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Giovanni Cena In umbra IntraText CT - Lettura del testo |
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4 - Sul colle (Ad A. M. Pastore)ALTRE volte gustai la tenerezza di queste delicate ombre azzurrine onde aprile i mattini acri marezza,
quando han levato l'ultime pruine da le vie biancicanti e dai cortili i lor tessuti gracili di trine.
Giungeva l'aria piena di sottili sapori: da le gemme e dai virgulti rompevano gli spiriti infantili,
ondulavano i desiderî occulti della terra. O miei sogni! O tenerella anima mia d'un tempo, odi ed esulti?
Io mi rivedo. Il grillo da la zolla mi chiama: su le mie dita di rosa guardo rossa salir la coccinella.
E chiudo gli occhi: l'anima ritrosa sogna d'un mar formicolante d'oro: è la palude gialla e fragorosa,
da cui grand'ali fuggono in sonoro ondeggiamento. L'anatre pei greti seguo e nel rivo mi tuffo con loro.
Ahi! Ma dal dì che a l'ombra dei pometi vidi su rosse labbra umidi risi in giovini occhi balenii segreti,
io tenni gli occhi lungamente fisi, dove non so: sovente trasalii senza causa, sovente piansi e risi.
E solingo cercai lungo i pendii le chiuse ombre. Fuggevoli parole inviti e suoni conturbanti udii.
E ne' lucidi spazzi le viole guardavano e ridean le margherite. Oh belli occhi feminei nel sole!
Così nata vedeste ombre romite come un roseo vapor la mia chimera... O fiori morti del mio cuor, dormite!
*****
Sole, tu sai l'anima mia com'era limpida e come su più bel giardino non scese mai più bella primavera!
Or quel che risplendette cristallino s'intorbidò. La fiamma, che alta sorse verso il cielo nel fulgido mattino,
si ritrasse e le carni aride morse. Il mio cuor fumigante di tizzoni al par d'un ceppo verde si contorse.
Crepitano aspre le ribellioni: bruciano nella tenebra i rancori: m'empiono il petto ceneri e carboni.
Or qui sul colle cinto al piè di fiori, su cui piegano mani giovanili, arso al sommo e combusto, o miei furori,
o mie collere, contro i cieli ostili sprigionatevi, e tu orgoglio enorme, esci e batti le grandi ali febbrili!
Fuga le voglie mie che vanno a tòrme su la città! Come una peccatrice ecco, nel sol meridiano dorme.
Languida giace la fascinatrice a' piè de' colli azzurri e senza moto denuda al sol la sua carne felice.
S'annoda il fiume qual serpe devoto i piè lambendo, e invano vigile alza l'Alpe le braccia verso il cielo immoto.
Questa marea di fuoco che m'incalza m'ha sì l'anima tutta inacerbita, che il sangue mio con folle impeto balza.
Quel che attesi, e non fu l'anima ardita di chiedere a la vita, ed era mio: quel che non volli chiedere a la vita:
quel che desiderai, ed altri, od io stesso tenacemente in me repulsi; quel che sprezzai, quel che accettai restio,
o rimpianti, o speranze, o ciechi impulsi! o germi brancicanti nel terreno ch'io già credevo da forti unghie avulsi!
ecco, sbucano, rompono nel pieno sole meridiano: e dentro e fuori mi circondo e m'imbevo di veleno.
Cortigiana infingarda, che i tesori delle membra con vecchia sapienza cingi di veli come di vapori,
cui traggon giovinette anime senza macchia, e ciascuna sul tuo seno getta come un fiore la cruda adolescenza,
ancor mi chiami, ancora, o maledetta? Il tuo cuor come un mare insaziato vivi travolge in sé, morti rigetta.
Al tuo cospetto tutto il pianto è nato in me: lo spettro delle vite spente mi sta com'ombra immobilmente a lato...
Oh goder questa bella età fuggente! tutto ottenere e tutto darmi! Bere ad ogni coppa insaziabilmente!
Oh naufragar nei flutti del piacere, oh vino, oh rose, oh sangue! E degli sparsi petali al suol compormi un origliere
per morire...! Ahimè! Io sento farsi aride le mie fauci. Un caldo fiato m'empie: di fuoco ho tutti i muscoli arsi...
Salvami da la brama del peccato, poi che il mio cuor in odiarlo dura! Riprenditi il mio cuore immacolato,
o sola santa, o verginal Natura!
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