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Melchiorre Cesarotti
Poesie di Ossian

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Testo

 

Ove sei, regio figlio? e che trattienti?

Esclama Dumaruno: ohimè! cadesti

Forse, o di Selma giovinetto raggio?

Egli non riede: ah perché tarda? albeggia

Sopra Utorno il mattino; il sol la nebbia

Punge co' rai: su su, guerrieri, alzate

Gli scudi al mio cospetto: il re non debbe

Cader come vapor, che il ciel lambendo,

Orma in bosco non lascia. Eccolo, lo veggo,

Ei viene, ei vien qual aquila sonante

Dal conflitto dei venti; in mano ei porta

Le spoglie di Loclin: per te, Fingallo,

Eran nostr'alme intenebrate e meste.

Dumaruno, ei rispose, a noi dappresso

Fansi i nemici; escono fuor quasi onde;

Che per la nebbia ad or ad or fan mostra

Di lor cime spumose; il peregrino

Si rannicchia tremante, e non sa dove

O celarsi o fuggir. Ma noi tremanti

Peregrini non siam: figli d'eroi,

Ora è d'uopo d'acciaro: alzar la spada

Dovrà Fingallo? o de' miei duci alcuno

La guerra condurrà? De' padri i fatti,

Soggiunse Dumaruno, ai nostri passi

Scorta e lume son sempre. Ancor che involto

Entro la fosca nuvola degli anni,

Pur si scorge Tremmòr: fiacca non era

L'anima dell'Eroe; né fatti oscuri

Per quel lucido spirto ivano errando.

Da cento poggi lor, da cento rivi

Mossero un tempo a Colgacrona459 erboso

Le morvenie tribù; ciascuna avea

Alla testa il suo duce, e ciascun duce

D'esser pretende il condottier; le spade

Snudano a mezzo, rotano gli sguardi

Rossi d'orgoglio; l'un dall'altro irati

Stanno in disparte, e dispettose voci

Van bisbigliando: io cederò? qual dritto?

Perché? fur pari i nostri padri in guerra.

Tremmorre era co' suoi: sferzava il tergo

Giovenil crine, e maestade ha in volto.

Vide i nemici avvicinarsi, e cruccio

L'alma gli strazia; le dannose gare

Cerca acchetar con provido consiglio;

Vuol che ciascun dei duci alternamente

Guidi le squadre. Le guidar, fur vinti:

Scese Tremmorre alfin, le schiere al campo

Guidò pur esso; gli stranier fuggiro.

S'affollaro i guerrieri, e cerchio intorno

Fero al campione, e d'esultanza in atto

Picchiar gli scudi. Allor la prima volta

Dalla regal sala di Selma usciro

Le voci del poter460: pure a vicenda

Negli scontri minor soleano i duci

Spiegar vessillo: ma qualor gagliardo

Sorgea periglio, rispettosi e presti

Correano al re, né vi correano indarno;

Ch'era lo stesso a lui vittoria e pugna.

E ben, disse Crommàglo, assai son chiare

Le avite gesta: ma chi fia che innanzi

L'occhio del Re l'asta sollevi?461 ingombra

Nebbia colà quei quattro poggi oscuri;

Per mezzo ad essa ogni guerrier colpisca

Lo scudo; forse entro quel buio i spirti

Scender potriano, e destinarci al campo.

Salse ognuno il suo poggio: il suon dei scudi

I cantori notar; suonò più forte,

Dumaruno, il tuo cerchio; or va, sei duce.

Come precipitose e sonanti onde

Vien la schiatta d'Utorno; è Starno innanzi

E 'l pro' Svaran: sopra i ferrati scudi

Tendono il guardo, come suol talvolta

Crulloda occhi-focoso, allor che il capo

Sporge dagli orli d'offuscata Luna,

E veste il ciel di sue ferali insegne.

Appo il ruscel di Tùrtoro i nemici

Scontrarsi: si sollevano, s'affrontano

Quai flutti accavallantisi; i sonanti

Colpi meschiarsi: volano nell'alto

Di schiera in schiera orride morti: i campi

Sembran due nembi grandinosi il seno,

Nelle cui falde avviluppati e attorti

Sbattonsi i venti: in giù piomba confuso

Il rovinio delle piovose stroscie

Con accoppiato rugghio, il mar percosso

Ne sente il pondo, e si rigonfia, e sbalza

Zuffa d'Utorno, orrida zuffa, e come

Narrerò le tue morti? Ora tu stanzi

Cogli anni che passaro, e sul mio spirto

La tua memoria inaridisce e sfuma.

Starno pugnò, pugnò Svarano; entrambi

Sgorgan furor: ma paurosa, o fiacca

Non è la man di Dumaruno: il brando

Rota, incalza Loclin, l'ancide o sperde.

Ne fremettero i regi: un rancor cupo

Rode i lor cori, alle fuggenti schiere

Torcono il guardo inferocito. Il corno

Squilla di Selma, d'Albion selvosa

Tornano i figli al noto suon; ma molti

Sulle ripe di Turtoro prostesi

Molti eroi di Loclin lascian nel sangue.

O di cignali cacciatore, o duce

Di Cromacarna, il Re gridò, non senza

Sanguigne spoglie e generosa preda

Veggo l'aquila mia tornar dal campo.

Palpiterà di gioia il bianco petto

Della vaga Lanilla462, e a' tuoi trionfi

Candona tuo s'allegrerà. Colgormo,

Riprese il Duce, di mia stirpe il primo

Sen venne ad Albion. Colgormo il prode

Solcator dell'oceano. Egli in Itorno

Il fratello trafisse, e de' suoi padri

La terra abbandonò463: tacito ei scelse

Presso l'alpestre Crammocraulo il luogo

Del suo soggiorno; bellicosa stirpe

Da lui discese, uscì ciascuno in campo,

Ma ciascun vi perì; quella ferita

Che loro uccise, è mio retaggio. Ei trasse

Dal suo fianco uno stral, pallido cadde

Su straniero terren: ma l'alma a volo

Levossi, e i padri a visitar sen corse

Nella lor tempestosa isola: ei gode

Là d'inseguir col suo dardo di nebbia

Nebulosi cignali. A quella vista

Stettero i duci taciturni immoti

Quasi pietre di Loda; il peregrino

Per lo dubbio chiaror di fioca luce

Le scorge, e veder crede alte ombre antiche

Meditanti fra lor future guerre.

Notte scese in Utorno. I guerrier foschi

Stan pure in doglia, non curando i nembi

Che lor fischian fra i crini; alfin s'udio

Del pensoso Fingallo uscir la voce.

Chiama Ullino dall'arpe, e ad esso impone

Di sciorre il canto.464 Non vapor cadente

Fu già l'eroe di Crammocraulo; egli era

Sole possente allumator del cielo,

Che nella forza de' suoi raggi esulta.

Ullino, i nomi de' suoi padri appella

Dai lor foschi soggiorni. - Itorno, Itorno,

Il cantor cominciò, che torreggiante

Al mar sovrasti, e perché mai sì fosco

D'ocean tra la nebbia il capo ascondi?

Dall'acquose tue valli uscio la forte

Al paro delle rapide possenti

Aquile tue d'infaticabil penna,

La stirpe dell'intrepido Colgormo,

Delle sale di Loda abitatrice.

Nell'isola di Tormo il poggio ondoso

S'alza di Larta, che il boscoso capo

Ama chinar sopra una cheta valle.

Colà di Cruro alla spumosa fonte

Rurma abitava, cacciator ben noto

Di setosi cignali; era sua figlia

Strinadona gentil, candida il seno,

Meraviglia a veder. Molti possenti

Re, molti eroi di ferrei scudi, e molti

Garzon di lunga inanellata chioma

Venner di Rurma all'echeggianti sale,

Per vagheggiar la maestosa e vaga

Cacciatrice di Tormo: invan, tu volgi

Freddo su tutti e trascurato il guardo,

Strinadona gentil, candida il seno.

S'ella movea lungo la piaggia il passo,

Vincea il suo petto al paragon la bianca

Mollissima lanugine di cana465;

S'iva sul lito ondi-battuto errando,

Del mar la spuma nel candor vincea:

Due stelle erano gli occhi, era la faccia

Gaja e ridente, come il vivid'arco

Del ciel piovoso; i nereggianti crini

Per lo volto ondeggiavano, quai spesse

Nubi fosco-rotantisi: tu sei

L'abitatrice dei leggiadri cori,

Strinadona gentil, candida il seno.

Venne Colgormo l'occhi-azzurro, e venne

Colculsura possente: i due fratelli

Lasciaro Itorno, d'ottener bramosi

Il bell'astro di Tormo: ella mirogli

Ambi nell'arme rilucenti, e tosto

Le si fisse in Colgormo il guardo e 'l core:

Ei suo pensiero, ei sogno suo. Comparve

L'occhio notturno d'Ulloclina466, e vide

Della donzella il tenero sospiro,

L'alzar del seno, e 'l volteggiar del fianco.

Muti i fratelli per gelosa rabbia

Aggrottaron le ciglia, e minacciose

Dei torbid'occhi si scontrar le vampe.

Volgonsi altrove, si rivolgon tosto,

Batton lo scudo, e sugl'ignudi acciari

Stanno le destre di furor tremanti.

Pugnar: dubbia è la pugna; alfin nel sangue

Colculsùra cadeo. Fremè di sdegno

L'antico padre, e discacciò Colgormo

Lunge da Itorno, onde ramingo errasse,

Scherzo dei venti. Egli il suo seggio elesse

Nello scoglioso Crammocraulo, in riva

Di straniero ruscel; ma non è solo

In sua tristezza il re dolente; appresso

Stagli di Tormo l'amorosa stella

Strinadona diletta, e lo conforta.

……………..467





459 - Nella valle di Crona, verso il nord del vallo d'Agricola: dal che può raccogliersi, che i nemici de' Caledonj fossero Romani, o Britanni della provincia.



460 - Cioè: allora per la prima volta il capo di Selma acquistò un'autorità regia sopra i Caledonj.



461 - Crommaglas mostra di non credere che il presente pericolo fosse bastevolmente degno di Fingal, e che perciò avesse luogo la prima istituzione di Tremmor.



462 - Lanul, la sposa di Duthmaruno.



463 - La sua istoria è riferita diffusamente più sotto in questo medesimo canto.



464 - Parole di Fingal.



465 - La cana è un certo genere d'erba che cresce copiosamente nelle paludi del nord. Il suo gambo è del genere cannoso, e porta un fioco di piuma che somiglia molto al cotone: esso è eccessivamente bianco, e perciò spesso introdotto dai bardi nelle similitudini intorno alla bellezza delle donne.



466 Ul-loclin, la guida a Loclin, nome di una stella. Così troviamo in altri luoghi Ul-erin, la guida all'Irlanda.



467 - Manca il restante del canto.






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