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Fernando Colombo Historie IntraText CT - Lettura del testo |
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50 - Come l'Ammiraglio lasciò l'abitazione del Natale e andò ad abitare la città che chiamò Isabella.
Considerando adunque l'Ammiraglio la disgrazia dei Cristiani perduti e l'infelicità ch'egli aveva avuta nel mare e nella terra di quel paese, dove da una parte aveva perduta la nave e dall'altra la gente e la fortezza, e che non troppo lontano di qua v'erano altri luoghi più comodi e migliori da popolare, il sabato ai 7 di dicembre si mosse con l'armata per andare dalla banda di levante, dove gettò le ancore. E il dì poscia seguente sopra il medesimo monte Cristo passò fra quelle 7 basse isolette delle quali abbiam già fatto menzione, che quantunque abbiano pochi alberi non sono però senza grazia, giacché in quella stagione che correva dell'inverno vi trovarono fiori, nidi con uova ed altri con uccellini e tutte le altre cose che d'estate si trovano [in Castiglia]. Quindi andò poi a dar fondo ad una popolazione d'indiani, dove con deliberazione di drizzarvi abitazioni smontò con tutta la gente, e con le vettovaglie e ingegni ch'egli portava nell'armata, in una pianura presso ad una balza, nella quale sicuramente e comodamente fabbricar si poteva una fortezza: e quivi edificò una terra, alla quale pose nome Isabella in memoria della Regina donna Isabella. Questo sito giudicarono molto buono, dato che il porto era molto grande, ancorché scoperto al Nord-Ovest, ed aveva un bellissimo fiume lungi un tratto di balestra, da cui potevano trarre canali di acqua, i quali fossero passati per mezzo della popolazione; ed oltre quello si stendeva una molto vaga pianura a cui dicevano gl'Indiani che erano assai vicine le miniere di Cibao. Per tutte le quali cose e ragioni, tanto era l'Ammiraglio frettoloso nel mettere in ordine detta popolazione che, congiungendosi il travaglio patito da lui nel mare con quello che quivi pativa, non solo non ebbe tempo di scrivere, secondo il suo costume giornalmente quel che occorreva, ma n'avvenne ch'ei si ammalò, e per conseguenza interruppe la sua scrittura dall'11 dicembre fino ai 12 di marzo dell'anno 1494. Nel qual tempo, dopo ch'ebbe ordinate le cose della popolazione il meglio che poteva, per le cose di fuori nel mese di gennaio mandò un Alfonso di Ojeda con 15 uomini a cercar le miniere di Cibao. Poscia ai 2 di febbraio se ne ritornarono 12 navigli dell'armata in Castiglia con un capitano, chiamato Antonio de Torres, fratello dell'aia del principe don Giovanni, uomo di gran giudizio e onore, e di cui i Re Cattolici e l'Ammiraglio molto si confidavano. Questi copiosamente portava scritto tutto quello che era successo, e le qualità del paese, e quel che bisognava che vi si facesse. E indi a pochi dì tornò l'Ojeda, e facendo relazione del suo cammino disse che il secondo giorno dopo la sua partita dall'Isabella aveva dormito in un porto che era alquanto difficile da passare e che d'indi in poi di lega in lega aveva trovati cacichi dai quali aveva ricevuta molta cortesia, e che, seguendo il suo cammino, nel sesto giorno dopo la sua partenza giunse alle miniere di Cibao, ove subito gl'Indiani alla sua presenza colsero dell'oro in un piccolo fiume, come avevano fatto anche in molti altri della stessa provincia, nella quale affermava esser gran copia d'oro. Con queste nuove l'Ammiraglio, il quale era già libero dalla sua infermità, restò molto allegro e deliberò di smontare in terra a veder la disposizione della regione, per sapere quel che vi fosse stato mestieri di fare. Adunque il mercoledì ai 12 di marzo del sopraddetto anno 1494 partì dall'Isabella per Cibao a veder le dette miniere con tutta la gente che vi si ritrovava sana, così a piede come a cavallo, lasciata buona guardia nelle due navi e tre caravelle che dell'armata vi rimanevano, e nella capitana fatto mettere tutta la munizione e gli armeggi delle altre navi affinché nessuno potesse sollevarsi con quelle, così come allora ch'egli era ammalato alcuni avevano tentato di fare, perché, essendo andati molti a quel viaggio credendo che subito smontati in terra si dovessero caricar d'oro e così ricchi tornarsene (il quale oro dovunque si ritrova, si cerca e si raccoglie con fatica, industria e tempo), poiché loro non era succeduta la cosa come avevano sperato, scontenti e travagliati per ciò, e per l'edificazione della nuova terra, e stanchi per le infermità che il paese nuovo, l'aria e i cibi cagionate avevano loro, segretamente si erano congiurati di lasciare l'obbedienza dell'Ammiraglio e di pigliar per forza quei navigli che vi restavano e di tornarsene con essi in Castiglia. Sollevatore e capo di costoro era stato un capitano di giustizia della Corte, chiamato Bernardo di Pisa, il quale era andato in quel viaggio con incarico di contatore dei Re Cattolici, per rispetto di che, quando l'Ammiraglio ciò intese, non gli volle dare altro castigo che di metterlo in una nave prigioniero, con proponimento di mandarlo poscia in Castiglia, col processo del suo delitto, così della sollevazione come di aver scritto alcune cose falsamente contro l'Ammiraglio, le quali aveva nascoste in certo luogo del naviglio. Pertanto, tutte queste cose ordinate, e lasciate persone in mare e in terra le quali insieme con don Diego Colón, suo fratello, attendessero al governo e guardia dell'armata, seguì il suo cammino alla volta di Cibao, portando seco tutte le ferramenta e le cose necessarie per fabbricarvi una fortezza per la quale quella provincia si fosse conservata pacifica e i Cristiani i quali avessero a raccoglier l'oro fossero stati sicuri di qualunque insulto e ingiuria che gl'Indiani avessero di far loro tentato. E per metter loro più paura e per levar loro la speranza di poter fare, presente l'Ammiraglio, quello che in assenza sua avevano fatto contro l'Arana ed i 38 Cristiani rimasti presso di loro, menò seco allora tutta quella gente ch'egli poté, acciò che dentro alle loro medesime popolazioni vedessero e conoscessero la potenza dei Cristiani e comprendessero che, qualora per quel paese camminando solo alcuno dei nostri gli fosse fatto alcun dispiacere, v'era possanza di genti per castigarli. E per maggiore apparenza e mostra, partendo dall'Isabella e dagli altri luoghi, menava armata e ridotta in schiere la gente, come si costuma quando si va alla guerra, e con le trombe e con le bandiere spiegate. Ora postosi così egli in cammino, passò lungo quel fiume che giaceva un tratto di schioppo lontano dall'Isabella; e quindi andò a dormire quella notte tre leghe distante in luogo ch'era tutto piano, compartito in belle campagne fino al piè di un porto aspro e alto per due tiri di balestra, a cui pose nome Puerto de los hidalgos [che vuol dir Porto dei gentiluomini], perché andarono innanzi alcuni gentiluomini ad ordinare che si facesse strada: e questo fu il primo porto che nelle Indie si fece, dato che gl'Indiani fanno tanto larghe solamente le vie che passar vi possa un uomo a piede. Passato questo porto entrò in una grande pianura, per la quale camminò il dì seguente cinque leghe, e andò a dormire presso ad un grosso fiume che dalla gente fu passato con zattere e con canoe: questo fiume, ch'ei chiamò delle canne, andava a sboccare a monte Cristo. In quel viaggio passò per molte popolazioni d'Indiani le cui case erano rotonde e coperte di paglia, e con una piccola porta, e tale che bisogna che si abbassi molto chiunque vi entra. Quivi tosto ch'entravano in quelle case, alcuni degl'Indiani che l'Ammiraglio menava seco dalla Isabella, si pigliavano quel che più loro piaceva, né perciò ai padroni facevan dispiacere quasi che il tutto fosse comune. E parimenti quei della terra, avvicinati ad alcun Cristiano, gli toglievano quel che più loro pareva, credendo che medesimamente fosse quello nostro costume. Ma non durò lungamente cotale inganno perché tosto il contrario impararono. In questo viaggio passarono per monti pieni di bellissime foreste, nelle quali si vedevano viti selvatiche e alberi di legno aloé, e di cannella selvatica, e altri che producevano un frutto simile al fico e nel piede erano di somma grandezza, ma le foglie avevano come quelle del pomo: di cotali alberi dicesi farsi la scamonea.
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