Giunto lo Imperadore su uno
crocicchio di due vie, che l'una menava a Milano, l'altra a Pavia, uno nobile
cavaliere, chiamato messer Maffeo Visconti da Milano, alzò la mano e disse:
«Signore, questa mano ti può dare e tòr Milano: vieni a Milano, dove sono gli
amici miei, però che niuno ce la può tòrre: se vai verso Pavia, tu perdi
Milano». Era messer Maffeo stato più anni rubello di Milano, e era capitano
quasi di tutta Lombardia; uomo savio e astuto più che leale. Di Melano era
allora capitano e signore messer Guidotto dalla Torre leale signore, ma non
così savio. Quelli dalla Torre erano gentili uomini e d'antica stirpe; e per
loro arme portavan una torre nella metà dello scudo dal lato ritto, e
dall'altro lato due gigli incrocicchiati; e eran nimici de' Visconti.
Il signore mandò un suo
maliscalco a Milano, che era nato di quelli dalla Torre, e molte parole
amichevoli usò con messer Guidotto, mostrandoli la buona volontà del signore:
ma messer Guidotto pur dubitava della sua venuta, e temea di perdere la signoria,
e non li parea per sua difesa pigliare la guerra. Fece tutti i suoi soldati
vestire di partita di campo bianco e una lista vermiglia; fece disfare molti
ponti di lunge dalla terra. Lo Imperadore, con piano animo, tenne il consiglio
di messer Maffeo Visconti, e dirizossi verso Milano, e lasciò Pavia da man
ritta.
Il conte Filippone, signore di
Pavia, con gran benivolenzia mostrava aspettarlo e onorarlo in Pavia. Lo
Imperadore, tegnendo la via verso Milano, passò il Tesino a guado, e per lo
distretto cavalcò sanza contasto.
I Milanesi gli vennero incontro.
Messer Guidotto, veggendo tutto il popolo andarli incontro, si mosse anche lui:
e quando fu apresso a lui, gittò in terra la bacchetta, e smontò ad terra, e
baciogli il piè; e come uomo incantato, seguitò il contrario del suo volere.
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