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Melchiorre Cesarotti
Poesie di Ossian

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Testo

 

Di Tura accanto alla muraglia assiso,

Sotto una pianta di fischianti foglie

Stavasi Cucullin1: lì presso, al balzo

Posava l'asta; appiè giacea lo scudo.

Membrava ei col pensiero il pro' Cairba

Da lui spento in battaglia; allor che ad esso

L'esplorator dell'ocèan sen venne,

Moran figlio di Fiti. Alzati, ei disse,

Alzati, Cucullin: già di Svarano

Veggo le navi; è numerosa l'oste,

Molti i figli del mar. Tu sempre tremi,

Figlio di Fiti, a lui rispose il duce

Occhiazzurro d'Erina2, e la tua tema

Agli occhi tuoi moltiplica i nemici.

Fia forse il re de' solitarj colli,3

Che a soccorrer mi vien. No, no, diss'egli,

Vidi il lor duce; al luccicar dell'arme,

Alla quadrata torreggiante mole

Parea masso di ghiaccio: asta ei solleva

Pari a quel pin che folgore passando

Disfrondato lasciò: nascente luna

Sembra il suo scudo. Egli sedea sul lido

Sopra uno scoglio, annubilato in volto,

Come nebbia sul colle. O primo, io dissi,

Tra' mortali, che fai? son molte in guerra

Le nostre destre, e forti: a ragion detto

Il possente sei tu; ma non pertanto,

Più d'un possente dall'eccelsa Tura

Fa di sé mostra. Oh, rispos'ei, col tuono

D'un'infranta allo scoglio, e mugghiante onda,

Chi mi somiglia? al mio cospetto innanzi

Non resistono eroi; cadon prostrati

Sotto il mio braccio. Il sol Fingallo, il forte

Re di Morven nembosa4, affrontar puote

La possa di Svaran. Lottammo un tempo

Sui prati di Malmorre5, e i nostri passi

Crollaro il bosco; e traballàr le rupi

Smosse dalle ferrigne ime radici;

E impauriti alla terribil zuffa

Fuggir travolti dal suo corso i rivi.

Tre dì pugnammo, e ripugnammo; i duci

Stetter da lungi, e ne tremàr. Nel quarto

Vanta Fingàl, che 'l re dell'oceàno

Cadde atterrato; ma Svaran sostenta

Ch'ei non piegò ginocchio, e non diè crollo

Or ceda dunque Cucullino oscuro

A lui, che nell'indomita possanza,

L'orride di Malmor tempeste agguaglia.

No, gridò il duce dal ceruleo sguardo,

Non cederò a vivente: o Cucullino

Sarà grande, o morrà. Figlio di Fiti,

Prendi la lancia mia; vanne, e con essa

Batti lo scudo di Cabar6 che pende

Alla porta di Tura: il suo rimbombo

Non è suono di pace; i miei guerrieri

L'udiran da' lor colli. Ei va; più volte

Batte il concavo scudo: e colli, e rupi

Ne rimbombaro, e si diffuse il suono,

Per tutto il bosco. Slanciasi d'un salto

Dalla roccia Curan; Conallo afferra

La sanguinosa lancia; a Crugal forte

Palpita il bianco petto; e damme, e cervi

Lascia il figlio di Fai. Ronnàr, Lugante,7

Questo è lo scudo della guerra, è questa

L'asta di Cucullin: qua, qua, brandi, elmi;

Compagni all'arme. Vèstiti l'usbergo

Figlio dell'onda: alza il sanguigno acciaro

Fero Calmàr. Che fai? su sorgi, o Puno,

Orrido eroe: scotetevi, accorrete

Eto, Calto, Carban: tu 'l rosseggiante

Alber di Cromla8, e tu lascia le sponde

Del patrio Lena9; e tu t'avanza, o Calto,

Lunghesso il Mora, e l'agil piede impenna.

Or sì gli scorgo: ecco i campion possenti

Fervidi, accesi di leggiadro orgoglio.

La rimembranza dell'imprese antiche

Sprona il valor natio. Son i lor occhi

Fiamme di foco, e de' nemici in traccia

Van dardeggiando per la piaggia i sguardi.

Stan su i brandi le destre: escon frequenti

Dai lor fianchi d'acciar lampi focosi.

Ciascun dal colle suo scagliossi urlando,

Qual torrente montan. Brillan i duci

Della battaglia nei paterni arnesi,

Precedendo ai guerrier: seguono questi

Folti, foschi terribili a vedersi,

Siccome gruppo di piovose nubi

Dietro a rosse del ciel meteore ardenti.

S'odon l'arme stridir; s'alzan le note

Del bellicoso canto: i grigi cani

Le interrompono cogli urli; e raddoppiando

L'indistinto fragor Cromla rintrona.

Stettersi tutti alfin sopra il deserto

Prato di Lena, e l'adombrar; siccome

Nebbia là per l'autunno i colli adombra,

Quando oscura, ondeggiante in alto poggia.

Io vi saluto, Cucullin comincia,

Figli d'anguste valli, oh vi saluto,

Cacciatori di belve; a noi ben altra

Caccia s'appresta, romorosa, forte

Come quell'onda che la spiaggia or fere.

Dite, figli di guerra: or via, dobbiamo

Pugnar noi dunque, od a Loclin la verde

Erina10 abbandonar? Parla, Conallo,

Tu fior d'eroi, tu spezzator di scudi,

Che pensi tu? più d'una volta in campo

Contro Loclin pugnasti; ed or vorrai

Meco la lancia sollevar del padre?

Cucullino, ei parlò, placido in volto,

Acuta è l'asta di Conallo, ed ama

Di brillar nella pugna, e diguazzarsi

Nel sangue degli eroi: pur se la guerra

Pende la man, sta per la pace il core.

Tu che alle guerre di Corman11 sei duce

Guarda la flotta di Svaran: stan folte

Sul nostro lido le velate antenne

Quanto canne del Lego12; e le sue navi

Sembran boschi di nebbia ricoperti,

Quando gli alberi piegano alle alterne

Scosse del vento; i suoi guerrier son molti:

Per la pace son io. Fingàl, non ch'altri,

L'incontro scanseria, Fingallo il primo,

L'unico tra gli eroi, Fingal che i forti

Sperde, qual turbo la minuta arena.

A lui rispose disdegnosamente

Calmar figlio di Mata. E ben va', fuggi

Tu pacifico eroe, fuggi, e t'inselva

Tra' colli tuoi, dove giammai non giunse

Luce d'asta guerriera: ivi di Cromla

I cervi insegui, ivi coi dardi arresta

I saltellanti cavriol del Lena.

Ma tu di Semo occhi-ceruleo figlio,

Tu delle pugne correttor, disperdi

La stirpe di Loclin; scagliati in mezzo

Dell'orgogliose schiere, e latra, e ruggi.

Fa' che naviglio del nevoso regno13

Più non ardisca galleggiar sull'onde

Oscure d'Inistor14. Sorgete o voi

Voi d'Inisfela15, tenebrosi venti,

Imperversate tempeste, fremete

Turbini e nembi. Ah sì, muoja Calmarre

Fra le tempeste infranto, o dentro a un nembo

Squarciato dall'irate ombre notturne;

Muoja Calmar fra turbini e procelle,

Se mai grato gli fu suono da caccia,

Quanto di scudo messaggier di guerra.

Furibondo Calmar, Conàl riprese

Posatamente, è a me la fuga ignota;

Misi l'ale al pugnar: bench'anco è bassa

La fama di Conallo, in mia presenza

Vinsersi pugne, e s'atterràr gagliardi.

Figlio di Semo la mia voce ascolta:

Cura ti prenda del regal retaggio

Del giovine Corman; ricchezze e doni,

E la metà della selvosa terra

Offri a Svaran, finché da Morven giunga

Il possente Fingallo in tuo soccorso.

Questo è 'l consiglio mio: che se piuttosto

La pugna eleggi, eccomi pronto; e lancia

Brandisco e spada; mi vedrai tra mille

Ratto avventarmi, e l'alma mia di gioja

Sfavillerà nei bellicosi orrori.

Sì, sì, soggiunse Cucullin; m'è grato

Il suon dell'armi, quanto a primavera

Tuono forier di desiata pioggia.

Su dunque tosto si raccolgan tutte

Le splendide tribù; sicch'io di guerra

Ravvisi i figli ad un ad un schierarsi

Sulla pianura, rilucenti come

Anzi tempesta il sol, qualora il vento

Occidental le nubi ammassa, e scorre

Il sordo suon per le morvenie querce.

Ma dove son gli amici? i valorosi

Compagni del mio braccio entro i perigli?

Ove se' tu Catbarre? ove quel nembo

In guerra Ducomano? e tu Fergusto

M'abbandonasti nel terribil giorno

Della tempesta? tu de' miei conviti

Nella gioja il primier, figlio di Rossa,

Braccio di morte. Eccolo; ei vien, qual leve

Cavriol de Malmorre. Addio possente

Figlio di Rossa, e qual cagion rattrista

Quell'anima guerriera? In su la tomba

Di Catbarre, ei rispose, in questo punto

S'alzano quattro pietre16, e queste mani

Sotteràr Ducoman, quel nembo in guerra.

Catbarre, o figlio di Torman, tu eri

Raggio sulle colle: o Ducoman rubesto

Nebbia eri tu del paludoso Lano17,

Che pel fosco d'autunno aer veleggia,

E morte porta al popolo smarrito.

O Morna, o tra le vergini di Tura

La più leggiadra, è placido il tuo sonno

Nell'antro della rupe. Ah tu cadesti

Come stella fra tenebre che striscia

Per lo deserto, e 'l peregrin soletto

Di così passaggier raggio si dole.

Ma di', riprese Cucullin, ma dimmi

Come cadder gli eroi? cadder pugnando

Per man dei figli di Loclin? qual altra

Cagion racchiude d'Inisfela i duci

Nell'angusta magion18? - Catbar cadeo

Per man di Ducomano appo la quercia

Del mormorante rio; Ducoman poscia

Venne all'antro di Tura, e a parlar prese

All'amabile Morna: O Morna, o fiore

Delle donzelle, a che ti stai soletta

Nel cerchio delle pietre, entro lo speco?

Sei pur bella, amor mio: sembra il tuo volto

Neve là nel deserto, e i tuoi capelli

Fiocchi di nebbia che serpeggia, e sale

In tortuosi vortici, e s'indora

Al raggio occidental. Sembran le mamme

Due liscie, tonde, luccicanti pietre

Che spuntano dal Brano19: e le tue braccia

Due tornite marmoree colonne,

Che sorgon di Fingallo entro le sale.

E donde vieni? (l'interruppe allora

La donzelletta dalle bianche braccia:

Donde ne vieni o Ducoman, fra tutti

I viventi il più tetro? oscure e torve

Son le tue ciglia, ed hai gli occhi di bragia.)

Comparisce Svaran? di', del nemico

Qual nuova arrechi, Ducomano? - O Morna,

Vengo dal colle, dal colle de' cervi

Vengone a te; coll'infallibil arco

Tre pur or ne trafissi, e tre ne presi

Coi veltri della caccia. Amabil figlia

Del nobile Cormante, odimi: io t'amo

Quanto l'anima mia: per te col dardo

Uccisi un cervo maestoso; avea

Alta fronte ramosa, e piè di vento.

Ducoman, ripigliò placida e ferma

La figlia di Cormante: or via, non t'amo,

Non t'amo, orrido ceffo; hai color di selce,

Ciglio di notte. Tu, Catbar, tu solo

Sei di Morna l'amor, tu che somigli

Raggio di sole in tempestoso giorno.

Di', lo vedesti amabile, leggiadro

Sul colle de' suoi cervi? in questa grotta

La sua Morna l'attende. E lungo tempo

Morna l'attenderà, ferocemente

Riprese Ducoman: siede il suo sangue

Sopra il mio brando. Egli cadeo sul Brano:

La tomba io gli alzerò. Ma tu donzella

Volgiti a Ducomano, in lui tu fisa

Tutto il tuo core, in Ducoman che ha 'l braccio

Forte come tempesta. Oimè! cadeo

Il figlio di Torman? (disse la bella

Dall'occhio lagrimoso); il giovinetto

Dal bel petto di neve? ei ch'era il primo

Nella caccia del colle? il vincitore

Degli stranier dell'oceàno20? Ah truce

Truce sei Ducoman; crudele a Morna

È 'l braccio tuo. Dammi quel brando almeno,

Crudo nemico, ond'io lo stringa; io amo

Il sangue di Catbar. Diede la spada

Alle lagrime sue: quella repente

Passogli il petto: ei rovinò qual ripa

Di torrente montan. Stese il suo braccio,

E così disse: Ducomano hai morto;

Freddo è l'acciaro nel mio petto: o Morna

Freddo lo sento. Almen fa' che 'l mio corpo

L'abbia Moina: Ducomano il sogno

Era delle sue notti; essa la tomba

Innalzerammi; il cacciator vedralla,

Mi loderà: trammi del petto il brando,

Morna; freddo è l'acciar. Venne piangendo;

Trassegli il brando: ei col pugnal di furto

Trafisse il bianco lato, e sparse a terra

La bella chioma: gorgogliando il sangue

Spiccia dal fianco; il suo candido braccio

Striscian note vermiglie: ella prostesa

Rotolò nella morte, e a' suoi sospiri

L'antro di Tura con pietà rispose.

Sia lunga pace, Cucullin soggiunse,

All'alme degli eroi: le loro imprese

Grandi fur ne' perigli. Errinmi intorno

Cavalcion sulle nubi, e faccian mostra

De' lor guerrieri aspetti; allor quest'alma

Forte fia ne' perigli, e 'l braccio mio

Imiterà le folgori del cielo.

Ma tu, Morna gentil, vientene assisa

Sopra un raggio di luna, e dolcemente

T'affaccia allo sportel del mio riposo,

Quando cessò lo strepito dell'arme,

E tutti i miei pensier spirano pace.

Or delle mie tribù sorga la possa,

Alla zuffa moviam. Seguite il carro21

Delle mie pugne: a quel fragor di gioja

Brillivi l'alma: mi sien poste accanto

Tre lancie, e dietro all'anelante foga

De' miei destrier correte. Io vigor quindi

Novo concepirò, quando s'offusca

La mischia ai raggi del mio brando intorno.

Con quel rumor, con quel furor che sbocca

Torrente rapidissimo dal cupo

Precipizio di Cromla, e 'l tuon frattanto

Mugge su i fianchi, e sulla cima annotta;

Così vasti, terribili, feroci

Balzano tutti impetuosamente

D'Inisfela i guerrier. Precede il duce,

Siccome immensa d'oceàn balena,

Che gran parte di mar dietro si tragge.

Lungo la spiaggia ei va rotando, e a rivi

Sgorga valor. L'alto torrente udiro

I figli di Loclin: Svaran percosse

Lo scudo, e a sé chiamò d'Arno la prole.

Dimmi, che è quel mormorio dal monte,

Che par d'un sciame di notturni insetti?

Scendono i figli d'Inisfela, o 'l vento

Freme lungi nel bosco? in cotal suono

Romoreggia Gormal22, prima che s'alzi

De' flutti miei la biancheggiante cima.

Poggia sul colle, o figlio d'Arno, e guata

L'oscura faccia della piaggia. Andonne,

Ma tosto ritornò: tremante, ansante

Sbarra gli occhi atterriti, e il cor nel petto

Sentesi palpitar; son le voci

Rotte, lente, confuse. Alzati, o figlio

Dell'oceàn; veggo il torrente oscuro

Della battaglia, l'affollata possa

Della stirpe d'Erina: il carro, il carro

Della guerra ne vien, fiamma di morte,

Il carro rapidissimo sonante

Di Cucullin figlio di Semo. Addietro

Curvasi in arco, come onda allo scoglio,

Come al colle aurea nebbia: i fianchi suoi

Son di commesse colorate pietre

Variati, e distinti; e brillan come

Mar che di notte ad una barca intorno

De' remi all'agitar lustra, e s'ingemma.23

Forbito tasso è 'l suo timone, e 'l seggio

Di liscio e lucid'osso: e quinci, e quindi

Aspro è di lancie, e la più bassa parte

È predella d'eroi: dal destro lato

Scorgesi il generoso, il ben-crinito,

Di largo petto, di cervice altera,

Alto-sbuffante, nitritor destriero;

L'unghia sfavilla, ed i suoi sparsi crini

Sembran quella colà striscia fumosa.

Sifadda ha nome, e Duronallo è l'altro,

Che al manco lato del terribil carro

Stassi, di sottil crin, di robusta unghia,

Nelle tempeste dell'acciar bollente

Veloce corridor, figlio del colle.

Mille striscie di cuojo il carro in alto

Legano; aspri d'acciar bruniti freni

Nuotano luminosi in biancheggiante

Corona ampia di spume, e gemmi-sparse

Liscie sottili redini scorrendo

Libere van su' maestosi colli

De' superbi destrieri: essi la piaggia

Libano velocissimi, qual nebbia

Le acquose valli, e van ferocemente

Con la foga de' cervi, e con la possa

D'aquila infaticabile, che piomba

Sulla sua preda, e col fragor del verno

Là per le terga di Gormal nevose.

Sul carro assiso alto grandeggia il duce,

Il tempestoso figlio della spada,

Il forte Cucullin, prole di Semo,

Re delle conche24: le sue fresche guancie

Lustrano a paro del mio tasso25, e 'l guardo

De'cerulei suoi lumi ampio si volve

Sottesso all'arco delle ciglia oscuro.

Volagli fuor come vibrante fiamma

Del capo il crin, mentr'ei spingesi innanzi

Crollando l'asta minacciosa: fuggi

O re dell'oceàn, fuggi, ei s'avanza

Come tempesta. E quando mai, rispose,

Mi vedesti a fuggir? quando ho fuggito,

Figlio di codardia? Che? di Gormallo

Le tempeste affrontai, quando dei flutti

Torreggiava la spuma; affrontai fermo

Le tempeste del cielo, ed or vilmente

Fuggirò da un guerrier? Foss'ei Fingallo,

Non mi si abbuierìa l'alma di tema.

Alzatevi, versatemivi intorno,

Forti miei mille26, in vorticosi giri

Qual rotante profondo: il brando vostro

Segua il sentier del luminoso acciaro

Del vostro duce; e dei nemici all'urto

Siate quai rupi del terren natio,

Che baldanzosamente alle tempeste

Godon di farsi incontro, e stendon tutti

Al vento irato i tenebrosi boschi.

Come d'autunno da due balze opposte

Iscatenati turbini focosi

S'accavallan tra lor, così l'un l'altro

S'avviluppan gli eroi; come dall'alto

Di rotte rupi rotolon cadendo

Due torrenti spumosi urtansi in giostra

Con forti cozzi, e giù con le miste onde

Van rovinosi a tempestar sul piano;

Sì romorose, procellose, e negre

Inisfela, e Loclin nella battaglia

Corronsi ad incontrar: duce con duce

Cambiava i colpi, uomo con uom; già scudo

Scudo preme, elmetto elmo, acciar percosso

Rimbalza dall'acciaro: a brani, a squarci

Spiccansi usberghi; e sgorga atro, e fumeggia

Il sangue; e per lo ciel volano, cadono

Nembi di dardi, e tronchi d'aste, e schegge;

Quai circoli di luce, onde s'indora

Di tempestosa notte il fosco aspetto.

Non mugghiar d'oceàno, e non fracasso

D'ultimo tuono assordator del cielo,

Può uguagliar quel rimbombo. Ancor se presso

Fosservi i cento di Corman cantori,

Per dar al canto le guerresche imprese,

Pur di cento cantor foran le voci

Fiacche per tramandar ai dì futuri

Le morti degli eroi; sì folti e spessi

Cadeano a terra, e de' gagliardi il sangue

Sì largo trascorrea. Figli del canto,

Piangete Sitalin; piangi, Fiona,

Sulle tue piagge il grazioso Ardano.

Come due snelli giovinetti cervi

Là nel deserto, essi cadèr per mano

Del feroce Svaran; che in mezzo a mille

Mugghiava sì, che il tenebroso spirto

Parea della tempesta, assiso in mezzo

Dei nembi di Gormal, che della morte

Del naufrago nocchier s'allegra e pasce.

Né già sul fianco ti dormì la destra,

Sir della nebulosa isola27: molte

Del braccio tuo furon le morti, e il brando

Era un foco del ciel quando colpisce

I figli della valle; incenerite

Cadon le genti, e tutto il monte è fiamma.

Sbuffan sangue i destrier; nel sangue guazza

L'unghia di Duronal, Sifadda infrange

Pesta corpi d'eroi: sta raso il campo

Addietro lor, quai rovesciati boschi

Nel deserto di Cromla, allor che 'l turbo

Sulla piaggia passò carco de' tetri

Spirti notturni le rugghianti penne.

Vergine d'Inistorre allenta il freno

Alle lagrime tue, delle tue strida

Empi le balze, il biondo capo inchina

Sopra l'onde cerulee, o tu più bella

Dello spirto dei colli in su 'l meriggio,

Che nel silenzio dei movernj boschi

Sopra d'un raggio tremulo di luce

Move soavemente. Egli cadeo:

È basso il tuo garzon; pallido ei giace

Di Cucullin sotto la spada; e 'l core

Fervido di valor, più nelle pugne

Non fia che spinga il giovinetto altero

De' regi il sangue ad emular. Trenarre,

L'amabile Trenar, donzella, è morto.

Empion la casa d'ululati i fidi

Grigi suoi cani, e del signor diletto

Veggon l'ombra passar. Nelle sue sale

Pende l'arco non teso, e non s'ascolta

Sul colle de' suoi cervi il corno usato.

Come a scoglio mille onde, incontro Erina

Tal di Svaran va l'oste; e come scoglio

Mille onde incontra, di Svaran la possa

Così Erina incontrò. Schiude la morte

Tutte le fauci sue, tutte l'orrende

Sue voci innalza, e le frammischia al suono

Dei rotti scudi: ogni guerriero è torre

D'oscuritade, ed ogni spada è lampo.

Monti echeggiano e piagge, al par di cento

Ben pesanti martelli alternamente

Alzantisi, abbassantisi sul rosso

Figlio della fornace28. E chi son questi,

Questi chi son, che tenebrosi, orrendi

Vanno con tal furor? veggo due nembi,

Duo folgori vegg'io: turbati intorno

Sono i colli minori, e trema il musco

Sull'erte cime delle rupi annose.

E chi son questi mai, fuorché il possente

Figlio dell'oceàno, e il nato al carro29

D'Erina correttor. Tengon lor dietro

Spessi sul piano ed anelanti sguardi

Dei fidi amici, alla terribil vista

Turbati, incerti: ma già già la notte

Scende, e tra nubi i due campioni involve;

E all'orribil conflitto omai dà posa.

Di Cromla intanto sull'irsuto fianco

Pose Dorglante i cavrioli e i cervi,

Felici doni della caccia innanzi

Che lasciassero il colle i forti eroi.

Cento guerrieri a raccor scope in fretta

Dansi, trecento a scer le lisce pietre;

Dieci accendon la fiamma, e fuma intorno

L'apprestato convito. Allor d'Erina

Il generoso duce il suo leggiadro

Spirito ripigliò: sulla raggiante

Lancia chinossi, e a Carilo30 si volse,

Canuta prole di Chinfena, e dolce

Figlio de' canti: E per me solo adunque

S'imbandirà questo convito, e intanto

Starà il re di Loclin sulla ventosa

Spiaggia d'Ullina abbrividato, e lungi

Dai cervi de' suoi colli, e dalle sale

De' suoi conviti? Or via, Carilo sorgi,

Porta a Svaran le mie parole: digli

Che la mia festa io spargo: ei venga in queste

Ore notturne ad ascoltare il suono

De' miei boschetti, or che gelati, acuti

Pungono i venti le marine spume.

Venga, e la dolce arpa tremante, e i canti

Ascolti degli eroi. Carilo andonne

Con la voce più dolce, e così disse

Al re dei bruni scudi: Esci dall'irte

Pelli della tua caccia,31 esci, Svarano,

Signor dei boschi: Cucullin diffonde

La gioja delle conche, e a sé t'invita.

Vieni, o Svaran. Quei non parlò, muggìo,

Simile al cupo brontolio di Cromla

Di tempeste forier: «Quand'anche, Erina,

Le giovinette tue mi stendan tutte

Le loro braccia di neve, e faccian mostra

Dei palpitanti petti, e dolcemente

Girino a me gl'innamorati sguardi;

Fermo quai mille di Loclin montagne

Qui Svaran rimarrà, finché 'l mattino

Venga co' raggi suoi dal mio orìente

A rischiarar di Cucullin la morte.

Grato mi freme nell'orecchio il vento

Che percuote i miei mari: ei nelle sarte

Parlami, e nelle vele, e mi rimembra

I verdi boschi di Gormal, che spesso

A' miei venti echeggiar, quando rosseggia

La lancia mia dietro le belve in caccia.

A Cucullin tu riedi: a ceder pensi

L'antico trono di Cormano imbelle;

O i torrenti d'Erina al nuovo giorno

Alle sue rupi mostreran la spuma

Rossa del sangue del domato orgoglio».

Carilo ritornò: ben, disse, è trista

La voce di Svaran. Ma sol per lui,

Ripigliò Cucullin32: tu la tua sciogli,

Carilo intanto, e degli antichi tempi

Rammenta i fatti; fra le storie e i canti

Scorra la notte: entro il mio core infondi

La dolcezza del duol33; che molti eroi,

E molte vaghe vergini d'amore

Già fioriro in Erina, e dolci all'alma

Scendon le note del dolor, che s'ode

Ossian34 cantar là d'Albion35 su i monti

Quando cessò la romorosa caccia,

E s'arresta ad udir l'onda del Cona.

Venne in Erina nei passati giorni,

Ei cominciò, dell'oceàn la stirpe.

Ben mille navi barcollar sull'onde

Ver l'amabile Ullina. Allor s'alzaro

I figli d'Inisfela, e fersi incontro

Alla schiatta dei scudi. Ivi Cairba

Cima dei duci, ed ivi era pur Gruda,

Maestoso garzon: già lunga rissa

Ebber tra lor pel variato toro,

Che nella valle di Golbun muggìa.

Ciascun volealo, e fu spesso la morte

Già per calar sulle taglienti spade.

Pur nel gran giorno l'un dell'altro a lato

Pugnar que' prodi; gli stranier fuggiro.

Qual nome sopra il colle era sì bello

Quanto Gruda, e Cairba? Ah perché mai

Tornò 'l toro a muggir? quelli mirarlo

Trescar bizzarro, e saltellar sul prato,

Candido come neve, e si raccese

L'ira dei duci: in sull'erbose sponde

Del Luba36 essi pugnaro, e 'l maestoso

Gruda cadeo. Venne Cairba oscuro

Alla valle di Tura. Ivi Bresilla,

Delle sorelle sua la più leggiadra,

Sedea soletta, e già pascendo il core

Coi canti della doglia. Eran suo canto

Le prodezza di Gruda, il giovinetto

De' suoi pensier segreti; ella il piangea

Come già spento37 nel campo del sangue.

Pur sosteneala ancor picciola speme

Del suo ritorno. Un cotal poco uscìa

Fuor delle vesti il bianco sen, qual luna

Che da nubi trapela: avea la voce

Dolce più ch'arpa flebile gemente:

Fissa in Gruda avea l'alma, era di Gruda

Il suo segreto sospiretto, e il lento

Furtivo sogguardar delle pupille.

Gruda quando verrai? guerriero amato

Quando ritorni a me? Venne Cairba,

E sì le disse: «Or qua, Bresilla, prendi

Questo sanguigno scudo, entro la sala

L'appendi per trofeo: la spoglia è questa

Del mio nemico.» Alto tremor le scosse

Il suo tenero cor, vola repente

Pallida, furibonda; il suo bel Gruda

Trovò nel sangue, e gli spirò sul petto.

Or qui riposa la lor polve, e questi

Due mesti tassi solitarii usciro

Di questa tomba, e s'affrettar l'un l'altro

Ad abbracciarsi con le verdi cime.

Tu sul prato, o Bresilla, e tu sul colle

Bello eri, o Gruda; il buon cantor con doglia

Rimembrerà i tuoi casi, e co' suoi versi

Consegnerà questi amorosi nomi

Alla memoria di remote etadi».

Dolce è la voce tua, Carilo, e dolce

Storia narrasti: ella somiglia a fresca

Di primavera placidetta pioggia,

Quando sorride il sole, e volan levi

Nuvole sottilissime lucenti.

Deh tocca l'arpa, e fammi udir le lodi

Dell'amor mio, del solitario raggio

Dell'oscura Dunscaglia38; ah tocca l'arpa,

Canta Bragela: io la lasciai soletta

Nell'isola nebbiosa. Il tuo bel capo

Stendi tu, cara, dal nativo scoglio,

Per discuoprir di Cucullin la nave?

Ah che lungi da te rattienmi, o cara,

L'invido mar: quante fiate, e quante

Per le mie vele prenderai la spuma

Del mar canuto, e ti dorrai delusa!

Ritirati, amor mio; notte s'avanza,

E 'l freddo vento nel tuo crin sospira.

Va' nella sale de' conviti miei

A ricovrarti, e alle passate gioje

Volgi il pensier; che a me tornar non lice,

Se pria non cessa il turbine di guerra.

Ma tu fido Conal, parlami d'arme,

Parla di pugne, e fa' m'esca di mente,

Che troppo è dolce, la vezzosa figlia

Del buon Sorglan, l'amabile Bragela

Dal bianco sen, dalle corvine chiome.

«Figlio di Semo, ripigliò Conallo

A parlar lento, attentamente osserva

Del mar la stirpe; i tuoi guerrier notturni

Manda all'intorno, e di Svaran la possa

Statti vegliando. Il pur dirò di nuovo,

Per la pace son io, finché sia giunta

La schiatta del deserto, e che qual sole

L'alto Fingallo i nostri campi irraggi».

Cucullin s'acchetò, colpì lo scudo

Di scolte ammonitor; mossersi tosto

I guerrier della notte, e su la piaggia

Giacquero gli altri al zufolar del vento.

L'ombre de' morti intanto ivan nuotando

Sopra ammontate tenebrose nubi;

E per lo cupo silenzio del Lena

S'udiano ad or ad or gemer da lungi

Le fioche voci e querule di morte.


 

 




1 - Cucullino figliuolo di Semo e nipote di Caithbath Druido, celebre nelle tradizioni per la sua saviezza e pel suo valore. Nella sua gioventù sposò Bragela figliuola di Sorglan; ed essendosi trasferito nell'Irlanda, visse qualche tempo con Conal, nipote, per via d'una figlia, di Congal regolo di Ulster. Dopo una serie di grandi imprese fu ucciso in una battaglia in un luogo della provincia di Connaught.



2  - Erina, nome dell'Irlanda.



3  - Fingal.



4  - Probabilmente sotto il nome di Morven si comprende tutta la costa fra il settentrione e l'occidente della Scozia.



5  - Malmorre, uno dei monti di Morven.



6  - Cabar, avolo di Cucullino rinomato pel suo valore. Lo scudo d'un eroe antico si conservava nella famiglia con una specie di rispetto religioso, e i suoi posteri ne facevano spesso uso per chiamar le genti a battaglia.



7 - I due guerrieri qui nominati si chiamano vicendevolmente e s'incitano l'un l'altro alla guerra.



8  - Cromla: è il nome proprio d'un monte sulla spiaggia d'Ullina o di Ulster.



9  - Lena: fiume nell'Ulster presso una pianura dello stesso nome, ch'è il teatro della presente guerra.



10  - Erina: nome celtico della Scandinavia. In un senso più ristretto s'intende per questo nome la penisola di Jutlanda. - Conal amico di Cucullino era figliuolo di Cathbait, principe di Togorma, probabilmente una delle isole Ebridi.



11 - Cormac, figlio di Arth re d'Irlanda, rimasto erede del regno in età assai tenera, sotto la reggenza di Cucullino.



12 - Lego: lago nella provincia di Connaught, presso il quale fu ucciso Cucullino.



13 - Del nevoso regno: cioè della Scandinavia. In senso più ristretto s'intende con questo nome la penisola di Jutlanda.



14 - Innis-tore, propriamente l'isola delle balene, ma spesso vengono comprese sotto questo nome tutte le isole Orcadi.



15 - Inisfela: altro nome dell'Irlanda, così chiamata a cagione d'una colonia di Falani colà stabilita.



16 - Le quattro pietre appresso gli antichi scozzesi contrassegnavano costantemente la sepoltura.



17 - Il Lano era un lago della Scandinavia, che in tempo di autunno esalava un vapore pestilenziale.



18 - Angusta magion: viene spesso chiamato da Ossian il sepolcro. Ubi costituita est domus omni viventi. Giob. c.30, v.23.- Risponde Fergusto. L'autore colla sua estrema rapidità tralascia spesso d'avvertire chi parli o risponda.



19 - Brano: torrente dell'Irlanda.



20 - Gli stranier dell'oceano: cioè dei popoli della Scandinavia. Straniero in Ossian prendesi alle volte per nemico.



21 - Seguite il carro: I regoli e i signori della Bretagna usavano il carro in segno del loro grado.



22 - Gormal: montagna della Scandinavia.



23 - Si accenna al lume fosforico che manda di notte l'acqua del mare agitata e rifranta.



24 - Re delle conche: gli Scozzesi ne' loro conviti usavano di ber nelle conche. Perciò il termine di conche in queste poesie si usa spesso in cambio di convito. Re delle conche significa re dei conviti, cioè re ospitale e cortese.



25 - A paro del mio tasso: cioè a paro del mio arco di tasso.



26 - Mille appresso di Ossian significa esercito, benché composto di maggior moltitudine. Il numero finito è posto per l'infinito.



27 - Sir della nebulosa isola: Cucullino, signore dell'isola di Schy.



28 - Il figlio della fornace è il ferro rovente.



29 - Nato al carro è quanto dire fra noi nato al soglio.



30 - Carilo: il cantore di Cucullino.



31 - Cioè: lascia le pelli delle fiere uccise in caccia, sopra le quali ti stai sdraiato.



32 - Cucullino non degna nemmeno di informarsi di quel che Svarano ha risposto, e senza curarlo lo abbandona al suo brutale carattere.



33 - Il senso più chiaramente è questo: cantaci qualche storia o irlandese, o scozzese; qualche canzone tua o di Ossian.



34 - Ossian: si avverte che questo nome è sempre bisillabo, e dee pronunziarsi costantemente coll'accento sulla penultima.



35 - Albione: è il nome generale della Bretagna, ma in queste poesie si prende per la Scozia occidentale in un senso più ristretto e più proprio.



36 - Il Luba, fiume in Ulster.



37 - Nella guerra contro quelli di Loclin.



38 - Dunscaglia: nome del palazzo di Cucullino.






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