I Fiorentini che erano in
Firenze, pieni di temenza e di paura, non attendeano a altro che a corrompere i
signori de' luoghi con promesse e con danari; i quali traevano da' miseri
cittadini, che per mantenere libertà se li lasciavano tòrre a poco a poco.
Molti ne spesono in rie opere. La lor vita non era in altro che in simili cose.
I Signori feciono messi segreti.
Fra' quali fu uno frate Bartolomeo, figliuolo d'uno canbiatore, uomo astuto,
uso in Inghilterra, e in sua giovineza costumato, e di sottile ingegno.
Mandaronlo in Corte a tentare il papa e' cardinali. E con lettere portò messer
Baldo Fini da Fighine, tentarono il re di Francia. Al quale disse il cardinale
d'Ostia: «Quanto grande ardimento è quello de' Fiorentini, che con loro X
lendini ardiscono tentare ogni signore!».
Al Papa mandorono due
anbasciadori, che furono messer Pino de' Rossi e messer Gherardo Bostichi, due
valenti cavalieri: molti danari furono loro sottratti, e molti ne perderono, e
dal Papa non ebbono cosa volessono.
Il Cardinale Pelagrù, nato di
Guascogna, nipote del Papa, fu mandato Legato a Bologna; perché, essendo morto
il marchese di Ferrara, un suo figliuolo bastardo tenea la terra: la quale non
potendo tenere, si patteggiò co' Viniziani, e vendella loro. I Viniziani vi
vennono, e per forza la presono e tennono. Messer Francesco da Esti, fratello
del Marchese, insieme co' Bolognesi e con messer Orso degli Orsini di Roma,
s'accostorono con la Chiesa. Il Cardinale andò a Ferrara, e da' Viniziani non
fu ubidito: il perché fermò loro processo addosso, e condannògli: bandì loro la
croce addosso, e di più luoghi v'andò assai genti contro per lo perdono e per
avere soldo. I Viniziani teneano una fortezza in Ferrara, la quale il Marchese
v'avea fatta molto forte, a guisa d'uno cassero. I Viniziani vi vennono per
acqua, e furonvi sconfitti, e presi e mortine assai: e fu sventurata fortuna
per loro, ché molto vilmente perderono, perché i nobili che v'erano
l'abbandonarono.
Il Cardinale Pelagrù venne a
Firenze, e con grandissimo onore fu ricevuto. Il carroccio e gli armeggiatori
gli andorono incontro fino allo spedale di San Gallo; i religiosi con la
processione: i gran popolani di quella parte a piè e a cavallo l'andoron a
onorare.
Giunse in Firenze: e i Fiorentini
molto con lui si consigliorono; e bene lo informorono come procuravano col
Papa, che tardasse la venuta dello Imperadore; e pregarono nel confortasse, e
così promise fare. Donaronli danari, i quali volentieri accettò, e di quelli
riscosse la sua legazione; e d'accordo con loro, di Firenze partì.
Andossene il Cardinale allo
Imperadore, il quale sapea i ragionamenti avea avuti co' Fiorentini, e però non
li mostrò gran benivolenzia. Ritornossi al Papa: il quale, confortandolo di
quanto da' Fiorentini era pregato, gli tenea in speranza, tanto che da loro ritrasse
molti danari. E questo faceano, perché lo Imperadore si consumasse.
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