Mossono le insegne al giorno
ordinato i Fiorentini, per andare in terra di nimici: e passarono per Casentino
per male vie; ove, se avessono trovati i nimici, arebbono ricevuto assai danno:
ma non volle Dio. E giunsono presso a Bibbiena, a uno luogo si chiama
Campaldino, dove erano i nimici: e quivi si fermorono, e feciono una schiera. I
capitani della guerra misono i feditori alla fronte della schiera; e i palvesi,
col campo bianco e giglio vermiglio, furono attelati dinanzi. Allora il
Vescovo, che avea corta vista, domandò: «Quelle, che mura sono?». Fugli
risposto: «I palvesi de' nimici».
Messer Barone de' Mangiadori da
San Miniato, franco et esperto cavaliere in fatti d'arme, raunati gli uomini
d'arme, disse loro: «Signori, le guerre di Toscana si soglìano vincere per bene
assalire; e non duravano, e pochi uomini vi moriano, ché non era in uso
l'ucciderli. Ora è mutato modo, e vinconsi per stare bene fermi. Il perché io
vi consiglio, che voi stiate forti, e lasciateli assalire». E così disposono di
fare. Gli Aretini assalirono il campo sì vigorosamente e con tanta forza, che
la schiera de' Fiorentini forte rinculò. La battaglia fu molto aspra e dura:
cavalieri novelli vi s'erano fatti dall'una parte e dall'altra. Messer Corso
Donati con la brigata de' Pistolesi fedì i nimici per costa. Le quadrella
pioveano: gli Aretini n'aveano poche, et erano fediti per costa, onde erano
scoperti: l'aria era coperta di nuvoli, la polvere era grandissima. I pedoni
degli Aretini si metteano carpone sotto i ventri de' cavalli con le coltella in
mano, e sbudellavalli: e de' loro feditori trascorsono tanto, che nel mezo
della schiera furono morti molti di ciascuna parte. Molti quel dì, che erano
stimati di grande prodeza, furono vili; e molti, di cui non si parlava, furono
stimati. Assai pregio v'ebbe il balio del capitano, e fuvi morto. Fu fedito
messer Bindo del Baschiera Tosinghi; e così tornò a Firenze, ma fra pochi dì
morì. Della parte de' nimici fu morto il Vescovo, e messer Guiglielmo de' Pazi
franco cavaliere, Bonconte e Loccio da Montefeltri, e altri valenti uomini. Il
conte Guido non aspettò il fine, ma sanza dare colpo di spada si partì. Molto
bene provò messer Vieri de' Cerchi et uno suo figliuolo cavaliere alla costa di
sé. Furono rotti gli Aretini, non per viltà né per poca prodeza, ma per lo
soperchio de' nimici. Furono messi in caccia, uccidendoli: i soldati
fiorentini, che erano usi alle sconfitte, gli amazavano; i villani non aveano
piatà. Messer Talano Adimari e' suoi si tornorono presto a loro stanza: molti popolani
di Firenze, che aveano cavallate, stettono fermi: molti niente seppono, se non
quando i nimici furon rotti. Non corsono ad Arezo con la vittoria; ché si
sperava, con poca fatica l'arebon avuta.
Al capitano e a' giovani
cavalieri, che aveano bisogno di riposo, parve avere assai fatto di vincere,
sanza perseguitarli. Più insegne ebbono di loro nimici, e molti prigioni, e
molti n'uccisono; che ne fu danno per tutta la Toscana.
Fu la detta rotta dì XI di
giugno, il dì di San Bernaba, in uno luogo che si chiama Campaldino, presso a
Poppi.
Dopo detta vittoria non
ritornorono però tutti i Guelfi in Arezo: ma alcuni s'assicurorono; a' quali fu
detto che, se vi voleano stare, facessono la loro volontà. Tra i Fiorentini e
gli Aretini pace non si fe': ma i Fiorentini si tennono le castella aveano
prese; cioé Castiglione, Laterina, Civitella, Rondine, e più altre castella; e
alcuno se ne disfece. Dopo poco tempo i Fiorentini rimandorono gente d'arme a
Arezo, e posonvi campo; e andoronvi due de' Priori. E il dì di San Giovanni vi
feciono correre un palio; e conbatterono la terra, e arsono ciò che trovorono
in quel contado. Dipoi andorono a Bibbiena, e quella presono e disfeciono le
mura. Molto furono biasimati quelli due di tale andata, cioè de' Priori, perché
non era loro uficio, ma di gentili uomini usi alla guerra. Di poi se ne
tornorono con poco frutto; perché assai vi si consumò, con affanni di persone.
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