Indice | Parole: Alfabetica - Frequenza - Rovesciate - Lunghezza - Statistiche | Aiuto | Biblioteca IntraText |
Giovanni Cena In umbra IntraText CT - Lettura del testo |
|
|
4 - Nell’ospedaleSOSPIRI ancora verso quelle nevi sacre? Contendi a' liberi orizzonti? Lungi le aurore sono ed i tramonti… Or quest'uman dolore, anima, bevi.
Questo dolore assorbi e questo senso oscuro d'una ignota Ombra vivente, questo profumo di carne morente ch'erra nell'aria come un acre incenso.
Anche dilaga il sol da le vetrate nel tempio del dolore. Sole! Sole! Quante d'amor ti mormoran parole quest'anime di te non saziate!
Parole rotte da risa e singulti tumide di follia, che celan cose puerili, profonde e spaventose; lumi gettati sovra abissi occulti.
Cavi occhi spenti, o vivi ancor di luce ultima! Bocche immobili o tremanti! Scarne mani che a gesti supplicanti un istinto superstite conduce!
Splendono i letti quali candide are ove consuman sacrifici lenti ascoltano le vittime scienti una micidiale arma fischiare.
Gemono alcuni, come bimbi in culla, gemiti fiochi, lunghi come canti lontani, e gli occhi lor non hanno pianti. La nenia monotona li culla.
Guardano in cieli gemmei pallenti gli ultimi voli far lunghi ricami e dondolar gracili al vento rami, irrugginirsi, diradarsi lenti.
Alcuno cui la vita amara porse troppe angosce, la fine ultima invoca, ma la vecchia speranza che s'affioca susurra ancor, dolce e tenace: «Forse!… »
Vigilano altri: su la cute un gelo striscia: qualcosa rompe dentro d'essi: odono schianti e crepiti sommessi, sentono immoti il rapido sfacelo.
Sentono Alcuno pur nella diurna luce, tetro, che a l'anime sovrasta e le assorbe nell'ala umida e vasta che le trarrà nell'ombra taciturna.
(Io seguivo ne' cieli di cristallo le fluttuanti fragili chimere: lungo i vetri passavan forme nere e scivolavan tra 'l fogliame giallo,
quando l'ugna sentii dell'avvoltoio premere nel costato e penetrare, e mi pareva il mio respiro stare… onde gridai con voce roca: «Muoio!… »)
Convalescenti languidi con occhi vagabondi implorando il sole, il sole, mutano rare timide parole vacillando su i trepidi ginocchi.
Ascoltano i rumori onde s'ingombra l'orecchio, mormorii di frondi e d'acque, i suoni della vita che rinacque risospinta dal limite dell'ombra;
tentando i primi passi, con leggera inquietudin, fino oltre le soglie; e mentre aride rotean le foglie odono in sé brusir la primavera.
O voci più che musica soavi, leni feminee dita su febbrili fronti! Le suore van, cogl'infantili visi a la morte sorridendo gravi.
O fiori chiusi in orti di dolore, cui traggono morenti occhi seguaci, non vi darebber mai gli umani baci una sì pia felicità d'amore!
(Si schiuse il fior d'amore umile e solo, il fior che non t'offersi e non hai colto, quando vidi apparire il tuo bel volto, gigli e rose nel candido soggolo,
suor Luciana; e forse t'avvedesti: e come augel sotto amorose dita forse tremò l'anima tua smarrita, quando n'andavi china gli occhi onesti!)
Ma quei che giace ed agonizza dietro il paravento! Livida figura irta, cava; socchiusa bocca oscura, arida; occhi immobili di vetro.
Esce una man di scheletro che afferra la coltre: il petto ondeggia sibilando. Intorno a lo spettacolo nefando Alcuno tetro ed invisibil erra…
Muore. La faccia si compone bianca e sui lini la man si fa di cera. Passò la morte. Cade la bufera rapida. Torna la gran calma stanca.
Intanto scruta e palpa e si travaglia la Scienza che passa curiosa. Ahi se nell'agonia che non ha posa chiusa è la gola come da tanaglia
e l'aria densa il petto inerte cerchia, quegli occhi, che dilata un sovrumano terrore, verso lei pregano invano, come anneganti cui l'onda soverchia.
Non èvvi in petto d'uom fiato che inali entro dei petti esanimi la vita: la scienza degli uomini smarrita disperando si perde in mezzo a' mali.
Oh Colui che sentiam dietro le ignude apparenze, inflessibile e possente! Colui che sta silenziosamente dentro l'immensità che a noi si chiude!
Perché la nostra cieca mente indaga l'ambigua Forma che ne l'aer oscilla? Oh chiudiamo la debole pupilla al mister che ci asseta e non ci appaga!
Invano l'uom si sfascia sotto i vasti cieli, implorando Lui muto e lontano! Cristo morente, come un giorno, invano esclama: «Padre, ché m'abbandonasti?»
Ecco, in alto Gesù, china la bionda testa nel sole, sanguinoso pende. L'innocente la morte ancora attende e non è sazia l'anima profonda.
Ecco 'l Figliuol dell'uomo; egli è 'l dolore che in sé raduna tutta l'infinita agonia dei viventi: egli è la Vita che a morir nata eternamente muore.
|
Indice | Parole: Alfabetica - Frequenza - Rovesciate - Lunghezza - Statistiche | Aiuto | Biblioteca IntraText |
Best viewed with any browser at 800x600 or 768x1024 on Tablet PC IntraText® (V89) - Some rights reserved by EuloTech SRL - 1996-2007. Content in this page is licensed under a Creative Commons License |