I Grandi feciono loro consiglio
in San Iacopo Oltrarno, e quivi per tutti si disse che Giano fusse morto. Poi
si raunorono uno per casa, e fu il dicitore messer Berto Frescobaldi, e disse,
«come i cani del popolo aveano tolti loro gli onori e gli ufici; e non osavano
entrare in palagio: i loro piati non possono sollicitare: se battiamo uno
nostro fante, siamo disfatti. E pertanto, signori, io consiglio che noi usciamo
di questa servitù. Prendiam l'arme, e corriamo sulla piaza: uccidiamo amici e
nimici, di popolo, quanti noi ne troviamo, sì che già mai noi né nostri
figlioli non siamo da loro soggiogati».
Appresso si levò messer Baldo
della Tosa, e disse: «Signori, il consiglio del savio cavaliere è buono, se non
fosse di troppo rischio; perché, se nostro pensiero venisse manco, noi saremo
tutti morti: ma vinciàgli prima con ingegno, e scomuniàgli con parole piatose,
dicendo: I Ghibellini ci torranno la terra, e loro e noi cacceranno, e che per
Dio non lascino salire i Ghibellini in signoria: e così scomunati, conciànli
per modo che mai più non si rilievino». Il consiglio del cavaliere piacque a
tutti; e ordinorono due per contrada, che avessono a corrompere e scomunare il
popolo, e a infamare Giano, e tutti i potenti del popolo scostassono da lui per
le ragion dette.
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