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Benvenuto Cellini
Vita

IntraText CT - Lettura del testo

  • LIBRO PRIMO
    • -78-
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-78-

 

 Così portando l'arme, andammo a visitare Iacopo del Sansovino scultore, il quale aveva mandato per il Tribolo; e a me fece gran carezze, e vuolseci dar desinare, e seco restammo. Parlando col Tribolo, gli disse che non se ne voleva servire per allora, e che tornassi un'altra volta. A queste parole io mi cacciai a ridere, e piacevolmente dissi al Sansovino: - Gli è troppo discosto la casa vostra dalla sua, avendo a tornare un'altra volta -. Il povero Tribolo sbigottito disse: - Io ho qui la lettera, che voi mi avete scritta, che io venga -. A questo disse il Sansovino, che i sua pari, uomini da bene e virtuosi, potevan fare quello e maggior cosa. Il Tribolo si ristrinse nelle spalle e disse - Pazienzia - parecchi volte. A questo, non guardando al desinare abundante che mi aveva dato il Sansovino, presi la parte del mio compagno Tribolo, che aveva ragione. E perché a quella mensa il Sansovino non aveva mai restato di cicalare delle sue gran pruove, dicendo mal di Michelagnolo e di tutti quelli che facevano tal arte, solo lodando se istesso a maraviglia; questa cosa mi era venuta tanto a noia, che io non avevo mangiato boccon che mi fussi piaciuto, e solo dissi queste dua parole: - O messer Iacopo, li uomini da bene fanno le cose da uomini da bene, e quelli virtuosi, che fanno le belle opere e buone, si cognoscono molto meglio quando sono lodati da altri, che a lodarsi così sicuramente da per loro medesimi -. A queste parole e lui e noi ci levammo da tavola bofonchiando. Quel giorno medesimo, trovandomi per Venezia presso al Rialto, mi scontrai in Piero Benintendi, il quale era con parecchi; e avedutomi che loro cercavano di farmi dispiacere, mi ritirai inn'una bottega d'uno speziale, tanto che io lasciai passare quella furia. Dipoi io intesi che quel giovane de' Magalotti, a chi io avevo usato cortesia, molto gli aveva sgridati; e così si passò.

 




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