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Melchiorre Cesarotti Poesie di Ossian IntraText CT - Lettura del testo |
Batte lo scudo di Fingallo il vento123?
O nelle sale mie mormora il suono
Della passata età? Segui il tuo canto124
Voce soave,125 egli m'è grato, e sparge
Le mie notti di gioja: ah segui o figlia
Del possente Sorglan, gentil Bragela.
Ahi questa è l'onda dallo scoglio infranta,126
Lassa! non già di Cucullin le vele.
Dell'amor mio la sospirata nave
Spesso credo veder; spesso m'inganna
La nebbia che si sparge a un'ombra intorno,
Spiegando al vento le cerulee falde.
Figlio del nobil Semo, e perché tanto
Tardi a venir? quattro fiate a noi
Fece ritorno co' suoi venti autunno,
Gonfiando di Togorma127 i mari ondosi,
Dacché tu nel fragor delle battaglie
Lungi ti stai dalla fedel Bragela.
O di Dunscaglia nebulosi colli,
Quando fia che al latrar de' veltri suoi
Io vi senta echeggiar? ma voi vi state
Celando tra le nubi il capo oscuro;
E l'afflitta Bragela in van vi chiama.
Precipita la notte: a poco a poco
Manca dell'oceàn la faccia azzurra.
Già sotto l'ale il montanino gallo
Appiatta il capo, già la damma giace
Là nel deserto al suo cervetto accanto.
Poscia col nuovo dì sorgendo andranno
Lungo la fonte a ricercar pastura;
Ma le lagrime mie tornan col Sole,
E con la notte crescono i miei lai.
Quando quando verrai
Re di Tura muscosa, a consolarmi?
O figlia di Sorglan, molce l'orecchio128
D'Ossian il canto tuo; ma va', ricovra
Là nella sala delle conche, al raggio
D'accesa quercia, e da' l'orecchio al mare,
Che romba al muro di Dunscaglia intorno.
Su gli azzurri occhi tuoi placido sonno
Scenda, e venga nel sonno a consolarti
L'amato eroe. Sta Cucullin sul Lego,129
Presso l'oscuro rotear dell'onde.
Notte cerchia l'eroe: sparsi sul lido
Stanno i suoi mille; cento querce accese
Fan scintillar la diradata nebbia,
E 'l convito per l'aere alto fumeggia.
Siedesi accanto a lui sotto una pianta
Carilo, e tocca l'arpa: il crin canuto
Splende alla fiamma, il venticel notturno
Gli scherza intorno; egli alza il capo, e canta
Dell'azzurra Togorma, e di Togorma
Chiama il signor, di Cucullin l'amico130.
Perché, forte Conàl, non fai ritorno131
Nel negro giorno - della gran tempesta
Che a noi s'appresta? - ah perché sei lontano?
Contro Cormano - ecco s'unir le schiere
Del sud guerriere132, - e ti trattien sul lido
Il vento infido, - e le tue torbid'onde
Sferzan le sponde. - Non per questo è inerme
Il regal germe - e di difesa ignudo.
Fassi suo scudo - Cucullino invitto:
Nel gran conflitto - egli per lui pugnando
Alzerà il brando - contro i duci alteri.
Ei de' stranieri - alto pavento, ei forte
Come di morte - atro vapor, che lenti
Portano i venti - su focose penne:
Al suo cospetto
Cade il popolo a terra esangue e cieco;
Cormàno, ardir, ché Cucullino è teco.
Sì Carilo cantava, allor che apparve
Un figlio del nemico133; ei getta a terra
La rintuzzata lancia134, e di Torlasto
Favella a nome, di Torlasto il duce
Dei guerrier dall'oscura onda del Lego,
Di colui che i suoi mille armati in campo
Traea contro Cormano al carro nato,
Contro il gentil Cormàn, che lungi stava
In Temora sonante. Il giovinetto
Pur allora addestrava il molle braccio
A spiegar l'arco, de' suoi padri l'asta
Ad inalzar. Ma non alzasti a lungo
L'asta de' padri tuoi, dolce-ridente
Raggio di gioventù. Fosca alle spalle
Già la morte ti sta, come di Luna
Tenebrosa metà135, che alla crescente
Luce sta dietro, e la minaccia e preme.
Alla presenza del cantor del Lego
Alzossi Cucullino, ed onor fece
De' canti al figlio, e gli offerì la conca,
Di letizia ospital diffonditrice.
Dolce voce del Lego, e ben che porti?
Disse, che vuol Torlasto? alla mia festa
Vien egli, o alla battaglia? Alla battaglia,
Sì, rispose il cantore, alla sonante
Tenzon dell'aste: non sì tosto il giorno
Sul Lego albeggierà, Torlasto in campo
Presenterassi a te. Vorrai tu dunque,
Re della nebulosa isola, armato
Venirne ad affrontar la sua possanza?
Orribile, fatale è la sua lancia,
Qual notturna meteora: egli l'inalza,
Piomba il popol prostrato; e del suo brando
Il vivo lampeggiar morte scintilla.
E che perciò? questa terribil lancia136
Temola io forse? il so, forte è Torlasto
Per mille eroi, ma nei perigli l'alma
Brillami in petto. No, cantor sul fianco
Non dorme no di Cucullin la spada:
M'incontrerà sul campo il nuovo Sole,
E sopra l'arme del figliuol di Semo
Rifletteranno i primi raggi suoi.
Ma tu, cantor, meco t'assidi, e facci
Udir la voce tua, vientene a parte
Della giojosa conca, e di Temòra
I canti odi tu pur. Di canti e conche,
Disse il cantor, tempo non è, qualora
S'accingono i possenti ad incontrarsi,
Come opposte del Lego onde cozzanti.
O Slimòra137, Slimòra138 a che ti stai
Sì tenebroso co' tuoi muti boschi?
Sopra i tuoi foschi
Il grazioso tremolar non pende;
Né presso ti risplende
Amico raggio di notturna Luna.
Sanguinose ti circondano,
D'ombre pallide - intorno volano.
Perché perché ti stai
Negro Slimòra di dolor vestuto?
Ei partì col suo canto, e del suo canto
Carilo, e 'l lor concento assomigliava
A rimembranza di passate gioje:
Ch'a un tempo all'alma è dilettosa e trista.
L'udiron l'ombre de' cantori estinti
Dal fianco di Slimòra, e lungo il bosco
E rallegrarsi le notturne valli.
Così quando tranquillo Ossian riposasi
Del fervido meriggio nel silenzio,
Del venticello nella valle florida,
La pecchia della rupe errando mormora
Un cotal canzoncin che dolce fiedelo.
L'affoga ad or ad or l'aura che destasi,
Ma tosto riede il mormorio piacevole.
Su, disse allor di Semo il figlio, a' suoi
Cento cantor rivolto, alzate il canto
Del nobile Fingal, ch'egli udir suole
La sera, allor che a lui scendono i sogni
Del suo riposo, e che i cantor da lungi
Toccano l'arpa, e debil luce irraggia
Le muraglie di Selma. Oppur di Lara
Membrate il lutto139, ed i sospir d'Alcleta
Rinnovellate, che suo figlio indarno
Già rintracciando pe' suoi colli, e vide
L'arco suo nella sala.140 E tu frattanto
A quel ramo colà, Carilo, appendi141
Lo scudo di Cabàr; siavi dappresso
Di Cucullino la lancia, onde s'inalzi
Col bigio lume d'oriente il suono
Della mia pugna. Sull'avito scudo
Posò l'eroe, s'alzò di Lara il canto.
Stavan lungi i cantor, Carilo solo
È presso il duce; sue furon le note
Flebili, e mesto suono uscìo dell'arpa.
O madre di Calmàr, canuta Alcleta142,
Di tuo figlio al ritorno? ah non son questi
Chiusi e foschi nell'armi; ah non è questa
Questo è 'l fischiar del bosco,
Che nella rupe si rimbalza e freme.
Chi d'un salto
O suora di Calmàr, non vide Alcleta
(Disse la dolce-lagrimante Alona)
Questa è una quercia, o madre,
Che curva pende sul ruscel di Lara.
Ma non m'inganno io già;
Colà vedi, colà: - chi vien, chi viene
Ei solleva
La lancia di Calmarre. Alcleta; Alcleta;
O suora di Calmar: mai la sua lancia
Non ritornò di sangue ostil digiuna.
Che non colpisse de' possenti il petto.
Al suo cospetto
Sfuma la pugna; egli è fiamma di morte.
Dimmi garzone dalla mesta fretta143,
Degli echeggianti scudi?
Ma che veggo?
Ti confondi,
Non rispondi,
Fosco stai?
Ah più figlio non ho:
Non dir come spirò - che intesi assai.
Perché verso il deserto
O madre di Calmar, canuta Alcleta?
Sì Carilo cantò; sopra il suo scudo
L'Eroe si stava ad ascoltarlo intanto.
Posaronsi i cantor sulle lor arpe,
E scese il sonno dolcemente intorno.
Desto era sol di Semo il figlio, e fisa
Nella guerra avea l'alma: omai la fiamma
Già decadendo dell'accese querce.
Debole intorno rosseggiante luce
Spargesi, roca voce odesi: l'ombra
Vien di Calmarre: ella al notturno raggio
Lentamente passeggia; oscura al fianco
Soffia la sua ferita, erra scomposta
La chioma, in volto ha tetra gioia, e sembra
Che Cucullino alla sua grotta inviti.
O della notte nebulosa figlio,
Disse il duce d'Erina, e perché fitti
Tieni tu in me quei tenebrosi sguardi,
Ombra del fier Calmar? figlio di Mata,
Vorrestù spaventarmi, ond'io men fugga
Dalla battaglia? la tua destra in guerra
Fiacca non fu, né 'l tuo parlar di pace.
Quanto da quel di pria, duce di Lara,
Torni diverso a me, se forse adesso
Mi consigli a fuggir! Ma no, Calmarre,
Fuga mai non conobbi, e non mai l'ombre
Mi spaventaro: essa san poco, e fiacche
Son le lor destre, ed han nel vento albergo.
Nei perigli il mio cor cresce, e s'allegra
Nel fragor dell'acciar. Parti, e t'ascondi
Dentro la grotta tua: no, di Calmarre
Tu non sei l'ombra; ei si pascea di pugne,
Ed era il braccio suo tuono del cielo.
Nel suo nembo ei partì lieto, che intese
Della sua lode il suon. Dall'oriente
Bigio raggio spuntò: picchiasi tosto
Lo scudo di Cabarre. A quel rimbombo
Tutti i guerrieri della verde Ullina
S'uniro, e alzossi un romorìo confuso,
Come muggito d'ingrossati fiumi.
S'ode sul Lego il bellicoso corno,
Torlasto appare. A che ne vien' con tutti,
Cucullino, i tuoi mille ad incontrarmi?
Disse il duce del Lego. Io ben conosco
Del tuo braccio il vigor; vivace fiamma
È l'alma tua. Che non scendiamo adunque
A pugnar soli, e non lasciam che intanto
Stian mirando le schiere i nostri fatti?
Stiano a mirarci nella nostra possa,
Simili a rimugghianti onde rotantisi
A scoglio intorno: al periglioso aspetto
Fugge il nocchier pien di spavento, e stassi
L'aspro conflitto a risguardar da lungi.
Ah, Cucullin soggiunse, a par del Sole
Tu mi brilli nel cor: forte è, Torlasto,
Il braccio tuo, del mio furor ben degno.
Scostatevi, o guerrier, fatevi al fianco
Dell'oscuro Slimòra; e 'l vostro duce
State a mirar nel memorabil giorno
Della sua fama. Odi cantor, se pure
Oggi cader dee Cucullino, al prode
Conal tu di', ch'io mi lagnai coi venti
Che di Togorma imperversar su i flutti.
Mai dalla pugna ei non mancò, qualora
La mia fama il chiedea. Fa' che il suo brando
Come raggio del cielo il buon Cormano
Circondi in guerra, e in minacciosi giorni
Suoni in Temora il suo fedel consiglio.
Mosse l'Eroe nel rimbombar dell'armi,
Come di Loda il formidato atroce
Spirto144, che nell'orribile fracasso
Di ben mille tempeste esce, e dagli occhi
Slancia battaglia. Ei siede alto sul nembo
Là sopra i mari di Loclin; sul brando
Pose la nera destra, e a gara i venti
Van sollevando l'avvampante chioma.
Non men di lui terribile a vedersi,
Nel memorabil dì della sua fama,
Cucullin s'avanzò. Cadde Torlasto
Per la sua man, pianser del Lego i duci.
Corrono frettolosi essi, ed intorno
A Cucullin si stringono affollati,
Quai nubi, del deserto. A mille a mille
Volar, vibrar, scender vedresti, alzarsi
Dardi, spade, aste, armati, arme, ed a fronte
Cingerlo e a tergo ad un sol tempo: ei stette
Quale in turbato mar scoglio; d'intorno
Cadono, egli nel sangue alto passeggia.
Ne rimbomba Slimora: in suo soccorso
Corron d'Ullina i figli, e lungo il Lego
La pugna errò; vinse d'Erina il duce.
Egli tornò della sua fama in mezzo,
Ma pallido tornò; tenebrosa era
Gioia nel volto suo; gli occhi in silenzio
Gira; pendegli il brando; ad ogni passo
Tremagli l'asta in man145. Carilo, ei disse
Languidamente, già manca la forza
Di Cucullino, i miei giorni recisi
Già son cogli anni che passaro; il Sole
Più a me non sorgerà; gli amici in traccia
N'andran, né troverammi; il buon Cormano
Dirà piangendo, ov'è di Tura il duce?
Ma grandeggia il mio nome, e la mia fama
Sta nel canto dei vati. I giovinetti
Diranno a sé medesmi: oh moriss'io
Qual morì Cucullin! come una veste
Lo coprì la sua gloria; e del suo nome
La luce abbaglia. Carilo, dal fianco
Traggimi il dardo146; sotto a quella quercia
Adatta Cucullin, ponivi accanto
Lo scudo di Cabarre, ond'io sia visto
Giacer fra l'arme de' miei padri. E cadi,
Figlio di Semo? alto sospir traendo,
Carilo disse, e incominciò dolente:
In giovinezza florida,
Quel brando e di chi è? piange la madre.
Chi viene a noi147,
Come cerva ne vien seguita in caccia?
Errando dell'amico i sguardi suoi.
O Conallo, o Conàl, che ti trattenne,
Quando cadde l'Eroe nel gran cimento?
Fremeanti i flutti di Togorma intorno?
O pur del mezzogiorno
Dentro le vele tue soffiava il vento?
Caddero, e non ci fosti: alcun nol dica
Di Morven là nella selvosa terra;
E del deserto piangeranno i figli.
Presso l'onde del Lego alzano i duci
La tomba dell'Eroe: giace in disparte
Il fido Lua148, di Cucullin compagno
nella caccia dei cervi; alzasi il lutto.
Qual torrente che d'alto precipita
Era la tua possanza, alto guerrier.
Del tuo brando il sanguigno atro sentier.
Dietro correano, ov'ei volgeasi irato.
Del gran figlio di Semo, al carro nato.
Come da nuvola
Né di ciò avvidesi
Dardo fatal, che i nostri vanti atterra,
Pace sia teco
Dentro il tuo speco,
Di Dunscaglia signor, nembo di guerra.
Fugge smarrito da Temora il forte,
Meste le porte - son, mute le sale;
Giace il regale - giovinetto in duolo:
E inerme e solo - il tuo tornar non vede;
Ei di te chiede - e ti richiama invano.
Piangi, Cormano - desolato e lasso:
Il forte è basso - tua difesa e schermo;
Tu resti infermo. - Ecco i nemici stanno
Pronti in tuo danno - ahi non è più 'l tuo duce.
È la tua luce - a tramontar vicina.
Chiaro Sol degli eroi, scudo d'Erina,
Ita è la speme tua, sposa fedele,
Oimè che dei tu far?
Più non potrai veder l'amate vele
Alla spiaggia non più, solo al deserto
Non è l'orecchio tuo teso ed aperto
Giace nella sua sala, e vede l'armi
Di lui che più non è. Bragela misera!
Dolce pace ti sia, dolce riposa.