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Melchiorre Cesarotti Poesie di Ossian IntraText CT - Lettura del testo |
O di lance e di scudi ospite amica352,
Arpa, che d'Ossian nelle sale appesa,
L'esperta man risvegliatrice inviti;
Scendine, arpa diletta, e fa' ch'io senta
La tua voce gentil. Figlio d'Alpino353,
Tu percoti le corde; a te s'aspetta
Ravvivar l'alma del cantor languente.
La romorosa corrente del Lora354
Sgombrò la storia dal mio spirto: io seggo
Nella nube degli anni; e pochi, amico,
Sono i spiragli, ove s'affacci e guati
Lo spirto mio ver le passate etadi355;
E vision, se viene, è fosca e tronca.
Ti sento, o graziosa arpa di Cona356,
Ti sento; e già le immagini vivaci
Tornano all'alma mia, come ritorna
Il grembo a ravvivar d'arida valle,
Dianzi da nebbia neghittosa ingombra,
Dietro l'orme del Sol, cortese auretta.
Luba splendemi innanzi: in su i lor colli357
Da un lato e l'altro le nemiche squadre
Stansi attendendo dei lor duci il cenno,
Rispettose così, come dei padri
Mirasser l'ombre. Alle sue genti in mezzo
S'ergean dei Re le grandeggianti forme,
Maestose a veder, quasi due rupi
Scabre il dorso di pini: entro il deserto
Le vedi alzarsi, e soverchiar la nebbia
Torpido-veleggiante; in giù pei fianchi
Scorrono i rivi e gorgogliando ai nembi
Spruzzan le penne di canuta spuma.
Del suo signore alla possente voce,
Simile a fiamma che si sparge e stride;
Sotto i lor piè Luba s'asconde. A tutti
Vola inanzi Foldan: ma d'Ata il duce
Si ritrasse al suo poggio, indi solleva
La lancia sua, face di guerra, e stella
Stassi non lungi di Gomòr la figlia
Dolce-languente: di battaglie e stragi
Non è vago quel core, e non allegra
Vista di sangue il mansueto sguardo.
Dietro la rupe una romita valle
Stendesi; intorno tre ruscelli azzurri
Dissetan l'erbe; la risguarda il Sole
Con grazioso raggio; in giù dal monte
Scendono in frotta cavrioli e damme:
In lor s'affisa la donzella, e pasce
Le vaghe luci d'innocente obietto.
Vide Fingal di Borbarduto il figlio,
E 'l minaccioso strepitar d'Erina
Sull'oscurata piaggia: egli percosse
Il cerchio del brocchier, che manda i duci
Al campo della fama. Alzarsi al Sole
L'aste, i scudi echeggiar: già non vedresti
Timor per mezzo all'oste andar vagando,
Quasi infetto vapor, che a loro appresso
Stava quel Re, ch'è lor fidanza e possa.
L'eroe di gioja sfolgorò nel volto
In mirar le sue genti: oh quanto, ei disse,
Di Morven mia m'è grato il suon: somiglia
Vento di boschi crollatore, o fiume
Rapido rotator d'argini e sponde;
Quindi è chiaro Fingallo, e in altre terre
Vola il suo nome: una sfuggevol luce
Nei perigli ei non fu, perché alle spalle
Sempre gli fur de' suoi guerrieri i passi.
Ma neppur io dinanzi unqua v'apparvi,
Qual terribile spettro, intenebrato
Di furor, di vendetta; ai vostri orecchi
Non fu tuon la mia voce, e gli occhi miei
Non lanciar contro voi vampe di morte.
Solo il mio sguardo i contumaci e alteri
Di mirar non degnava; il mio convito
Non s'imbandia per loro; e al mio cospetto,
Svanian qual nebbia all'apparir del Sole.
Or io di gloria v'appresento innanzi
Un giovinetto raggio358: ancora in guerra
Poche son l'orme sue, ma tosto io spero,
Alte le stamperà: quella dei padri
La sua forma pareggia; ed il suo spirto
È una facella dell'avita fiamma.
Miei fidi, il v'accomando; ah custodite
Di Clato il figlio dalla bruna chioma,
Difendetelo, o prodi, e lui con gioja
Riconducete al padre; egli star solo
Quinci innanzi potrà. Stirpe di Morni,
Movi dietro i suoi passi, e sprone e scorta
Siagli la voce tua: l'onore rammenta;
Hai chi t'osserva, o frangitor di scudi.
Disse; e di Cormo ver l'eccelsa vetta
Ei s'avviò; lento io seguialo; accorse
Gaulo; lo scudo rallentato pendegli
Dalla cintura: Ossian t'arresta ei grida359,
Legami al fianco questo scudo, il lega;
Vedrallo Alnecma, e crederà che ancora
Io rizzi l'asta: se cader m'è forza.360
Celisi la mia tomba; io senza fama
Deggio cader: ed Evircòma ascosa
Sia la mia morte; ella n'aria vergogna.
Fillan, sta sopra noi l'occhio del forte;
Ogni possa s'adopri: ah non si soffra
Che giù dal colle, per recar soccorso
Al nostro rotto e fuggitivo campo,
Scenda Fingallo: e sì dicendo ei vola.
La mia voce il seguì: sangue di Morni,
Tu morir senza fama? ah non temerlo.
Ma così va; le lor passate imprese
Sono all'alme de' forti un sogno, un'ombra;
E van pel campo della fama in traccia
Di novelli trofei, né da i lor labbri
Escon mai voci di baldanza e vanto.
Io m'allegrai nel rimirarlo; il giogo
Salii di Cormo, e al Re posimi a fianco.
Ecco gli opposti eserciti piegarsi
L'un contro l'altro in due ristrette file
In ripa al Luba: ivi Foldan torreggia,
Nembo d'oscuritade; indi sfavilla
La giovinezza di Fillan: ciascuno
Manda suono guerrier: Gaulo di Selma
Batte lo scudo: all'arme, al sangue: acciaro
Sopra l'acciar sgorga i suoi raggi: il campo
Mette un chiaror, qual di cadenti rivi,
Qualor da opposte irto-cigliute rupi
Escon mescendo le stridenti spume
Con fragor rovinoso. Eccolo, ei viene
Il figlio della fama: osserva, osserva,
Quant'oste atterra! o mio Fillan, d'ancisi
Tu semini i sentier; per te già i nembi
Traboccan d'ombre; ogni tuo passo è morte.
Fra due spaccati massi, a cui fean ombra
Querce intralciate co' fronzuti rami,
Stava Rotmàr, scudo d'Erina. Ei rota
Sopra Fillano l'oscurato sguardo,
E a' suoi sponda si fa. L'aspro conflitto
Vide Fingallo avvicinarsi, e tutta
L'anima gli balzò: ma quale appunto
Il gran sasso di Loda361, a cader fora,
Di Drumanardo dal ciglion petroso
Diradicato, allor che mille a prova
Imperversando tenebrosi spirti
Squassan la terra in lor furor, con tanta
Mole, con tal rimbombo il terren presse
Rotmar feroce dal ceruleo scudo.
Non lungi era Culmin362: proruppe in pianto
Il giovinetto di cordoglio e d'ira:
Ei con Rotmàr la prima volta avea
Curvato l'arco al natio fonte in riva,
E de' cervetti sul matin con esso
Seguia le traccie, e discopriane il letto.
Scontrarsi agogna con Fillano, e a colpi
Colpi mischiar: vampo menando inalza
L'acciaro, e l'aer fende, e fere il vento
Pria che Fillan: ma già l'assal. Che fai,
Figlio di Colallina363? a che ti scagli
Su quel raggio di luce? un foco è questo,
Foco distruggitor: garzon di Struta,
Mal accorto, t'arretra; i vostri padri
Non fur nel campo e nella zuffa uguali.364
Misera madre! in la romita sala
Siede, e col guardo sul ceruleo Struta
Pende inquieta: ecco repente insorgono
Sopra il torrente tortuosi turbini,
E mentre sibilando si travoltolano,
Nel vorticoso sen pallida pallida
Portano un'ombra: la ravvisa ed ulula
Lo stuol de' veltri; sanguinose gocciole
Tingon lo scudo: ah tu cadesti o figlio!
Misera madre! o cruda Erina! oh guerra!
Qual cavriolo a cui furtiva freccia
Il molle fianco trapassò, si scorge
Del rio sul margo palpitar prosteso:
Il cacciator che lo ferì s'arresta,
Né senza senso di pietà rimembra
Del piè di vento il saltellar vistoso;
Così giacea di Colallina il figlio
Su gli occhi di Fillan; l'onda corrente
Immolle e svolve le polite anella
Del biondo crine; e riga atra di sangue
Striscia lo scudo: ancor la man sostenta
L'acciaro; infido acciar! che al maggior uopo
Mai lo soccorse. Il buon Fillan lo sguarda
Pietosamente, e sventurato, ei grida,
Caduto se' pria che si udisse intorno
Risuonar la tua fama! il padre tuo
Mandotti al campo, e d'ascoltar s'attende
Tue chiare imprese: egli or canuto e fiacco
Forse ti chiama, e ver Moilena ha 'l guardo.
Invan! che tu non torni a consolarlo,
Carco di spoglie di nemici ancisi.
Disse; e fuga, terror, scompiglio, e morte
Segue a sgorgar sulla smarrita Erina.
Ma d'altra parte rovesciato e infranto
Cade uom sopr'uom dall'infocata rabbia
Del feroce Foldan, ch'oltre sul campo
Delle sue squadre sospingea la piena,
Forte rugghiando: ad arrestarne il corso
Mosse Dermino, e a lui strinsersi intorno
Di Cona i figli: ma spezzò Foldano
Lo scudo al duce, e i suoi guerrier n'andaro
O spenti o spersi. Allor gridò quel fero
Nell'odiosa sua burbanza: ho vinto,
Morven fuggì; va la mia fama al cielo.
Vattene, o Malto, ed a Catmòr comanda:
Guardi il sentier che all'oceàn conduce,
Perché Fingallo dal mio brando invitto
Non si sottragga; a terra ei debbe, a terra
Cader per esso: appo un cannoso stagno
Abbia la tomba; ma di lode e canto
Perda la speme; inonorato ei mora,
Ed il suo spirto per la pigra nebbia
Ravviluppato si dibatta invano.
Malto l'udì senza far motto, e solo
Sorgeagli in volto a quel superbo vanto
Disdegnosa dubbianza: alza lo sguardo
Verso Fingallo, indi a Foldan lo torce
Bieco; sorride amaramente, e muto
Volgesi, e immerge entro la zuffa il brando
Di Clono intanto nell'angusta valle,
Ove due querce sul ruscel son chine,
Di Dutno il figlio taciturno e fosco
Stava nel suo dolor: spicciava il sangue
Dalla trafitta coscia, appiè spezzato
Giace lo scudo, inoperosa a un masso
Posa la lancia; a che, Dermin365, sì mesto?
Odo il rugghiar della battaglia: e sole
Son le mie schiere: vacillanti a stento
Traggo i miei passi e non ho scudo: ah dunque
Fia che vinca costui? no, se pria basso
Non è Dermin, non vincerà: Foldano
Ti sfiderò, t'affronterò. La lancia,
Isfavillando di terribil gioja,
Prende; ma Gaulo ecco già vien. T'arresta
Figlio di Dutno, onde tal fretta? il sangue
Segna i tuoi passi: ov'è lo scudo? inerme
Dei tu cader? Signor di Strumo, ei disse,
Dammi lo scudo tuo: spesso ei travolse
Piena di guerra, nel suo corso al fero
Farommi incontro. Alto campion, non vedi
Quella pietra colà, che il grigio capo
Sporge tra l'erba? ivi riposa un duce
Del ceppo di Dermin366: colà già spento
Ponmi a dormir nella perpetua notte.
Sale ei sul poggio lentamente, e mira
Lo scompigliato campo: erran qua, la
Le della zuffa scintillanti file
Diradate, spezzate. In notte oscura
Qual è a mirar su piaggia erma lontano
Foco che al variar d'instabil vento
Varia d'aspetto: or tu lo vedi assorto
Fra globi atri di fumo, ora lo scorgi
Rigurgitar con tortuosi slanci
La rossa rapidissima corrente;
Tale affacciossi di Dermino al guardo
La variata mischia. All'oste in mezzo
Campeggia il passo di Foldan, qual vasta
Mole di nave, che in orribil verno
Di mezzo a due scogliose isole opposte
Spuntarsi scorge, e balzellon sull'onde
Va il mar sopposto a soverchiar. Dermino
Furibondo l'adocchia, e già si scaglia
Entro la zuffa, ahi! ma vacilla; e grossa
Cade dall'occhio del guerrier dolente
Lagrima di dispetto. Allora il corno
Suonò del padre, ed il cerchiato scudo367
Ben tre volte colpì, tre volte a nome
Chiamò Foldan ferocemente. Udillo
Foldan con gioja, e sollevò la lancia
Sanguinosa, feral: qual masso alpestre
Mostra in tempesta i rugginosi fianchi
Segnati a strisce di correnti rivi;
Cotal movea contro Dermino audace,
Tutta strisciata di grondante sangue
La forma spaventevole di Moma.
Da un lato e l'altro si ritrasse l'oste
Dal conflitto dei duci: alzansi a un punto
Le scintillanti spade, e già... ma tosto
Fillano si precipita, ed accorre
Alla zuffa inegual; tre passi a retro
Balzò Foldan che abbarbagliollo il vivo
Raggio, che qual da nube uscìo repente
L'eroe ferito a ricattar: dell'atto
Ebbe onta il truce, e di rabbioso orgoglio
Ebro avanzossi, e chiamò fuora all'opra
Quanto avea possa nell'esperto acciaro.
Qual due talor di spaziose penne
Aquile alto-volanti a giostrar vanno
Per le piagge dei venti, onde del cielo
La vasta solitudine rimbomba;
Tai s'avventar l'un contro l'altro i duci
Sopra Moilena. In sulle opposte rupi,
Dei due gran Re che si sedeano a fronte
Involontari a cotal vista i passi
Quinci e quindi avanzarsi, allora appunto
La buja zuffa, allor parea che stesse
Già per calar sulle taglienti spade.
Segreta gioja ricercar le vene
Sentì Catmor, gioja d'eroi, qualora
Sorge periglio a lor grand'alme eguale.
Sul Luba no, ma ben sul Mora ha fitto
L'avido sguardo, che di là s'ergea
Maestoso e terribile a mirarsi
Del re di Selma il signoril sembiante.
Ecco riverso sul ceruleo scudo
Foldano stramazzò. Fillan coll'asta
Passagli il sen, né a risguardar si volge
Sopra l'estinto; oltre si spinge, e rota
Onda di guerra. Sorgono le cento
Voci di morte368. Il frettoloso passo,
Figlio di Clato, arresta; ohimè! non vedi
Isfavillar quella terribil forma,
Fosco segno di morte?369 ma il re d'Alnecma
Non destar in tuo danno; assai facesti,
Prode garzon, fa' che ti basti; arresta.
Vide Foldan giacente, e fosco appresso
Stettegli Malto; ira e rancor dall'alma
Gli s'era sgombro: ei somigliava a rupe
Là nel deserto, in sul cui negro fianco
Sta l'umidor di non rasciutte stille,
Poiché la basso-veleggiante nebbia
Lasciolla scarca, e gli alberi riarsi
Restaro al vento. Con pietosi accenti
Al moribondo eroe tenne parole
Dell'oscura magion. Dì, la tua grigia
Pietra alzerassi nella verde Ullina,
Oppur di Moma in la selvosa terra,
Ove risguarda di soppiatto il Sole
Sul ceruleo Dalruto? ivi s'aggira,
Mentre a te pensa, il solitario passo
Di Dardulena tua370. La mi rimembri,
Disse Foldan, perché di figli privo
Garzon non lascio371, che l'acciaro impugni
Per vendicar l'ombra paterna? Malto
Già vendicato io son: pacata in campo
Non fu, tu 'l sai la destra mia: d'intorno
Al mio angusto abituro alza le tombe
Di quei ch'io spensi: ecco le mie vendette.
Io dal mio nembo scenderò sovente
Per visitarle, e mi fia vanto e gioja
Vederle a cerchio coi muscosi capi
Far corona al mio sasso, e la folt'erba
Crescervi sopra e sibilar sul vento.
Disse, e 'l suo spirto rapido si spinse
Alle valli di Moma, e venne ai sogni
Della diletta Dardulena. Appunto
Tornata allor dalle cacciate damme
Lungo la ripa di Dalruto erbosa
Dormia la bella; rallentato l'arco
Stavale accanto, e il candidetto seno
Co' bei flagelli della lunga chioma
Leve leve battea scherzosa auretta.
In cotal atto rivestita e sparsa
Di sua fiorita giovenil beltade
Giacea la verginella, amor d'eroi.
Venne dal bosco, e verso lei curvossi
Torbido il padre: ampia ferita ha in petto;
Si mostrava talor, talora avvolto
Fra la nebbia svania, scoppianti lagrime
Rupperle il sonno; ella s'alzò, conobbe
Ch'era basso il guerrier; poscia a colpirla
Venne un baleno dal paterno spirto,
Che sovra i nembi suoi correa sublime,
E ferilla una voce: ultima adesso,
O Dardulena dall'azzurro sguardo,
Dell'altera tua schiatta ultima sei.
Già fugge Bolga; e di confuse grida
Già Luba echeggia: a scompigliar le squadre
Su i loro passi rapido anelante
Pende Fillan; sparso di morti è il suolo.
Sulle prodezze dell'amato figlio
Gioìa Fingallo: alfin Catmorre alzossi,
Il possente Catmòr.372 Figlio d'Alpino,
Qua qua, recami l'arpa, al vento spargi
La gloria di Fillano, alto solleva
Il nome suo finché sfavilla ancora.373
Vieni al prato
Luce nemica al suo chiaror non dura;
Ohimè! più nol mirar - ch'egli s'oscura.374
Piega l'arco, e scocca al vento,
Contro il suo fianco la guerra si volve,
Egli qual turbo le schiere travolve,
Rugge la mischia, la piena ingrossa,
Egli rotasi, e 'l campo arrossa:
Alto il piede nel sangue passeggia,
L'occhio folgora, e morte lampeggia.
Dillo un irato spirito del cielo,
Che del nembo
E scende con furor: scosso l'oceàno
Vampa feral n'arde i vestigi; e l'isole
Sul trabalzato mar.375