I
IO sono stanco,
instabile, inquieto,
il capo grave,
ardenti le palpebre
come per mal che in
me covi segreto;
e il sangue pulsa
turgido per l'ebre
vene e gli occhi
m'intorbida e la mente.
Questo è dunque
l'amore? Questa febre,
quest'acuta follia
che m'ha repente
sconvolto, le natie
virtù disfatte,
scagliato come
arbusto in un torrente?
Si levano le mie
mani contratte,
tutto il mio corpo
invaso da tremori
in preda a la
vertigine s'abbatte,
quand'ella appare,
fosca nei pallori
delle sue membra,
accesa come lampa.
Allor salgono tutti
i miei furori,
ed una smania di
conquista avvampa
in me: su la sua
bocca umida esangue
baci feroci la mia
bocca stampa.
Indi in quel corpo
che sùbito langue
la mia collera
insana incrudelisce
come per un delirio
di sangue.
Ondulano dinanzi
agli occhi strisce
rosse. Ella giace e
nel suo corpo attorto
corrono freddi
scivolii di bisce.
E tutto l'esser suo
vedendo morto
a sé, vivente solo
al mio volere,
tutto da le mie
brame ingorde assorto,
e lento consumar
come un braciere
quel muto corpo
ond'è l'anima lunge,
il disgusto m'assal
del mio potere.
Quest'è la donna?
Ed un rancor mi punge
contro lei, contro
questa illusione
insensata che corpo
a corpo giunge,
ch'esseri l'uno a
l'altro estranei pone
in abbracci di
morte e un tal furore
crea di possesso e
di distruzione…
Non tal sognavi,
anima mia, l'Amore!
II
O Sogno della mia
vita! La Donna
prima apparita a me
fanciul novenne
incoronata il dì
della Madonna,
quando una mano
trepido mi tenne
che non era
materna, pur mi pose
nel cuore un
desiderio perenne.
Oh quante indi
fantasime compose
il mio pensiero e
quante bianche dita
il mio guancial
fiorirono di rose!
Ma nella bionda
vergine stupita
ai suoni uscenti di
sue mani sante,
dipinta nella sua
nicchia romita;
nella suora a la
sua grata pregante,
chiusa tra' lini
come in un bocciuolo,
negli occhi
intravveduta un solo istante;
nelle figure che in
fiorente stuolo
tornano agli occhi
sul passato fissi,
il mio sogno, il
mio sogno era uno solo!
Una la donna che
adorando vissi
quando parlai
d'amor, quando ascoltai,
quando ostinato
sofferii, né dissi.
Ella da l'ombre
emergerà giammai?
Poi che non sei già
tu fosca bambina,
che a me stesso per
poco tolto m'hai.
Ella è colei che
l'uom fece regina
della natura,
eletta forma bella
cui la Forza ed il
Genio s'inchina.
Di sé, del mondo
ignara e pur sorella
dell'infinito, a
lei levato è un lembo
del mistero e
l'ignoto in lei favella.
Misericorde sì
ch'io nel suo grembo
pieghi la fronte
fatta oscura e triste,
come un dì bimbo
quando urlava il nembo.
L'amor di lei fu
sopra le conquiste
più terribili:
accanto a la vittoria
erano Vita e Morte
insiem commiste.
O visioni dolci a
la memoria,
quando l'amor
desiderabil era
per me più che i
fantasmi della Gloria.
Amore! Amore! Esser
la primavera,
il cielo, il mare,
l'infinito e Dio!
Sentir gonfiarmi
come la riviera,
come la terra nello
sfavillio
argenteo del
meriggio! E come il sole,
tese le braccia a
tutto quel ch'è mio,
allegrare, guarire,
indir parole
creatrici; far
lieti i prati, biondi
tutti i campi,
fiorir tutte le aiuole!
Di due congiunti
spiriti profondi
che forse
d'un'impronta egual sigilla
un altro amore in
più remoti mondi,
compenetrar la
duplice scintilla
in una fiamma
luminosa e pura
imprigionata nella
stessa argilla,
onde sorga la nova
creatura
piena, vasta,
molteplice, infinita,
cui segnino il
destino e la natura
a reggere il
dominio della vita!
III
AHI! Da quel dì che
prima al tuo cospetto
tremai di tenerezza
e di terrore,
inutilmente in me
guardo ed aspetto,
s'io senta un
tratto rifluir dal cuore
le silenti certezze
imperiose.
Quello ch'io sento
è quel che nasce e muore.
L'anima mia che ha
sete delle cose
eterne, lungi da
l'impure brame,
nel suo mistico
sogno si nascose.
La carne sola in
questo brulicame
di desiderî,
trionfando estolle
il grido della
insaziabil fame.
La passione che
sgorgava in polle
limpide, or tutta
nel suo letto affonda
ingoiata dal fango,
e rugge e bolle.
O abondanza di
purissim'onda
che m'irrorò la
prima giovinezza
or fatta un
acquitrino in breve sponda!
Io gemo e ardo
nella gran tristezza
del cielo, e
giaccio su la terra dove
la salda fede mia
s'abbatte e spezza…
Io fuggirò come il
destin mi move
verso il mio sogno
che nelle segrete
lontananze mi
chiama per vie nuove.
Altre nel corso mi
trarranno liete
promettitrici
illusioni agli occhi
ed altre soste
appariranno mete.
Ad altre larve
piegherò i ginocchi
insanguinati, e
vacue lontano
tosto dilegueran
com'io le tocchi,
non senz'avere ad
una ad una invano
gocciato in me
veleno, ad una ad una
strappato al varco
del mio cuore un brano,
fin che più grande
pel dolor che aduna
cadendo su la meta
faticosa
l'anima a piè
s'inchini di quell'Una
che Amore e Morte
m'hanno eletta sposa.
|