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Giovanni Cena
In umbra

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  • L’INGANNO
    • 5 - Passione
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5 - Passione

 

I

 

IO sono stanco, instabile, inquieto,

il capo grave, ardenti le palpebre

come per mal che in me covi segreto;

 

e il sangue pulsa turgido per l'ebre

vene e gli occhi m'intorbida e la mente.

Questo è dunque l'amore? Questa febre,

 

quest'acuta follia che m'ha repente

sconvolto, le natie virtù disfatte,

scagliato come arbusto in un torrente?

 

Si levano le mie mani contratte,

tutto il mio corpo invaso da tremori

in preda a la vertigine s'abbatte,

 

quand'ella appare, fosca nei pallori

delle sue membra, accesa come lampa.

Allor salgono tutti i miei furori,

 

ed una smania di conquista avvampa

in me: su la sua bocca umida esangue

baci feroci la mia bocca stampa.

 

Indi in quel corpo che sùbito langue

la mia collera insana incrudelisce

come per un delirio di sangue.

 

Ondulano dinanzi agli occhi strisce

rosse. Ella giace e nel suo corpo attorto

corrono freddi scivolii di bisce.

 

E tutto l'esser suo vedendo morto

a sé, vivente solo al mio volere,

tutto da le mie brame ingorde assorto,

 

e lento consumar come un braciere

quel muto corpo ond'è l'anima lunge,

il disgusto m'assal del mio potere.

 

Quest'è la donna? Ed un rancor mi punge

contro lei, contro questa illusione

insensata che corpo a corpo giunge,

 

ch'esseri l'uno a l'altro estranei pone

in abbracci di morte e un tal furore

crea di possesso e di distruzione…

 

Non tal sognavi, anima mia, l'Amore!

 

 

II

 

O Sogno della mia vita! La Donna

prima apparita a me fanciul novenne

incoronata il dì della Madonna,

 

quando una mano trepido mi tenne

che non era materna, pur mi pose

nel cuore un desiderio perenne.

 

Oh quante indi fantasime compose

il mio pensiero e quante bianche dita

il mio guancial fiorirono di rose!

 

Ma nella bionda vergine stupita

ai suoni uscenti di sue mani sante,

dipinta nella sua nicchia romita;

 

nella suora a la sua grata pregante,

chiusa tra' lini come in un bocciuolo,

negli occhi intravveduta un solo istante;

 

nelle figure che in fiorente stuolo

tornano agli occhi sul passato fissi,

il mio sogno, il mio sogno era uno solo!

 

Una la donna che adorando vissi

quando parlai d'amor, quando ascoltai,

quando ostinato sofferii, né dissi.

 

Ella da l'ombre emergerà giammai?

Poi che non sei già tu fosca bambina,

che a me stesso per poco tolto m'hai.

 

Ella è colei che l'uom fece regina

della natura, eletta forma bella

cui la Forza ed il Genio s'inchina.

 

Di sé, del mondo ignara e pur sorella

dell'infinito, a lei levato è un lembo

del mistero e l'ignoto in lei favella.

 

Misericorde sì ch'io nel suo grembo

pieghi la fronte fatta oscura e triste,

come un dì bimbo quando urlava il nembo.

 

L'amor di lei fu sopra le conquiste

più terribili: accanto a la vittoria

erano Vita e Morte insiem commiste.

 

O visioni dolci a la memoria,

quando l'amor desiderabil era

per me più che i fantasmi della Gloria.

 

Amore! Amore! Esser la primavera,

il cielo, il mare, l'infinito e Dio!

Sentir gonfiarmi come la riviera,

 

come la terra nello sfavillio

argenteo del meriggio! E come il sole,

tese le braccia a tutto quel ch'è mio,

 

allegrare, guarire, indir parole

creatrici; far lieti i prati, biondi

tutti i campi, fiorir tutte le aiuole!

 

Di due congiunti spiriti profondi

che forse d'un'impronta egual sigilla

un altro amore in più remoti mondi,

 

compenetrar la duplice scintilla

in una fiamma luminosa e pura

imprigionata nella stessa argilla,

 

onde sorga la nova creatura

piena, vasta, molteplice, infinita,

cui segnino il destino e la natura

a reggere il dominio della vita!

 

 

III

 

AHI! Da quel dì che prima al tuo cospetto

tremai di tenerezza e di terrore,

inutilmente in me guardo ed aspetto,

 

s'io senta un tratto rifluir dal cuore

le silenti certezze imperiose.

Quello ch'io sento è quel che nasce e muore.

 

L'anima mia che ha sete delle cose

eterne, lungi da l'impure brame,

nel suo mistico sogno si nascose.

 

La carne sola in questo brulicame

di desiderî, trionfando estolle

il grido della insaziabil fame.

 

La passione che sgorgava in polle

limpide, or tutta nel suo letto affonda

ingoiata dal fango, e rugge e bolle.

 

O abondanza di purissim'onda

che m'irrorò la prima giovinezza

or fatta un acquitrino in breve sponda!

 

Io gemo e ardo nella gran tristezza

del cielo, e giaccio su la terra dove

la salda fede mia s'abbatte e spezza…

 

Io fuggirò come il destin mi move

verso il mio sogno che nelle segrete

lontananze mi chiama per vie nuove.

 

Altre nel corso mi trarranno liete

promettitrici illusioni agli occhi

ed altre soste appariranno mete.

 

Ad altre larve piegherò i ginocchi

insanguinati, e vacue lontano

tosto dilegueran com'io le tocchi,

 

non senz'avere ad una ad una invano

gocciato in me veleno, ad una ad una

strappato al varco del mio cuore un brano,

 

fin che più grande pel dolor che aduna

cadendo su la meta faticosa

l'anima a piè s'inchini di quell'Una

che Amore e Morte m'hanno eletta sposa.

 

 




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