Il Nimico, che mai non dorme ma
sempre semina e ricoglie, mise discordia in cuore a' nobili di Cremona di
disubidire: e due fratelli, figliuoli del marchese Cavalcabò, n'erano signori,
e messer Sovramonte degli Amati, un savio cavaliere quasi loro adversario per
gara d'onori, vi s'accordorono; e a ciò lettere de' Fiorentini e falsi
instigamenti: gridorono contro allo Imperadore, e cacciaron il suo vicario.
Lo Imperadore, ciò sentendo, non
cruccioso, come uomo di grande animo, gli citò; non l'ubbidirono, e rupponli
fede e saramento. I Fiorentini vi mandorono subito uno anbasciadore per non
lasciare spegnere il fuoco; il quale proferse loro aiuto di gente e di danari:
il che i Cremonesi accettorono, e afforzorono la terra.
Lo Imperadore cavalcò verso
Cremona. Gli ambasciadori di là li furono a' piedi, dicendo come non potean
portare l'incarichi eran loro posti, e che eran poveri, e che sanza vicario il
voleano ubbidire. Lo Imperadore non rispondendo, furono ammaestrati per lettere
segrete che se volessono perdono, vi mandassono assai de' buoni cittadini a
domandare merzè, però che lo Imperadore volea onore. Mandoronne assai, e
scalzi, con niente in capo, in sola gonnella, con la coreggia in collo, e
dinanzi a lui furono a domandare merzè. A' quali non parlò: ma eglino senpre
chieggendo perdono, lui sempre cavalcava verso la città: e giunto, trovò aperta
la porta, nella quale entrò: e ivi si fermò, e mise mano alla spada e fuori la
trasse, e sotto quella li ricevette. I grandi e potenti, colpevoli, e il nobile
cavalier fiorentino messer Rinieri Buondalmonti, lì podestà, si partirono
avanti che lo Imperadore venisse: il quale podestà vi fu mandato per mantenerli
contro allo Imperadore. Il quale fece prendere tutti i potenti vi rimasono, e
messer Sovramonte, che per troppo senno o per troppa sicurtà non fuggì, e
prender fece tutti coloro che gli andarono a chiedere merzè; e ritenneli in
prigione. La terra riformò, la condannagione levò loro, e' prigioni mandò a
Riminingo.
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