Dimorando i detti in Perugia, per
li usciti di Firenze si fe' un franco pensiero: che fu, che celatamente
invitorono tutti quelli di loro animo, che un giorno posto dovessono esser
tutti con armata mano in certo luogo: e sìý segretamente menorono il trattato,
che quelli che erano rimasi in Firenze niente ne sentirono. E messo in ordine,
subito furono alla Lastra presso a Firenze a due miglia, con MCC uomini d'arme
a cavallo, con sopraveste bianche: e furonvi Bolognesi, Romagnoli, Aretini, e
altri amici, a cavallo e a piè.
Il grido fu grande per la città.
I Neri temeano forte i loro adversari, e cominciavano a dire parole umili. E
molti se ne nascosono ne' munisteri, e molti si vestivano come frati per paura
di loro nimici: ché altro riparo non aveano, perché non erano proveduti.
I Bianchi e Ghibellini stando
alla Lastra, una notte molti loro amici della città gli andorono a confortare
del venire presto. Il tenpo era di luglio, il dì di Santa Maria Maddalena a dì
XXI, e il caldo grande. E la gente che vi dovea esser non v'era ancor tutta;
però che i primi che vennono, si scopersono due dì innanzi.
Messer Tolosato degli Uberti co'
Pistolesi non era ancor giunto, perché non era il dì diputato. I Cavalcanti, i
Gherardini, i Lucardesi, gli Scolari di Val di Pesa, non erano ancora scesi. Ma
il Baschiera, che era quasi capitano, vinto più da volontà che da ragione, come
giovane, vedendosi con bella gente e molto incalciato, credendosi guadagnare il
pregio della vittoria, chinò giù co' cavalieri alla terra, poi che scoperti si
vedeano. E questo non dovean fare, perché la notte era loro più amica che 'I
dì, sì per lo calore del dì, e sì perché gli amici sarebbono iti a loro di notte
della terra, e sì perché ruppono il termine dato agli amici loro; i quali non
si scopersono, perché non era l'ora determinata.
Vennono da San Gallo, e nel
Cafaggio del Vescovo si schierarono, presso a San Marco, e con le insegne
bianche spiegate, e con ghirlande d'ulivo, e con le spade ignude, gridando
«pace», sanza fare violenzia o ruberia a alcuno. Molto fu bello ad vederli, con
segno di pace, stando schierati. Il caldo era grande, sì che parea che l'aria
ardesse. I loro scorridori a piè e a cavallo si strinsono alla città, e vennono
alla porta degli Spadai, credendo il Baschiera avervi amici e entrarvi sanza
contesa: e però non vennono ordinati, con le scure né con l'armi da vincere la
porta. I serragli del borgo furono loro contesi: pur li ruppono, e fedirono e
uccisono molti Gangalandesi erano quivi alla guardia. Giunsono alla porta, e
per lo sportello molti entrarono nella città. Quelli dentro, che aveano loro
promesso, non obtennono loro i patti; come furono i Pazi, i Magalotti, e messer
Lambertuccio Frescobaldi, i quali erano co' loro sdegnati, chi per oltraggi e
onte ricevute, pel fuoco messo nella città e altre villanie loro fatte: anzi
feciono loro contro, per mostrarsi non colpevoli; e più si sforzavano
offenderli che gli altri; con balestra a tornio vennono saettando a Santa
Reparata.
Ma niente valea, se non fusse
stato uno fuoco che fu messo in uno palagio allato alla porta della città. Onde
coloro che già erano entrati nella terra, dubitarono esser traditi e volsonsi
indietro; e portoronsene lo sportello della porta, e giunsono alla schiera
grossa, la quale non si movea: ma il fuoco forte crescea.
Così stando, il Baschiera sentì
che quelli che lo dovean favoreggiare lo nimicavano; e però volse i cavalli e
tornò indietro. E la speranza e l'allegrezza tornò loro in pianto: ché i loro
adversarii vinti divennero vincitori, e presono cuore come lioni; e scorrendo
li seguivano, ma con grande riguardo: e i pedoni, vinti dalla calura del sole,
si gittavano per le vigne e per le case nascondendosi, e molti ne trafelarono.
Il Baschiera si gittò nel
monasterio di San Domenico, e per forza ne trasse due sue nipoti che erano
molto ricche, e menòllene seco. E però Iddio gliene fece male.
A casa Carlettino de' Pazi
rimasono molti gentili uomini per ricogliere i loro, e per danneggiare i loro
nemici; che scorrevano loro dietro: e più non li seguitorono.
Poco lontano dalla terra
scontrorono messer Tolosato degli Uberti, il quale co' Pistolesi venìa per
esser al dì nominato. Vollegli rivolgere, e non poté. Il perché con gran dolore
se ne tornò in Pistoia; e ben conobbe che la giovaneza del Baschiera gli tolse
la terra.
Molti degli usciti ne furono
morti, che si trovorono nascosi; e molti poveri infermi uccisono, i quali
traevano degli spedali. Bolognesi e Aretini furon presi assai, e tutti
gl'inpiccarono. Ma quelli che eran maliziosi, l'altro giorno, levarono una
falsa voce, dicendo che messer Corso Donati e messer Cante de' Gabrielli
d'Agobbio avean preso Arezo per tradimento: onde i loro nimici ne dubitorono
tanto, che ne perderono il vigore e non s'ardirono a muovere.
|