolta, Vol. I. 476



16Resta allora scoperta la Lombardia, e soggetta alle incursioni delli Austriaci. E se ci dividiamo in frazioni per proteggerla, ci facciamo deboli su tutti i punti”. [E. Bava, op. cit., p. 115].



17 E. Bava, op. cit., p. 119.



18Misi allora sotto li occhi del re lo stato vero dei nostri combattenti i quali non oltrepassavano i 45 mila, per avere l'esercito in quel momento molti feriti ed infermi... Gli feci notare che una marcia in avanti ... sarebbe stata cosa imprudente ... Più utile partito ... si era l'afforzarsi sulla linea della Molinella e del Mincio; e attendervi i soccorsi”. [E. Bava, op. cit., p. 51]



19 [E. Bava, op. cit., p. 28] “Obligava l'esercito a tenersi quasi inerte una considerevol porzione delle sue truppe a custodia dell'augusta sua persona; rendeva più esposta l'intendenza generale che gli veniva dietro e faceva immensamente ingombro il luogo pei molti carri d'equipaggi; era insomma una vera inopportunità”. [p. 20]

Feci a tutte le truppe le più vive istanze, perchè seguitassero la strada, e si mettessero sulle direzioni dal re ordinate; ma si volle aspettar la venuta del re medesimo, sperando potere essere passati in revista;... il re giunse verso le ore nove; e l'inconveniente preveduto non mancò d'accadere; perchè si dovettero gettare più di quattro ore nell'uscir fuori di quel luogo con tutte le artiglierìe”. [E. Bava, op. cit., p. 46].



20 “Questa dimenticanza di principii che fu cagione di tante disavventure, era cosa da doversi aspettare, dopo tanti anni di pace, e con un esercito composto di generali e soldati che non guerreggiarono, ed erano assolutamente nuovi in tutti i rami del servizio di campagna, non sapendo appostarsi, governarsi, difendersi“. [E. Bava, op. cit., p. 26].



21 [E. Bava, op. cit., p. 11]



22 [E. Bava, op. cit., p. 23]



23 [E. Bava, op. cit., p. 88]



24 [E. Bava, op. cit., p. 67]



25 [E. Bava, op. cit., p. 68]



26 [E. Bava, op. cit., p. 70,71]



27 [E. Bava, op. cit., p. 72]



28 « Dépuis trois mois ils n'ont pas quitté leurs vêtements, et ont toujours dormi sur la terre, n'ayant puor toit que la voute des cieux... Quelques personnes tournaient en dérision le délabrement de notre tenue : che brutti soldati; come son laceri » . ( Ferrero, p. 69, 105).



29 « La route était jonchée des mourants et des blessés, que l'on transportait sur des chariots, des caissons d'artillerie et des planches... Nos chirurgiens, dépourvus d'instruments nécessaires aux amputations, furent obligés d'avoir récours aux Parmesans... Au combat de Croce Bianca, j'ai vu un pauvre caporal qui avait le bras emporté par un boulet; le sang sortait à gros bouillons de sa blessure, sans qu'aucune personne de l'art fût pour lui administrer les soins que réclamait son état... Plusieurs officiers donnèerent leur mouchoirs pour en faire des compresses... Des blesseés m'ont dit, qu'ils avaient cruellement souffert dans les voitures de l'ambulance; en effet ces véhicules sont suspendus sur de si mauvais ressort, que les cahotements non seulement sont douloureux, mais provoquent souvent l'hémorrhagie». (Ferrero, p. 44, 46).



30 [E. Bava, op. cit., p. 49]



31 [E. Bava, op. cit., p. 53]



32 [E. Bava, op. cit., p. 54]



33 [E. Bava, op. cit., p. 78]



34 [E. Bava, op. cit., p. 101]



35 [E. Bava, op. cit., p. 36]



36 " Les Tyroliens visent spécialment sur les officiers; plusieurs ont quitté leur èpaulette , afin de ne pas servir de point de mire". ( Ferrero , p. 31).



37 [E. Bava, op. cit., p. 29,30]



38 [E. Bava, op. cit., p. 73]



39 [E. Bava, op. cit., p. 29]



40 [E. Bava, op. cit., p. 13]



41 [E. Bava, op. cit., p. 14]



42 [E. Bava, op. cit., p. 9]



43 [E. Bava, op. cit., p. 10]



44 [E. Bava, op. cit., p. 11]



45 [E. Bava, op. cit., p. 79]



46 [E. Bava, op. cit., p. 78]



47 [E. Bava, op. cit., p. 83]



48 [E. Bava, op. cit., p. 88]






Precedente - Successivo

Indice: Generale - Opera | Parole: Alfabetica - Frequenza - Rovesciate - Lunghezza - Statistiche | Aiuto | Biblioteca IntraText

Best viewed with any browser at 800x600 or 768x1024 on Tablet PC
IntraText® (V89) - Some rights reserved by EuloTech SRL - 1996-2007. Content in this page is licensed under a Creative Commons License