SOSPIRI ancora
verso quelle nevi
sacre? Contendi a'
liberi orizzonti?
Lungi le aurore
sono ed i tramonti…
Or quest'uman
dolore, anima, bevi.
Questo dolore
assorbi e questo senso
oscuro d'una ignota
Ombra vivente,
questo profumo di
carne morente
ch'erra nell'aria
come un acre incenso.
Anche dilaga il sol
da le vetrate
nel tempio del
dolore. Sole! Sole!
Quante d'amor ti
mormoran parole
quest'anime di te
non saziate!
Parole rotte da
risa e singulti
tumide di follia,
che celan cose
puerili, profonde e
spaventose;
lumi gettati sovra
abissi occulti.
Cavi occhi spenti,
o vivi ancor di luce
ultima! Bocche
immobili o tremanti!
Scarne mani che a
gesti supplicanti
un istinto
superstite conduce!
Splendono i letti
quali candide are
ove consuman
sacrifici lenti
ascoltano le
vittime scienti
una micidiale arma
fischiare.
Gemono alcuni, come
bimbi in culla,
gemiti fiochi,
lunghi come canti
lontani, e gli
occhi lor non hanno pianti.
La nenia monotona
li culla.
Guardano in cieli
gemmei pallenti
gli ultimi voli far
lunghi ricami
e dondolar gracili
al vento rami,
irrugginirsi,
diradarsi lenti.
Alcuno cui la vita
amara porse
troppe angosce, la
fine ultima invoca,
ma la vecchia
speranza che s'affioca
susurra ancor,
dolce e tenace: «Forse!… »
Vigilano altri: su
la cute un gelo
striscia: qualcosa
rompe dentro d'essi:
odono schianti e
crepiti sommessi,
sentono immoti il
rapido sfacelo.
Sentono Alcuno pur
nella diurna
luce, tetro, che a
l'anime sovrasta
e le assorbe
nell'ala umida e vasta
che le trarrà
nell'ombra taciturna.
(Io seguivo ne'
cieli di cristallo
le fluttuanti
fragili chimere:
lungo i vetri
passavan forme nere
e scivolavan tra 'l
fogliame giallo,
quando l'ugna
sentii dell'avvoltoio
premere nel costato
e penetrare,
e mi pareva il mio
respiro stare…
onde gridai con
voce roca: «Muoio!… »)
Convalescenti
languidi con occhi
vagabondi
implorando il sole, il sole,
mutano rare timide
parole
vacillando su i
trepidi ginocchi.
Ascoltano i rumori
onde s'ingombra
l'orecchio,
mormorii di frondi e d'acque,
i suoni della vita
che rinacque
risospinta dal
limite dell'ombra;
tentando i primi
passi, con leggera
inquietudin, fino
oltre le soglie;
e mentre aride
rotean le foglie
odono in sé brusir
la primavera.
O voci più che
musica soavi,
leni feminee dita
su febbrili
fronti! Le suore
van, cogl'infantili
visi a la morte
sorridendo gravi.
O fiori chiusi in
orti di dolore,
cui traggono
morenti occhi seguaci,
non vi darebber mai
gli umani baci
una sì pia felicità
d'amore!
(Si schiuse il fior
d'amore umile e solo,
il fior che non
t'offersi e non hai colto,
quando vidi
apparire il tuo bel volto,
gigli e rose nel
candido soggolo,
suor Luciana; e
forse t'avvedesti:
e come augel sotto
amorose dita
forse tremò l'anima
tua smarrita,
quando n'andavi
china gli occhi onesti!)
Ma quei che giace
ed agonizza dietro
il paravento!
Livida figura
irta, cava;
socchiusa bocca oscura,
arida; occhi
immobili di vetro.
Esce una man di
scheletro che afferra
la coltre: il petto
ondeggia sibilando.
Intorno a lo
spettacolo nefando
Alcuno tetro ed
invisibil erra…
Muore. La faccia si
compone bianca
e sui lini la man
si fa di cera.
Passò la morte.
Cade la bufera
rapida. Torna la
gran calma stanca.
Intanto scruta e
palpa e si travaglia
la Scienza che
passa curiosa.
Ahi se nell'agonia
che non ha posa
chiusa è la gola
come da tanaglia
e l'aria densa il
petto inerte cerchia,
quegli occhi, che
dilata un sovrumano
terrore, verso lei
pregano invano,
come anneganti cui
l'onda soverchia.
Non èvvi in petto
d'uom fiato che inali
entro dei petti
esanimi la vita:
la scienza degli
uomini smarrita
disperando si perde
in mezzo a' mali.
Oh Colui che
sentiam dietro le ignude
apparenze,
inflessibile e possente!
Colui che sta
silenziosamente
dentro l'immensità
che a noi si chiude!
Perché la nostra
cieca mente indaga
l'ambigua Forma che
ne l'aer oscilla?
Oh chiudiamo la
debole pupilla
al mister che ci
asseta e non ci appaga!
Invano l'uom si
sfascia sotto i vasti
cieli, implorando
Lui muto e lontano!
Cristo morente,
come un giorno, invano
esclama: «Padre,
ché m'abbandonasti?»
Ecco, in alto Gesù,
china la bionda
testa nel sole,
sanguinoso pende.
L'innocente la
morte ancora attende
e non è sazia
l'anima profonda.
Ecco 'l Figliuol
dell'uomo; egli è 'l dolore
che in sé raduna
tutta l'infinita
agonia dei viventi:
egli è la Vita
che a morir nata
eternamente muore.
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