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Melchiorre Cesarotti
Poesie di Ossian

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Testo

 

Canto una storia antica435: a che dell'aria

Peregrina invisibile gentile,

Che ti trastulli col velluto cardo,

A che, placida auretta, abbandonasti

D'Ossian436 l'avido orecchio? io non ascolto

Tintinnio d'arpa e non garrir di rivo.

Cacciatrice di Luta,437 ah vieni, e l'alma

Col suon leggiadro al buon cantore avviva.

A te guardo, o Loclin, guardo al solcato

Golfo d'Utorno, ove Fingal discese

Dall'oceàn, mentre ruggiano i venti.

Pochi del duce nell'estrania terra

Sono i seguaci. Il fero Starno invia

L'abitator di Loda, onde al convito

Fingallo inviti: ma i trascorsi fatti

L'Eroe rimembra, e di giust'ira avvampa.

Non fia giammai che né Gormàl, né Starno

Vegga Fingallo: su quell'alma atroce

Errano tetre immagini di morte,

Come d'autunno nugoloni oscuri.

Poss'io scordarmi la vezzosa figlia

Di quel padre crudel?438 Cantor di Loda,

Va va: Fingallo il suo parlar non prezza

Più che fischio di nembo. O Dumaruno439

Braccio di morte, o del ferrato scudo

Signor, Crommaglo, o pro' Strummòr, ch'esulti

Nelle battaglie; e tu Cormar di cui

Guizza sull'onde il baldanzoso legno

Come rosso vapor di nube in nube;

Eroi, stirpe d'eroi, sorgete, e cerchio

Fate al Re vostro: questa estrania terra

Provi la nostra possa; ognun risguardi

L'avito scudo, e 'l gran Tremmorre imiti

Guidator di battaglie. O dal tuo ramo,

Ove pendi lassù misto coll'arpe,

Scendi mio scudo; o questa onda travolvi

Che ci sta sopra, o meco giaci in terra.

Tutti s'alzar, né voce uscio, ma rabbia

Parla nei loro volti, afferran l'aste,

Han le lor alme in sé raccolte: alfine

S'alzò repente dei percossi scudi

Un lungo consonar: ciascun dei duci

N'andò al suo poggio: disugual susurro

S'udia di canto tra 'l buffar dei venti.440

Rifulse ampia la luna. Armato innanzi

Fessi il gran Dumaruno, egli che venne

Già dall'alpestre Cromacarno, il torvo

Cacciator del cignale: ei sparse all'aura

Le vele sue verso Cruntormo ondosa,441

Quando un frequente rintronar di corno

Scosse i suoi boschi: in perigliosa caccia

Ei fra' nemici442 isfavillò: spavento

Al tuo gran core, o Dumaruno, è ignoto.

O figlio di Comallo, io, disse, i passi

Moverò per la notte, a spiar pronto

Le mosse di Loclin: scorgomi a fronte

Svarano, e Starno dei stranier nemico;

E non senza cagion curvansi innanzi

La Pietra del Poter. Ma s'io non torno,

La sposa mia siede solinga e mesta

Nella magion paterna, ove a scontrarsi

Vanno con l'onde due frementi rivi,

Di Crammocraulo443 nella piaggia ombrosa

Che sopra ha verdi colli, e 'l mar dappresso.

Va lungo il lito il mio Candòna444 errando,

E con vaghezza fanciullesca intento

Nella strillante folaga s'affisa.

Fingallo, e sposa io t'accomando e figlio:

Tu lei conforta, ed a Candòna arreca

Il teschio del cignal445, fa ch'egli apprenda

Quanta gioia inondasse il sen del padre,

Quando d'Itorno il setoloso mostro

Sull'asta sua rotò confitto. O prode,

Fingal riprese, i padri miei rammento,

E vo' per l'onde ad imitargli inteso.

Non fu tra lor che d'un periglio ad altri

L'onor cedesse; dei nemici in faccia

Freddo timor non mi germoglia in petto,

Benché le spalle mi ricopra e sferzi

Chioma di gioventù: no no, t'arresta,

Duce di Crammocraulo, il campo e' mio.

Disse, ed armato si slanciò d'un salto

Oltre il rivo di Turtoro, che lungi

Manda di notte un violento rugghio

Là di Gormàl per la nebbiosa valle.

Isfavillante della luna il raggio

Fiedea le balze; a quel chiaror rifulse

Leggiadra forma; di Loclin donzella

La scopriano le vesti; ondeggia il crine,

Biancheggia il petto, disuguali e brevi

Sono i suoi passi; uno spezzato canto

Lancia sul vento, ad or ad or dibatte

Le bianche braccia, e si contorce: angoscia

Par che in quell'alma desolata annidi.

O Torcutorno446 dall'antico crine,

Ella cantò, dove t'aggiri? intorno

Forse al Lula paterno? ah tu cadesti

Lungo le sponde de' tuoi rivi, o padre

Dell'infelice Conbacarla afflitta.

Cadesti sì, ma pur talor ti scorgo

Presso le sale spaziar di Loda,

Quando la notte colla larga vesta

Fosco-faldata al muto ciel fa velo.

Talor pur anco il tuo ferrigno scudo

La Luna affronta, e ne l'adombra: io scorgo

Il suo bujo avanzantesi: per l'aria

Tu veleggi su i venti, e tu nel foco

Delle meteore per la notte accendi

Il lungo crin, che ne divampa e striscia.

Or perché me nella mia grotta oscura

Scordi mesta e solinga? Ah dalle sale

Del poderoso Loda un guardo, o padre,

Volgi che mi conforti, e pietà prendi

Dell'infelice Conbacarla afflitta.

Chi sei? Fingal domanda: Ella tremante

S'arretra. Oh chi sei tu, l'Eroe riprende,

Voce notturna? Ella pur teme, e muta

Si rannicchia nell'antro. A lei s'accosta

Fingallo, e 'l cuoio annodator discioglie

Dalla candida mano: indi novella

Chiede de' padri suoi. Presso il torrente

Di Lula, essa incomincia, avea soggiorno

Torcutorno di Cratlo; aveal, perch'ora

Ei va scuotendo la sonante conca

Nella sala di Loda: armato incontro

Feglisi Starno di Loclin; pugnaro:

Lungo e fero conflitto! alfin pur cadde

Torcutorno mio padre. Io dalla rupe

Scendea, coll'arco nella man del sangue

Di saltellanti cavrioli intriso,

E rannodava la scomposta chioma

Scherzo de' venti: odo un rumor; protendo

Gli occhi, mi s'alza il molle sen, m'avvio

Per iscontrarti, amato padre. Ahi lassa!

Starno era questi, il truce re: rota egli

Sopra di me gli occhi di bragia, ombrati

Dall'ondeggiante setoloso ciglio,

Gioja atroce spiranti. Ov'è mio padre,

Dissi già sì possente447?... ah tu sei sola

Fra' tuoi nemici, dolorosa figlia

Di Torcutorno. Ei per la man m'afferra,

Scioglie le vele e me piagnente in questa

Grotta nasconde. Ad or ad or si mostra

Quasi infetto vapor448, lo scudo a fronte

M'alza del padre mio: ma pur talvolta

Passa quinci oltre a serenarmi un vago

Raggio di giovinezza: o raggio amato,

Tu solo alberghi in questo cor dolente.

Vaga figlia di Lula, a te soprasta

Nembo segnato di focose striscie,

Disse Fingallo: eh, di guardar tralascia

La fosca luna, o le meteore ardenti449.

L'acciar mio ti sta presso, e l'acciar questo

Non è del fiacco, né dell'alma oscura.

Vaghe donzelle in tenebrosa grotta

Non si chiudon tra noi, nodi tenaci

Non fanno oltraggio a bianca man gentile;

Gaje in Selma si curvano sull'arpa

Le vergini d'amor, né la lor voce

Per la deserta piaggia invan si sperde.

Fingal più oltre s'avanzò sin dove

Di Loda balenavano le piante

De' venti al soffio scotitor; tre pietre

V'ergon muscosi capi; indi un torrente

Carco di spuma rotolon si versa;

E terribile rotasi d'intorno

La rosso-fosca nuvola di Loda.

Fuor dagli orli di quella, incognita ombra,

Sformata in forma di nebbioso fumo450,

Traguarda, e manda un'interrotta e roca

Voce, che 'l rugghio del torrente avanza.

Lì presso appiè d'una sfrondata pianta

Stanno curvi due re, Svarano, e Starno

Nemico dei stranieri, a corre il sacro

Misterioso suon: s'appoggian quelli

Su i loro scudi, han tese l'aste; il nembo

D'oscurità stride di Starno intanto

Per la folta del mento ispida chioma.

Udiro i passi di Fingallo, alzarsi

Nell'arme lor; va', disse Starno, atterra,

Svaràn; colui che 'l temerario passo

Osa inoltrar, prendi il paterno scudo,

Egli è rupe di guerra. Ei move, e scaglia

L'asta raggiante; ella restò confitta

Nell'albero di Loda: allora entrambi

Trasser la spada e s'azzuffar. L'acuta

Lama di Luno451 in mezzo a' cuoi si spinge

Del brocchier di Svaran; quei cade, infranto

Cade per l'elmo: il sollevato acciaro

Fingallo arresta452: disarmato ignudo

Stette Svaràn, ne freme, i muti sguardi

Ei rota, al suol getta la spada453, e lento

Lungo il torrente s'incammina e fischia.

L'adocchiò Starno, e furibondo in atto

Volse le spalle: atro-velluto il ciglio

Vedi ondeggiar sull'addensata rabbia

Che gli scoppia dal guardo; egli di Loda

Contro l'albero avventasi coll'asta,

E s'avvìa borbottando: entrambi all'oste

Vennero di Loclin, d'orgoglio e d'ira

Ambi bollenti, frementi, spumanti

Come duo rivi in rovinosa pioggia.

Alla pioggia di Tùrtoro frattanto

Tornò Fingallo: d'oriente il raggio

Vivido sorse, e tra le man del Duce

Riverberò sulle Loclinie spoglie.

Bella dalla sua grotta uscì la figlia

Di Torcutorno: il crin raccoglie, ed alza

La sua rozza canzon, canzon che spesso

Sonar s'udìa nelle paterne sale

Fra le conche di Lula. Ella di Starno

Vide lo scudo sanguinoso; in volto

Le sorrise la gioja, e già... ma l'elmo

Vede anco infranto di Svaràn, s'arretra,

S'asconde impallidita454; ah tu cadesti,

Speme di questo cor, cadesti, ed io...!455

Utorno, alpestre Utorno,

Che sull'onde soggette alzi la fronte,

La Luna

S'imbruna

Dietro i folti tuoi boschi: in su la vetta

Delle tue balze siede

La nebulosa,

La spaventosa,

Abituro inamabile dell'ombre,

La magion di Crulloda,456

La negra Loda

Della funesta intenebrata sala:

Per lo tetto,

Per li fianchi

Vampeggiano,

Volteggiano

Vario-pinte meteore a torme a torme,

E vi stampan focose orribili orme.

Vedo Crulloda, il vedo

Benché tra i globi di sua nebbia involto:

Il rugginoso volto

S'affaccia allo sportel, cingonlo i tetri

Sformati spetri; - ei colla destra afferra

Scudo di guerra; - la sinistra ha innante

Conca sonante. - Egli la scote e stende

A chi più splende - nell'orror guerriero,

E va più nero - d'atro sangue ostile.

Ma tra Crulloda e 'l vile

Si frappone il suo scudo, e ne lo scosta,

Di rapprese tenebre orrida crosta.

Gaja qual arco457

Che poi ch'è scarco

Di pioggia, il cielo

Ne pinge il velo

D'un bel balen;

Vien la di Lulla

Vaga fanciulla

Dal bianco sen.

..............458





435 - Il titolo del poema, Cath-loda, significa la battaglia di Loda.



436 - Ossian è sempre ghiotto di suono. È naturale di chi è privo d'un senso, brami tutt'ora di risarcirsi coll'altro.



437 - Parla a Malvina.



438 - Aganadeca, figlia di Starno, uccisa dal padre per aver discoperta a Fingal la cospirazione contro la sua vita. Fing. c. III



439 - Duth-maruno è un nome assai famoso nella tradizione, benché i poemi che descrivevano le sue imprese sieno perduti.



440 - Tutto ciò dinota un raccoglimento feroce per la guerra, e una specie d'invocazione ai morti.



441 - Crunthormod, una delle Orcadi, o isole di Shetland.



442 - Chiamerà forse nemici i capi di Crunthormod, come dipendenti dal re di Loclin, che generalmente erano nemici dei Caledonj: o forse nella caccia si sarà appiccata una zuffa. In ogni modo il luogo allude ad una impresa gloriosa di Duthmaruno, benché non spieghi chiaramente quale fosse.



443 - Duthmaruno abitava al nord della Scozia in quella parte ch'è al dirimpetto delle isole Orcadi.



444 - Cean-daona, il figlio di Duthmaruno. Dopo la morte di Fingal egli divenne famoso nelle spedizioni di Ossian. Nella tradizione viene chiamato Candona dai cignali; il che mostra che si distinse in quel genere di caccia che gli vien raccomandato dal padre.



445 - Dovea dunque il padre averlo conservato in qualche modo, e portato seco nelle guerre come un trofeo.



446 - Torcul-torno, secondo la tradizione, era re di Crathlun, nel distretto della Svezia, presso il fime Lulan. Avendo questi invitato amichevolmente in casa sua Starno di Loclin, i due re coi loro seguaci andarono a caccia, ed essendo sbucato dal bosco un cignale fu tosto ucciso da Torcultorno. Parve a Starno che con ciò fosse violato il privilegio degli ospiti, i quali erano sempre onorati, come si esprime la tradizione, col pericolo della caccia. Tanto bastò perché quel feroce appiccasse zuffa, in cui Torcul-torno, co' suoi restò disfatto ed ucciso. Starno continuando la sua vittoria devastò il distrtto di Crathlun, e giunto alla residenza di Torcul-torno, ne menò schiava Conban-carglas figlia del suo nemico, e la confinò in una grotta presso il palagio di Gormal, ove di cordoglio impazzì.

Questo è il canto di Conban-carglas, che si lagna della morte del padre e della sua miseria.



447 - La donzella presentì tosto che il padre era stato ucciso da Starno.



448 - Intende parlar di Svarano, di cui s'era innamorata nella sua prigionia.



449 - Allude a ciò che diceva Conban-carglas nel suo soliloquio intorno l'ombra di Torcul-torno, cercandola per l'aria, come per ottenere soccorso.



450 - Il fantasma di Odino.



451 - La spada di Fingal



452 - Fingallo, pago della vittoria, non cerca mai la morte del vinto



453 - Confessando dispettosamente di aver vinto.



454 - Credendolo ucciso



455 - Qui pure una parte dell'originale è perduta.



456 - Sembra che in Utharno vi fosse un informe tempio di Odin, venerato con orrore da quegli isolani.



457 - Dal seguente squarcio lirico, che si riferisce a Conbancarglas si raccoglie ch'ella morì forse per l'appresa morte di Svarano. Convien dire che costei avesse una furiosa fretta di morire; se tardava un momento, Fingal poteva disincantarla con una parola.



458 - Manca il restante del canto…






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