Sentendo ciò che in Prato contro
a lui era ordinato, di subito si partì e ritornò a Firenze; e sbandì e
scomunicò i Pratesi, e bandì loro la croce adosso, dando perdono a chi contro a
loro facea danno alcuno. E i parenti e amici suoi furono disfatti, e cacciati
di Prato.
Il podestà di Firenze con le
cavallate e co' soldati del Comune cavalcorono sul contado di Prato, e
schieraronsi nel greto di Bisenzo all'Olmo a Mezano, e stettonvi fino passata
nona. Di Prato uscirono alcuni per trattare accordo, scusandosi al Cardinale, e
profferendo fare ciò che egli volea; tanto che cessoron il furore: perché molti
ve ne erano, che volentieri arebbono dato loro il guasto e provatisi di vincere
la terra, cioè quelli ch'erano del volere del Cardinale.
Gli altri capi di Parte nera e i
loro seguaci molte parole diceano piene di scandolo. E stando schierati i cavalieri,
e' fu presso che finita la guerra; tanto scandolo nacque tra quelle genti: il
quale se fusse ito innanzi, i grandi e il popolo, a cui piacea la pace, amici
del Cardinale, n'arebbono avuto il migliore, secondo che le volontà si
dimostravano. E quelli della casa de' Cavalcanti molto se ne mostrarono
favorevoli.
Partissi l'oste, e vennene a
Campi: e quivi dimorò tutto quel dì. L'altro giorno si partì, però che il
Cardinale si lasciò menare per le parole, credendo fare il meglio della pace.
Ma i parenti suoi, che con onta ne furono cacciati, non tornarono in Prato, e
non si fidarono, e poi furono fatti rubelli.
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