-19-
Essendo a Siena, aspettai il procaccia di
Roma, e con esso mi accompagnai. Quando fummo passati la Paglia scontrammo il
corriere che portava le nuove del papa nuovo, che fu papa Clemente. Giunto a Roma
mi missi a lavorare in bottega di maestro Santi orefice: se bene il detto era
morto, teneva la bottega un suo figliuolo. Questo non lavorava, ma faceva fare
le faccende di bottega tutte a uno giovane che si domandava Luca Agnolo da
Iesi. Questo era contadino, e da piccol fanciulletto era venuto a lavorare con
maestro Santi. Era piccolo di statura, ma ben proporzionato. Questo giovane
lavorava meglio che uomo che io vedessi mai insino a quel tempo, con
grandissima facilità e con molto disegno: lavorava solamente di grosseria, cioè
vasi bellissimi, e bacini, e cose tali. Mettendomi io a lavorar in tal bottega
presi a fare certi candellieri per il vescovo Salamanca spagnuolo. Questi tali
candellieri furno riccamente lavorati, per quanto si appartiene a tal opera. Un
descepol di Raffaello da Urbino, chiamato Gianfrancesco, per sopranome il
Fattore, era pittore molto valente; e perché egli era amico del detto vescovo,
me gli misse molto in grazia, a tale che io ebbi moltissime opere da questo
vescovo, e guadagnavo molto bene. In questo tempo io andavo quando a disegnare
in Capella di Michelagnolo, e quando alla casa di Agostino Chigi sanese, nella
qual casa era molte opere bellissime di pittura di mano dello eccellentissimo
Raffaello da Urbino; e questo si era il giorno della festa, perché in detta
casa abitava misser Gismondo Chigi, fratello del detto misser Agostino. Avevano
molta boria quando vedevano delli giovani miei pari che andavano a 'mparare
drento alle case loro. La moglie del detto misser Gismondo, vedutomi sovente in
questa sua casa - questa donna era gentile al possibile e oltramodo bella -
accostandosi un giorno a me, guardando li mia disegni, mi domandò se io ero
scultore o pittore: alla cui donna io dissi, che ero orefice. Disse lei, che
troppo ben disegnavo per orefice; e fattosi portare da una sua cameriera un
giglio di bellissimi diamanti legati in oro, mostrandomegli, volse che io gli
stimassi. Io gli stimai ottocento scudi. Allora lei disse che benissimo gli
avevo stimati. A presso mi domandò se mi bastava l'animo di legargli bene: io
dissi che molto volentieri, e alla presenza di lei ne feci un pochetto di
disegno; e tanto meglio lo feci, quanto io pigliavo piacere di trattenermi con
questa tale bellissima e piacevolissima gentildonna. Finito il disegno,
sopragiunse un'altra bellissima gentildonna romana, la quale era di sopra, e
scesa a basso dimandò la detta madonna Porzia quel che lei quivi faceva: la
quale sorridendo disse: - Io mi piglio piacere il vedere disegnare questo
giovane da bene, il quale è buono e bello -. Io, venuto in un poco di baldanza,
pur mescolato un poco di onesta vergogna, divenni rosso e dissi: - Quale io mi
sia, sempre, madonna, io sarò paratissimo a servirvi -. La gentildonna, anche
lei arrossita alquanto, disse: - Ben sai che io voglio che tu mi serva - e
pòrtomi il giglio, disse che io me ne lo portassi; e di più mi diede venti
scudi d'oro, che l'aveva nella tasca, e disse: - Legamelo in questo modo che
disegnato me l'hai, e salvami questo oro vechio in che legato egli è ora -. La
gentildonna romana allora disse: - Se io fussi in quel giovane, volentieri io
m'andrei con Dio -. Madonna Porzia agiunse che le virtù rare volte stanno con i
vizii e che, se tal cosa io facessi, forte ingannerei quel bello aspetto che io
dimostravo di uomo da bene - e voltasi, preso per mano la gentildonna romana,
con piacevolissimo riso mi disse: - A Dio, Benvenuto -. Soprastetti alquanto
intorno al mio disegno che facevo, ritraendo certa figura di Iove di man di
Raffaello da Urbino detto. Finita che l'ebbi, partitomi, mi messi a fare un
picolo modellino di cera, mostrando per esso come doveva da poi tornar fatta
l'opera; e portatolo a vedere a madonna Porzia detta, essendo alla presenza
quella gentildonna romana, che prima dissi, l'una e l'altra grandemente
satisfatte delle fatiche mie, mi feceno tanto favore, che mosso da qualche poco
di baldanza, io promissi loro, che l'opera sarebbe meglio ancora la metà che il
modello. Così messi mano, e in dodici giorni fini' il detto gioiello in forma di
giglio, come ho detto di sopra, adorno con mascherini, puttini, animali e
benissimo smaltato; in modo che li diamanti, di che era il giglio, erono
migliorati più della metà.
|