I buoni cittadini rimasono molto
crucciosi e disperati di pace. I Cavalcanti si doleano, e molti altri; e tanto
s'accesono gli animi, che la gente s'armò e comincioronsi a offendere. Quelli
della Tosa e i Medici vennono armati in Mercato Vecchio con le balestra,
saettando verso il Corso degli Adimari e giù per Calimala: e uno serraglio
combatterono nel Corso, e abbatteronlo, il quale era guardato da gente che avea
più animo a vendetta che a pace.
Messer Rossellino dalla Tosa, con
sua brigata, venne a casa i Sassetti, per mettervi fuoco: i Cavalcanti
soccorsono, e altre genti; e in quello trarre, Nerone Cavalcanti scontrò messer
Rossellino, al quale bassò la lancia, e posegliele a petto, per modo lo gittò
da cavallo.
I capi di Parte nera aveano
ordinato un fuoco lavorato, pensando bene che a zuffa conveniano venire: e
intesonsi con uno ser Neri Abati priore di San Piero Scheraggio, uomo reo e
dissoluto, nimico de' suoi consorti, al quale ordinorono che mettesse il primo
fuoco. E così mise a dì X di giugno 1304, in casa i consorti suoi in Orto San
Michele. Di Mercato Vecchio si saettò fuoco in Calimala; il quale multiplicò
tanto, per non esser difeso, che, aggiunto col primo, che arse molte case e
palagi e botteghe.
In Orto San Michele era una gran
loggia con uno oratorio di Nostra Donna, nel quale per divozione eran molte
immagini di cera: nelle quali appreso il fuoco, aggiugnendovisi la caldeza
dell'aria, arsono tutte le case erano intorno a quel luogo, e i fondachi di
Calimala e tutte le botteghe erano intorno a Mercato Vecchio fino in Mercato
Nuovo e le case de' Cavalcanti, e in Vacchereccia e in Porta Santa Maria fino
al Ponte Vecchio; ché si disse arsono più che 1900 magioni: e niuno rimedio vi
si poté fare.
I ladri publicamente si metteano
nel fuoco a rubare e portarsene ciò che poteano avere: e niente era lor detto.
E chi vedea portarne il suo, non osava domandarlo, perché la terra in ogni cosa
era mal disposta.
I Cavalcanti perderono quel dì il
cuore e il sangue, vedendo ardere le loro case e palagi e botteghe, le quali
per le gran pigioni, per lo stretto luogo, gli tenean ricchi.
Molti cittadini, temendo il
fuoco, isgombravano i loro arnesi in altro luogo, ove credeano che dal fuoco
fussono sicuri; il quale si stese tanto, che molti li perderono per volerli
campare, e rimasono disfatti.
Acciò che di tal malificio si
sappi il vero, e per che cagione fu fatto detto fuoco e dove, i capi di Parte
nera, a fine di cacciare i Cavalcanti di quel luogo, i quali temeano perché
erano ricchi e potenti, ordinarono il detto fuoco a Ognissanti: ed era composto
per modo, che quando ne cadea in terra, lasciava uno colore azurro. Il quale
fuoco ne portò il detto ser Neri Abati in una pentola, e miselo in casa i
consorti: e messer Rosso dalla Tosa e altri il saettorono in Calimala.
Sinibaldo di messer Corso Donati,
con un gran viluppo di detto fuoco, a modo d'un torchio acceso, venne per
metterlo nelle case de' Cavalcanti in Mercato Nuovo; e Boccaccio Adimari con
suoi seguaci, per Corso degli Adimari fino in Orto San Michele. I Cavalcanti si
feciono loro incontro, e ripinsongli nel Corso, e tolsono loro il serraglio che
avean fatto. Allora mison fuoco in casa i Macci nella Corte delle Badesse.
Il podestà della terra con sua
famiglia e con molti soldati venne in Mercato Nuovo; ma aiuto né difensione
alcuna non fece. Guardavano il fuoco, e stavansi a cavallo, e davano
impedimento per lo ingombrìo faceano, che impedivano i fanti e gli andatori.
I Cavalcanti e molti altri
guardavano il fuoco, e non ebbono tanto ardire che andassono contro a' nimici,
poi che 'l fuoco fu spento; ché vincere gli poteano, e rimanere signori. Ma
messer Maruccio Cavalcanti e messer Rinieri Lucardesi consigliorono, che
prendessono le lumiere accese, e andassono a ardere le case de' nimici che
aveano arse le loro. Non fu seguìto tal consiglio; che se seguìto l'avessono,
perché niuna difensione facea l'altra parte, sarebbono stati vincenti. Ma
tristi e dolenti se n'andarono alle case de' parenti loro; e i nimici presono
ardire, e caccioronli della terra: e chi andò a Ostina, chi alle Stinche a loro
possessioni, e molti a Siena, perché da' Sanesi ebbono speranza di
riconciliargli. E così passò il tempo, e non furono riconciliati, e da ciascun
riputati vili.
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