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Giovanni Cena
In umbra

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  • SOGNI
    • 3 - Gli occhi
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3 - Gli occhi

 

OCCHI di lei che mi riapparite

poi che tacque dei sensi la tempesta!

Perché soltanto quella imagin resta

viva nelle fattezze impallidite?

 

Occhi tristi e pur dolci, penetranti

e pure impenetrabili, perversi

in sembianti di bimba ignari e tersi,

or mi splendete quali diamanti.

 

E tu, donna, ritorni anco signora

nella mia fuga, se, per la notturna

ombra, l'anima mia con diuturna

ansia guarda i tuoi occhi ancora, ancora.

 

Più grandi sono, ammalianti, oscuri

entro una faccia vaga e molto stanca

che sorge come una figura bianca

evocata da magici scongiuri;

 

e nella notte mettono un bagliore

che tinge l'ombra di fosforescenze.

Io sento a l'imo tutte le potenze

dell'essere tremar vinte d'amore,

 

e dell'antico incendïo faville

sorgere da le ceneri già gravi...

Oh chiudetevi, palpebre soavi,

oh vanìte, tristissime pupille!

 

Dilèguati, parvenza, e teco porta

le visioni ov'io m'agito e snervo,

e a questo vano cuor che ti fu servo

lungi per sempre sii, per sempre morta!

 

 




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