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Benvenuto Cellini
Vita

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  • LIBRO PRIMO
    • -63-
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-63-

 

 Quel Tubbia orefice sopra ditto attendeva a finire quella guarnitura e ornamento a quel corno di liocorno; e di più il Papa gli aveva detto che cominciassi il calice in su quel modo che gli aveva veduto il mio. E cominciatosi a farsi mostrare dal ditto Tubbia quel che lui faceva, trovatosi mal sodisfatto, assai si doleva di aver rotto con esso meco, e biasimava l'opere di colui, e chi gnene aveva messe inanzi; e parecchi volte mi venne a parlare Baccino della Croce da parte del Papa, che io dovessi fare quel reliquiere. Al quale io dicevo, che io pregavo Sua Santità, che mi lasciassi riposare della grande infirmità che io avevo aùto, della quale io non ero ancor ben sicuro; ma che io mostrerrei a Sua Santità, di quelle ore ch'io potevo operare, che tutte le spenderei in servizio suo. Io m'ero messo a ritrarlo, e gli facevo una medaglia segretamente; e quelle stampe di acciaio per istampar detta medaglia, me le facevo in casa; e alla mia bottega tenevo un compagno, che era stato mio garzone, il qual si domandava Felice. In questo tempo, sì come fanno i giovani, m'ero innamorato d'una fanciulletta siciliana, la quale era bellissima; e perché ancor lei dimostrava volermi gran bene, la madre sua accortasi di tal cosa, sospettando di quello che gli poteva intervenire (questo si era che io avevo ordinato per un anno fuggirmi con detta fanciulla a Firenze, segretissimamente dalla madre), accortasi lei di tal cosa, una notte segretamente si partì di Roma e andossene alla volta di Napoli; e dette nome d'esser ita da Civitavecchia, e andò da Ostia. Io l'andai drieto a Civitavecchia, e feci pazzie inistimabile per ritrovarla. Sarebbon troppo lunghe a dir tal cose per l'apunto: basta che io stetti in procinto o d'impazzare o di morire. In capo di dua mesi lei mi scrisse che si trovava in Sicilia molto mal contenta. In questo tempo io avevo atteso a tutti i piaceri che immaginar si possa, e avevo preso altro amore, solo per istigner quello.

 




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