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Fernando Colombo
Historie

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  • 36 - Come l'Ammiraglio partì per Castiglia; e per gran fortuna che ebbe si partì dalla sua compagnia la caravella Pinta.
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36 - Come l'Ammiraglio partì per Castiglia; e per gran fortuna che ebbe si partì dalla sua compagnia la caravella Pinta.

 

Il mercoledì, che fu ai 16 di gennaio dell'anno 1493, con buon tempo l'Ammiraglio partì dal detto golfo delle freccie, che ora chiamano di Samaná, alla volta di Castiglia: e già ambedue le caravelle facevano di molta acqua, ed era grande il travaglio che pativano nel sostentarle; ed essendo l'ultima terra ch'ei lasciò di vista il capo di Sant'Elmo, 20 leghe verso il Nord-Est, videro molta erba di quell'altra sorte: e 20 leghe ancora più innanzi trovarono il mare quasi coperto di tonni piccoli, dei quali altresì gran numero videro i due giorni seguenti, che furono i 19 e 20 di gennaio, e appresso molti uccelli di mare: e pur tuttavia l'erba seguiva coi fili da Est a Ovest insieme con le correnti, dato che già avevano conosciuto che le correnti prendono di quest'erba molto lontano, come che non tengano lungamente un cammino, e alcune volte vanno verso una parte e altre verso un'altra; e questo avveniva quasi ogni giorno fin passato quasi il mezzo del golfo [dell'Oceano]. Seguendo poi il loro cammino con buoni tempi, corsero tanto, che al parere dei piloti ai 9 di febbraio erano verso il mezzodì delle isole degli Astori. Ma l'Ammiraglio dice che era più addietro 150 leghe: e ciò era il vero, perché tuttavia trovavano fili di molta erba, la quale andando alle Indie non videro fin che furono 263 leghe all'occidente dell'isola del Ferro.

Navigando adunque così con buon tempo, di giorno in giorno cominciò a crescere il vento, e il mare a insuperbirsi di modo che con gran fatica lo potevano sopportare. Per la qual cosa il giovedì ai 24 di febbraio di notte corsero dove la forza del vento li portava: onde, perciò che la caravella Pinta, nella quale andava il Pinzón, non poteva resistere tanto al mare, corse dritto al monte col vento di mezzodì, e l'Ammiraglio seguitò il Nord-Est per accostarsi più a Spagna; il che per l'oscurità non poterono fare quelli della caravella Pinta, ancorché l'Ammiraglio portasse sempre il suo fanò acceso. E così, quando fu giorno, del tutto si ritrovarono perduti di vista gli uni dagli altri, e aveva per certo ciascuno che gli altri fossero annegati: per la qual cosa, rivoltandosi alle orazioni e alla religione, quelli dell'Ammiraglio trassero per voto la sorte chi di loro andasse in pellegrinaggio per tutti alla Madonna di Guadalupa, la quale toccò all'Ammiraglio. Poscia sortirono un altro pellegrino alla Madonna di Loreto, e toccò la sorte ad un marinaio del porto di Santa Maria di Santona, chiamato Pietro della Viglia. Indi gettarono la sorte sopra il terzo pellegrino, il quale andasse a vegliare una notte in Santa Chiara di Mogher, e toccò allo stesso Ammiraglio. Ma, crescendo tuttavia la fortuna, tutti quelli della caravella fecero voto di andare scalzi e in camicia a fare orazioni alla prima terra che trovassero ad una chiesa della vocazione della Madonna. Oltre i quali voti generali ve ne furono fatti molti altri da persone particolari, essendo che la fortuna era già troppo grande, e il naviglio dell'Ammiraglio la sopportava difficilmente per difetto di saorna, la quale era mancata per le vettovaglie già consumate. In supplemento della quale s'immaginarono che bene fosse empire dell'acqua del mare tutti i vasi che essi avevano vuoti, il che fu di alcun aiuto, e operò che meglio si potesse sostentare il naviglio, senza così gran pericolo di travolgersi. Di così aspra fortuna l'Ammiraglio dice queste parole:

«Io avrei sopportata questa fortuna con minor fastidio se solamente la mia persona fosse stata in pericolo, sì perché io so d'essere debitore della vita al Sommo Creatore, e sì eziandio perché altre volte mi son trovato sì vicino alla morte, che il minor passo era quello che restava in patirla. Ma quello che mi cagionava infinito dolore ed affanno, era il considerare che, come a nostro Signore era piaciuto d'illuminarmi con la fede e con la certezza di questa impresa, di cui m'aveva data già la vittoria, così, quando i nostri contraddittori avevano da rimanersi convinti e le Altezze vostre da me servite con gloria e accrescimento del loro alto stato, volesse la sua Divina Maestà impedir ciò con la morte mia: la quale ancora sarebbe stata più tollerabile quando non vi fosse insieme occorsa quella di questa gente, che io meco condussi, con promessa di un molto prospero successo. I quali, vedendosi in tanta afflizione, non solo maledicevano la loro venuta, ma ancora la paura, o il freno, che per le mie persuasioni ebbero di non tornare indietro dalla strada, secondo che molte volte furono risoluti di fare. E soprattutto questo mi raddoppiava il dolore il rappresentarmisi avanti gli occhi e ricordarmi i due figliuoli che nello studio aveva lasciati in Cordova, abbandonati di soccorso, in paese straniero, e senza avere io fatto, o almeno senza che fosse manifesto il mio servizio, per cui si potesse credere che le Altezze vostre avessero memoria di loro. E, quantunque dall'una parte mi confortasse la fede ch'io aveva che nostro Signore non permetterebbe mai che una cosa di tanta esaltazione della sua Chiesa, la quale alfine con tante contrarietà e travagli io aveva ridotta all'ultimo punto, rimanesse imperfetta, e io dovessi restarmi rotto, dall'altra parte stimava, che per i miei demeriti, o perché non godessi di tanta gloria in questo mondo, gli piaceva togliermela; e così tra me stesso confuso ricordavami della ventura delle Altezze vostre, le quali eziandio, morendo io, e perdendosi il naviglio, potevano trovar modo di non perdere cosiffatta vittoria: e che sarebbe possibile che per qualche via venisse a loro notizia il successo del mio viaggio. Per la qual cosa io scrissi in una pergamena, con quella brevità che il tempo ricercava, come io lasciavo scoperte quelle terre che io avevo loro promesse, e in quanti , e per qual via io avevo ciò conseguito, e la bontà dei paesi, e la qualità degli abitatori, e come restavano i vassalli delle Altezze vostre nel possesso di tutto quello ch'era stato da me trovato. La quale scrittura serrata e sigillata drizzai alle Altezze vostro col porto, ovvero promessa di mille ducati a colui che così chiusa la presentasse, acciò che, se uomini stranieri la ritrovassero, non disponessero dell'avviso che dentro vi era, con l'avidità di quel porto. E di subito feci portare un gran barile, e, avendo involta la scrittura in una tela incerata e messela appresso in una torta, o focaccia di cera, la posi nel barile, e ben serrato coi suoi cerchi lo gettai in mare, credendo tutti che fosse alcuna devozione; e perché giudicai che potesse avvenire che quello non arrivasse a salvamento e i navigli tuttavia camminavano per avvicinarsi a Castiglia, feci un altro legaccio simile a quello e lo accomodai nell'alto della poppa acciò che, sommergendosi il naviglio, rimanesse il barile sopre le onde in arbitrio della fortuna».

 




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