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Carlo Cattaneo
La China antica e moderna

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Codesto sanguinoso intreccio di tribú libere, di corsari che sfidano il cannone europeo, di profugi, di cospiratori, fra i quali uno spruzzo d’idee bibliche genera d’improviso una nuova religione, un esercito, un regno, non è indizio per certo d’una gente esausta e decrepita, ma d’anime appassionate e d’imaginazioni accese come fra le piú vigorose nazioni dell’Occidente. E come in Occidente, l’impotenza del popolo discende dalle regioni del potere; il quale, stringendo nella gelosa e incerta mano le forze e le ricchezze di cinquecento millioni d’uomini, non sa poi vincere o pacare sessantamila ribelli, né respingere alle loro navi ventimila stranieri.

Senonché quando in Europa le moltitudini rassegnate o incuranti aspettano ogni loro salute dai potenti, questa in loro è servile ignavia e corruttela e oblio dei diritti che le tradizioni additano e che le leggi piú assolute non rinnegano apertamente mai; poiché riconoscono instituzioni e magistrati i quali sono supposti rappresentare la volontà e il giudicio dei popoli. Ma nella China è credenza morale e religiosa che la volontà e la ragione dei popoli risiedono nel supremo imperante, e ne’ suoi ministri. Perciò le leggi e le dottrine chinesi parlano bensí altamente dei doveri; e tanto a principi e magistrati quanto al piú povero cittadino; ma non parlano mai di diritti. La legge chinese confida unicamente nella ragione del giudice; e non accetta difensori.

Ciò fa parte d’un ampio sistema sociale e scientifico il quale ebbe la potenza d’assimilare e immedesimare tutte le idee che la ragione dei popoli nel corso di cinquemila anni venne trovando e deducendo: e di dominare tutte le sétte indigene, anche armate e ribelli, e quante filosofie e teologie e teocrazie penetrarono colà dal Tibeto, dall’India, dalla Persia, dall’Arabia, dalla Palestina, dall’Europa: ed eziandio d’imporsi ai conquistatori, che sottomisero piú volte la terra di quel popolo, ma non la sua legge e la sua mente.

 




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