Scacciato Giano della Bella a dì
V di marzo 1294 e rubata la casa e meza disfatta, il popolo minuto perdé ogni
rigoglio e vigore, per non avere capo; né a niente si mossono. I cittadini
chiamarono per Podestà uno che era Capitano. E cominciorono ad accusare gli
amici di Giano; e furonne condannati alcuni, chi in lire Vc chi in lire M, e
alcuni ne furono contumaci. Giano e suo legnaggio si partì del paese; i
cittadini rimasono in gran discordia; chi il lodava, e chi il biasimava. Messer
Giovanni di Celona, venuto a petizione de' Grandi, volendo fornire ciò che
promesso aveva, e aquistare ciò che gli era stato promesso, domandava la paga
sua di cavalli 500 che seco avea menati. Fugli dinegata, essendogli detto non
avea atteso quello avea promesso. Il cavaliere era di grande animo: andossene
ad Arezo agli adversari de' Fiorentini a' quali disse: «Signori, io sono venuto
in Toscana a petizione de' Guelfi da Firenze: ecco le carte: i patti mi
niegano; ond'io e' miei compagni saremo con voi a dar loro morte come a
nimici». Onde gli Aretini, i Cortonesi, e gli Ubertini, li feron onore.
I Fiorentini, sentendo questo,
mandorono a papa Bonifazio, pregandolo che si inframmettesse in fare tra loro
accordo. E così fece: che giudicò i Fiorentini li dessono fiorini XXm; i quali
gliel dierono; e rifatti suoi amici, vedendo che gli Aretini si fidavano di
lui, ordinorono con lui che, tornando ad Arezo, si mostrasse nostro nimico, e
che li conducesse a tòrci Saminiato, che dicea appartenersi a lui per vigore
d'Inperio, per lo quale era venuto e aveane mandato. Ma uno, il quale sapea il
segreto, il palesò per leggiereza d'animo, e per mostrare sapea le cose
segrete; e colui a cui lo disse, lo fece assapere a messer Ceffo de' Lanberti:
onde gli Aretini lo sentirono, e al cavaliere dierono licenzia con tutta la sua
gente.
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