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Melchiorre Cesarotti Poesie di Ossian IntraText CT - Lettura del testo |
Trista è la notte, tenebrìa s'aduna,
Tingesi il cielo di color di morte:
Qui non si vede né stella, né luna,
Che metta il capo fuor dalle sue porte.
Torbido è 'l lago, e minaccia fortuna,
Odo il vento nel bosco a ruggir forte.
Giù dalla balza va scorrendo il rio
Con roco lamentevol mormorìo.
Su quell'alber colà, sopra quel tufo,
Che copre quella pietra sepolcrale,
Il lungo-urlante ed inamabil gufo
L'aer funesta col canto ferale.
Ve' ve':
Fosca forma la piaggia adombra:
Quella è un'ombra:
Per questa via
Tosto passar dovrà persona morta:
Quella meteora de' suoi passi è scorta.
Il can dalla capanna ulula e freme,
Il cervo geme - sul musco del monte,
L'arborea fronte - il vento gli percote;
Spesso ei si scuote - e si ricorca spesso.
Entro d'un fesso - il cavriol s'acquatta,
Tra l'ale appiatta - il francolin la testa.
Teme tempesta - ogni uccello, ogni belva;
Ciascun s'inselva - e sbucar non ardisce;
Solo stridisce - entro una nube ascoso
E la volpe colà da quella pianta
Con orrid'urli a' suoi strilli risponde.
Il peregrin
Va per sterpi, per bronchi, per spine,
Per rovine,
Ché ha smarrito il suo cammin.
Palude di qua,
Lungo il ruscello incespicando,
Ei strascina l'incerto suo piè.
Fiaccasi or questa or quella pianta,
Il sasso rotola, il ramo si schianta
L'aride lappole strascica il vento.
Ecco un'ombra, la veggo, la sento;
Notte pregna di nembi e di venti,
Notte gravida d'urli e spaventi!
L'ombre mi volano a fronte e a tergo:
Aprimi, amico, il tuo notturno albergo.
Sbuffa 'l vento, la pioggia precipitasi,
Atri spirti già strillano ed ululano,
Svelti i boschi dall'alto si rotolano,
Le fenestre pei colpi si stritolano.
Rugghia il fiume che torbido ingrossa:
Vuol varcarlo e non ha possa
Udiste quello strido lamentevole?
Schianta i boschi, i sassi sfracella:
Tutto in un fascio la capra belante,
La vacca mugghiante,
Porta la rapidissima bufera.
Nella capanna il cacciator si desta,
Stordito, avviva il foco spento: intorno
Stangli i suoi veltri: egli di scope i spessi
Fessi riempie, e con terrore ascolta
Due gonfi rivi minacciar vicina
Alla capanna sua strage e rovina.
Sta tremante l'errante pastor.
E l'orecchio gli assorda e rintrona
E alla capanna co' suoi rai lo scorga.
Vanno l'ombre a cavalcioni.
Pur è giocondo
Che d'altro mondo
Ma già cessa la pioggia: odi che soffia
Si diguazzano ancora, ancor le porte
Sbattono: a mille a mille
Da quel tetto e da questo. Oh! oh! pur veggo
Stellato il cielo: ah che di nuovo intorno
Si raccoglie la pioggia; ah che di nuovo
Ricevetemi, amici, a voi ne vegno.
Pur il vento imperversa, e pur ei strepita
Tra l'erbe della rupe: abeti svolvonsi
Dalle radici, e la capanna schiantasi.
Volan per l'aria le spezzate nuvole,
Le rosse stelle ad or ad or traspaiono,
Nunzia di morte l'orrida meteora
Fende co' raggi l'addensate tenebre.
Ecco posa sul monte: io veggo l'ispida
Vetta del giogo dirupato, e l'arida
Felce ravviso e l'atterrata quercia.
Ma chi è quel colà sotto quell'albero,
Sulla scogliosa ripa, è d'acqua carca
La piccioletta barca:
Trasportati dall'onda
Ch'erra di scoglio in scoglio: oh! su quel sasso
Misero l'amor suo! misero amante!
Ei di venir promise,
Mentre il lago era chiaro: oh me dolente!
Oimè questi i suoi remi!
Questi sul vento i suoi sospiri estremi!
Ma già s'appresta
Biancheggiano dei monti e cime e fianchi;
Ma punge l'aria, ed è rigido il cielo:
Accoglietemi amici, io son di gelo.
Pura, azzurra, stellata, ridente;
Si fan gli arboscelli
Pura, azzurra, stellata, ridente.
Veggo le piante rovesciate, veggo
I covoni che il vento aggira e scioglie,
Questa è la figlia del signor sì bella,
Che pocanzi cadéo nel suo bel fiore.
Deh t'accosta, t'accosta, o verginella,
Lasciati vagheggiar, viso d'amore.
Ma già si move il vento, e la dilegua;
E vano è che cogli occhi altri la segua.
D'un candidetto velo,
Che più leggiadro il fa.
Pura, azzurra, stellata, ridente.
Bella, notte, più gaja del giorno:
Addio, statevi amici, io non ritorno.
La notte è cheta, ma spira spavento,
La Luna è mezzo tra le nubi ascosa:
Movesi il raggio pallido e va lento,
S'ode da lungi l'onda romorosa.
Mezza notte varcò, che 'l gallo io sento:
La buona moglie s'alza frettolosa,
E brancolando pel bujo s'apprende
Alla parete, e 'l suo foco raccende.
Il cacciator che già crede il mattino,
Chiama i suoi fidi cani, e più non bada;
Poggia sul colle, e fischia per cammino:
Colpo di vento la nube dirada;
Ei lo stellato aratro a sé vicino
Vede che fende la cerulea strada:
Oh, dice, egli è per tempo, ancora annotta
E s'addormenta sull'erbosa grotta.
Quest'è la formidabile
Dietro il monte si cela la Luna
Scappa un raggio, e luccica ancora,
Lunga dagli alberi scende l'ombra,
Tutto abbuja, tutto s'adombra:
Tutto è orrido, e pien di morte:
Amico, ah non tardar, schiudi le porte.
IL SIGNORE
Sia pur tetra la notte, ululi e strida
Volino l'ombre, e 'l peregrin ne tremi;
Rovinino i torrenti, errino intorno
Verdi-alate meteore; oppur la notte
Coronata di stelle, e senza velo
È lo stesso per me: l'ombra sen fugge
Dinanzi al vivo mattutino raggio,
Riede giojoso il giovinetto giorno:
Sol l'uom, come passò, non fa ritorno.
I duci antichi? ove i famosi regi?
Già della gloria lor passaro i lampi.
Giaccion coi nomi lor, coi fatti egregi,
E muti son delle lor pugne i campi.
Il cacciator sulle muscose tombe,
Mal noti avanzi dagli eccelsi eroi.
Sì passerem pur noi; profondo oblio
C'involverà: cadrà prostesa alfine
E i figli nostri tra l'arena e l'erba
Più non ravviseran le sue rovine.
A quei d'etade e di saper più gravi:
Dove sorgean le mura alte degli avi?
L'arpa ritocchisi,
Ben cento fiaccole;
La danza intreccino
Il qual raccontimi
Che più non son.
Finché il mattin le nostre sale irraggi.
Giovani della caccia, e i cani, e gli archi.
Noi salirem sul colle, e per le selve
Andrem col corno a risvegliar le belve.