Indice | Parole: Alfabetica - Frequenza - Rovesciate - Lunghezza - Statistiche | Aiuto | Biblioteca IntraText |
Benvenuto Cellini Vita IntraText CT - Lettura del testo |
|
|
-92-
Or come piacque al mio glorioso Signore e immortale Iddio, io la fini' del tutto, e un giovedì mattina io la scopersi tutta. Subito, che e' nonnera ancora chiaro il giorno, vi si ragunò tanta infinita quantità di popoli, che e' saria impossibile il dirlo, ettutti a una voce facevano a gara a chi meglio ne diceva. Il Duca stava a una finestra bassa del Palazzo, la quale si è sopra la porta, e così, dentro alla finestra mezzo ascoso, sentiva tutto quello che di detta opera si diceva: e dappoi che gli ebbe sentito parecchi ore, ei si levò con tanta baldanza e tanto contento che voltosi al suo messer Sforza gli disse così: - Sforza, va, e truova Benvenuto e digli da mia parte che e' m'ha contento molto più di quello che io mi aspettavo, e digli che io contenterò lui di modo, che io lo farò maravigliare; sì che digli che stia di buona voglia -. Così il detto messer Sforza mi fece la gloriosa imbasciata, la quale mi confortò, e quel giorno per questa buona nuova, e perché i popoli mi mostravano con il dito a questo e a quello, come cosa maravigliosa e nuova. Infra gli altri e' furno dua gentili uomini, i quali erano mandati dal Vecierè di Sicilia al nostro Duca per lor faccende. Ora questi dua piacevoli uomini mi affrontorno in piazza, ché io fui mostro loro così passando; di modo che con furia e' mi raggiunsono, e subito, colle lor berrette in mano, e' mi feciono una la più cirimoniosa orazione, la quale saria stata troppa a un papa: io pure, quanto potevo, mi umiliavo; ma e' mi soprafacevano tanto, che io mi cominciai arraccomandare loro, che di grazia d'accordo ei s'uscissi di piazza, perché i popoli si fermavano a guardar me più fiso, che e' non facevano al mio Perseo. E infra queste cirimonie eglino furno tanto arditi, che e' mi richiesono all'andare in Sicilia, e che mi farebbono un tal patto, che io mi contenterei; e mi dissono come frate Giovanagnolo de' Servi aveva fatto loro una fontana piena e addorna di molte figure, ma che le non erano di quella eccellenzia ch'ei vedevano in Perseo, e che e' l'avevano fatto ricco. Io non gli lasciai finir dire tutto quel che eglino arebbono voluto dite, che io dissi loro:- Molto mi maraviglio di voi, che voi mi ricerchiate che io lasci un tanto Signore, amatore delle virtute più che altro principe che mai nascessi, e di più trovandomi nella patria mia, scuola di tutte le maggior virtute. Oh! se io avessi appetito al gran guadagno, io mi potevo restare in Francia al servizio di quel gran re Francesco, il quale mi dava mille scudi d'oro per il mio piatto, e di più mi pagava le fatture di tutte le mie opere, di sorte che ogni anno io mi avevo avanzato più di quattro mila scudi d'oro l'anno; e avevo lasciato in Parigi le mie fatiche di quattro anni passati -. Con queste e altre parole io tagliai le cerimonie, e gli ringraziai delle gran lode che eglino mi avevano date, le quale si erano i maggiori premii che si potessi dare a chi si affaticava virtuosamente; e che eglino m'avevano tanto fatto crescere la volontà del far bene, che io speravo in brevi anni avvenire di mostrare un'altra opera, la quale io speravo di piacere all'ammirabile Scuola fiorentina molto più di quella. Li dua gentili uomini arebbono voluto rappiccare il filo alle cerimonie; dove io con una sberrettata con gran reverenza dissi loro addio.
|
Indice | Parole: Alfabetica - Frequenza - Rovesciate - Lunghezza - Statistiche | Aiuto | Biblioteca IntraText |
Best viewed with any browser at 800x600 or 768x1024 on Tablet PC IntraText® (V89) - Some rights reserved by EuloTech SRL - 1996-2007. Content in this page is licensed under a Creative Commons License |