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Melchiorre Cesarotti
Poesie di Ossian

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Testo

 

Da qual fonte mai sgorga? in qual profonda

Incognita voragine si perde

La corrente degli anni? ove nasconde

I vario-pinti suoi lubrici fianchi468?

Io guardo ai tempi che passar, ma foschi

Sembrano al guardo mio, come riflesso

Barlume fievolissimo di luna

Su lontano ruscello469. Indi di guerra

Spuntan astri focosi, ivi sta muta

La schiatta de' codardi: ella non lascia

Di nobil orma ed ammiranda, impressa

La fronte dell'etade. O tu che stanzi

Colà tra i scudi, o tu che avvivi e desti

L'alma che manca, arpa di Cona, ah scendi

Con le tre voci tue470: quella risveglia

Che raccende il passato, e fa ch'io scorga

De' prischi padri isfavillar le forme

Sopra la densa tenebria degli anni.

Nembosa Utorno, in sul tuo fianco io veggo

Gli eroi del sangue mio: Fingallo è curvo

Di Dumarùno in sulla tomba; i duci

Non lungi stan. Ma rannicchiata in ripa

Del torrente di Tùrtoro nell'ombre

Sta l'oste di Loclin: rabbiosi i regi471

Siedon sui poggi lor; col mento inchino

Sopra lo scudo, alle notturne stelle,

Rossiccie peregrine d'occidente,

Tendono il guardo472. Curvasi Crullòda

Sotto sembianze di meteora informe

I suoi divoti a rimirar; ei sgorga

Dal seno i venti, e gli frammischia agli urli,

Orridi annunziator de' cenni suoi.

Starno ben s'avvisò che il re di Selma

Non è facil vittoria473: egli due volte

Pestò la quercia con furor. Suo figlio

Ver lui s'avanza, e mormora fra i labbri

Crucciose note. S'arrestar: rivolti

L'un dall'altro si stan474, due querce in vista

Percosse e curve da diversi venti;

Pende ciascuna in sul suo rivo, e intoppo

Fa co' gran rami alla corsia de' nembi.

Fu già (Starno a dir prese), Anniro il padre

Foco distruggitor, lanciava il guardo

Balen di morte: erano a lui le stragi

Conviti e feste, e degli ancisi il sangue

Era al suo cor, quasi ruscello estivo

Allegrator d'inaridita valle.

Ei presso il lago di Lucormo un giorno

Uscì co' suoi per farsi incontro al grande

Abitator dei vortici di guerra,

Al prode Cormantrùna. Il campion, d'Urlo475

Lasciò i torrenti, ed a Gormàl sen venne

Con le sue navi: ivi adocchiò la bella

Figlia d'Anniro dalle bianche braccia,

Foinabrilla; ei l'adocchiò, né freddo

Cadde sul duce e spensierato il guardo

Della regia donzella. Ella di notte

Fuggì soletta, e allo stranier sen corse,

Quasi raggio lunar che scappa e segna

Notturna valle di fuggente striscia.

Sul mar, chiamando a secondarlo i venti,

Mosse Anniro a inseguirla, e non già solo;

Era Starno al suo fianco: io, qual d'Utorno

Di giovinette penne aquila audace,

Gli occhi tenea fissi nel padre. Apparve

Urlo rugghiante: Cormantruna armato

Ci spinse incontro i suoi guerrier; pugnammo,

Ma prevalse il nemico. Anniro involto

Stette nel suo furor; col brando irato

Facea tronconi delle verdi piante,

Gli occhi son bragia, e le tremanti labbra

Spuman di rabbia. Le sembianze e l'alma

Notai del padre476, mi ritrassi; un elmo

Fesso dai colpi, e un traforato scudo

Colgo dal campo sanguinoso, incarchi

Della sinistra man477; gravo la destra

Di rintuzzata lancia, in tal sembiante

Fommi al cospetto del nemico innanzi.

Sopra una rupe, d'alta quercia al raggio

Stava il gran Cormantrùna, a lui dappresso

Foinabrilla dal ricolmo seno

Sedea sotto una pianta: io l'elmo e l'asta

Getto al suo piè, chiuso nell'arme, e parlo

Le parole di pace479. In ripa al mare

Giace Anniro prosteso: il Re trafitto

Fu nella pugna, addolorato Starno

Gli alza la tomba: ei, me figlio di Loda480,

Invia qua nunzio alla germana, ond'ella

Mandi una ciocca del suo crin sotterra,

Funebre dono, a riposar col padre.

E tu, signor d'Urlo raugghiante, arresta

Il furor della pugna, insin che Anniro

Dalla man di Crulloda igni-crinito

Prende la conca, guiderdon dei forti.

Proruppe in pianto la donzella e sorse,

E una ciocca stracciò, ciocca del crine

Ch'iva sul petto palpitante errando.

Recò la conca il duce; e d'allegrarmi

Seco m'impose: io m'acquattai nell'ombre481

Chiuso la faccia nel profondo elmetto.

Sonno discese in sul nemico, io tosto

Sorgo qual ombra, colle dita estreme

Appuntando il terren; pian pian m'accosto,

E passo il fianco a Cormantruna: e salva

Già non uscì Foinabrilla; ansante

Rota nel sangue il bianco sen: malnata

Figlia d'eroi, perché destarmi a sdegno?

Sorse il mattino, le nemiche schiere

Fuggiro velocissime, qual nebbia

Spinta da vento subitano. Anniro

Colpì lo scudo; dubitoso il figlio

Rappella. Io venni a lui segnato a lunghe

Striscie di sangue; in rimirarmi il padre

Alzò tre volte impetuoso strido,

Quasi scoppiar d'un rufolo di vento

Da una squarciata nube. Ambo tre giorni

Ci satollammo di rabbiosa gioja

Sopra gli estinti, ed appellammo a stormi

I falconi del ciel: volaron quelli

Da tutti i venti loro ad isbramarsi

Al gran convito, che per man di Starno

Dai nemici d'Anniro a lor s'offerse.

Svarano, udisti; su quell'ermo poggio

Fingal solo riposa.478 Or va, di furto

Passagli il fianco: come Anniro un tempo

Gioì per me, tal per tuo brando adesso

Mandi il cor di tuo padre urlo festoso.

Figlio di Annir, non pugnerà Svarano

Nell'ombra della frode: esco alla luce,

Ed affronto il nemico, e non pertanto

I falconi del ciel non fur mai tardi

A seguir il mio corso: essi dall'alto

Usan segnarlo, che fu loro in guerra

Sempre scorta alle prede. Arse a tai detti

Il Re di sdegno; contro il figlio l'asta

Tre volte sollevò: pur si riscosse,

La man rattenne, e via si volse. Appresso

Al torrente di Tùrtoro un'oscura

Grotta è riposta, che fu dianzi albergo

Di Conbacarla: ivi deposto l'elmo

De' regi, altro ne prese, e a sé di Lula

La donzella chiamò: nessun risponde,

Ch'era fatta la bella abitatrice

Della sala di Loda482. Egli fremendo

D'ira e dispetto s'avviò laddove

Giacea solo Fingallo: il re posava

Sopra lo scudo. Cacciator feroce483

Di velluti cignal, non hai dinnanzi

Fiacca donzella, o garzonetto imbelle,

Che su letto di felci adagi il fianco,

E al mormorio di Turtòro s'addorma:

Questo è letto d'eroi, donde ad imprese

Balzan di morte: alma feroce e vile,

Non risvegliar dal suo riposo il prode.

Starno vien borbottando484: il re di Selma

Rizzasi armato: olà chi sei? rispondi

Figlio di notte. Ei taciturno l'asta

Scaglia485, e s'avanza: in tenebrosa zuffa

Meschiansi i brandi; in due spezzato a Starno

Cade lo scudo; è' ad una quercia avvinto.

Alzossi il raggio oriental, Fingallo

Scorse il re di Loclin; gli occhi in silenzio

Volve, e ricorre coi pensieri al tempo

Che Aganadeca dal bel sen di neve

Movea con passi misurati e lenti,

Come armoniche note; il cuoio ei sciolse

Dalle mani di Starno. Oltre diss'egli,

Figlio d'Anniro al tuo Gormàl ten riedi:

Torna quel raggio a balenarmi al core

Ch'era già spento486: io mi rimembro ancora

La figlia tua dal bianco sen. T'ascondi,

Negra alma, atroce re, fuggi e t'inselva

Nel tuo cupo abituro, o nubiloso

Nemico dell'amabile; va, vivi

De' stranieri487 abbominio, orror de' tuoi.

Malvina mia, l'antica storia udisti.488





468 - Il fianco vario-colorato degli anni è un'espressione piena insieme di vivacità e di aggiustatezza. I fatti, gli accidenti, i caratteri dei varj anni sono i colori che li distinguono. Ognuno di essi ne ha qualcheduno di proprio. Gli anni della pace e dell'innocenza hanno il bell'azzurro d'un ciel sereno, quei della guerra virtuosa sfavillano col brillante del sole; i nostri hanno una tinta originale che dovrà distinguerli per tutto il regno dei secoli. Ultima e unica decade del secolo diciottesimo, tutti i colori delle meteore d'inferno si accozzarono per contrassegnarti!



469 - Il poeta s'immagina di veder le diverse età coesistenti. L'una è feconda d'uomini valorosi; nell'altra succede la generazione dei deboli. Sembra ch'ei si lagni indirettamente che questa si trovi al suo tempo.



470 - Le tre voci dell'arpa sono il presente, il passato, e il futuro. Si scorge da ciò che anche presso i Caledonj si attribuiva ai poeti la facoltà di predire. La loro attinenza coll'ordine de' Druidi, e la famigliarità che avevano con l'ombre avrà loro meritato questa onorifica opinione.



471 - Starno e Svarano



472 - Naturalmente spiando qualche apparizione del loro idolo.



473 - Sel pensò egli per la sperienza che aveva del valore di Fingal, o la raccolse dai segni di Crulloda? È verisimile che gli Scandinavi avessero fondata una specie di divinazione sopra i varj suoni del vento, supposti cenni del loro idolo.



474 - Il brusco atteggiamento di Starno e di Svarano è assai bene adattato alla loro selvaggia asprezza. I caratteri dell'uno e dell'altro sono a prima vista poco diversi, ma esaminandoli meglio si troverà che il poeta li ha destramente ambedue distinti. Entrambi sono destri, caparbi e cupi, ma Starno è perfido, vendicativo, e crudele al più alto segno, ; la disposizione di Svarano, benché selvaggia, è meno sanguinaria, ed ha qualche tintura di generosità.



475 - Urlor, dovrebbe essere un'isola della Scandinavia. Luthcormo mentovato di sopra sarà un lago in quelle vicinanze.



476 - Interpretando il desiderio del padre, si ritirò senza far motto, e si accinse a far un colpo atto a rallegrarlo.



477 - L'elmo spezzato, e lo scudo traforato non doveano servir d'armatura a Starno, ch'era coperto delle sue armi. Egli intendeva solo di tener nella mano questi arnesi e presentarsi a Corman-trunar in questo aspetto, ch'era quello d'uomo vinto ed addolorato. Perché ciò s'intenda meglio, il traduttore aggiunse quelle parole, incarchi della sinistra man.



479 - Me che sono un figlio di Loda, un sacerdote di Odin, uno dell'ordine degli Scaldi.



480 - Ricusando l'invito di Corman-trunar: altrimenti sarebbe stato scoperto.



481 - Fingal dovendo nel prossimo giorno assumer il comando della battaglia, s'era ritirato solo sopra un colle, secondo l'usanza dei Caledonj. Starno che probabilmente non ignorava questo costume, doveva aver qualche sentore della ritirata di Fingal.



478 - O piuttosto della frode.



482 - Era già morta, e ita ad abitar con Odin.



483 - Parole di Ossian a Starno, come fosse presente.



484 - Quest'era il modo di svegliar Fingal. Ossian pensò più al carattere di Starno, che alla circostanza.



485 - Quest'atto di scagliar la lancia trovasi in più di un luogo di queste poesie, senza che se ne conosca abbastanza l'oggetto. Scagliò egli l'asta contro Fingal? Perché non si dice, se l'abbia colpito o no? La gettò a terra? Perché?



486 - Non si scorge abbastanza chiaro se Fingal con ciò voglia che la memoria d'Aganadeca lo stimolasse a perdonargli, o a punirlo. Quest'ultimo senso parrebbe il più ragionevole, ma l'atto di Fingal mostra piuttosto il contrario. Comunque sia, la sua bontà è veramente eccessiva e mal collocata.



487 - L'originale: sfugganti gli stranieri, o tenebroso nella tua sala. S'è cercato di tradur questo luogo in modo che sembri che Fingal gli lasci la vita più per supplizio che per dono.



488 - Si ripete al solito il sentimento del primo verso del poema.






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