I Milanesi aveano stanziati
danari per donare allo Imperadore; e a raunarli, nel consiglio ebbe rampogne
tra quelli dentro e gli usciti ritornati. Messer Guido avea due figliuoli, i
quali si cominciavano a pentere di quanto il padre avea fatto, e udivano le
parole de' lamentatori di lor parte. Lo Imperadore fece uno pensiero: di trarre
alcuni dell'una parte e dell'altra de' più potenti, e menarsegli seco; e tali
confinare.
I figliuoli di messer Mosca, che
l'uno era arcivescovo, cugini di messer Guidotto, divenuti nimici per gara, il
perché lui li tenea in prigione, lo Imperadore gliene fece trarre, e
rappacificogli insieme. Ma i figliuoli di messer Guidotto non ressono; e un dì
appensatamente richiesono loro amici e, ricominciato l'odio, in uno consiglio
si svillaneggiorono di parole; le quali ingrossorono per modo che presono
l'arme e abbarroronsi nel Guasto di quelli dalla Torre. Il romore fu grande: il
mariscalco dello Imperadore vi trasse, [e] messer Galeazzo figliuolo di messer
Maffeo Visconti; e [messer Maffeo] trasse a piè con lo Imperadore. Il maliscalco
andò al serraglio con LX cavalli, e ruppelo, e la gente mise in fuga.
Messer Guidotto era malato di
gotte; fu trasportato in altra parte: dissesi che scampato era nelle forze del
Dalfino. I figliuoli rifuggirono a un loro castello presso a Como, e di lunge a
Milano XX miglia. Tutti i loro arnesi furono rubati. E così si cambiò la festa;
ma non l'amore dello Imperadore: però che volle loro perdonare; ma non se ne
fidorono. E allor cominciò a sormontare messer Maffeo Visconti, e quelli dalla
Torre e i loro amici abbassare. Il sospetto crebbe più che l'odio. Lo
Imperadore raccomandò la terra a messer Maffeo, e per vicario vi lasciò messer
Niccolò Salinbeni da Siena, savio e virile cavaliere, e addorno di belli
costumi, magnanimo e largo donatore.
|