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Fernando Colombo Historie IntraText CT - Lettura del testo |
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51 - Come l'Ammiraglio andò alla provincia di Cibao ove trovò le miniere dell'oro e vi fabbricò il castello di San Tommaso.
Il venerdì ai 14 di marzo l'Ammiraglio partì dal fiume delle Canne, e una lega e mezza discosto trovò un gran fiume il quale chiamò il fiume dell'Oro perché nel passarlo raccolsero alcuni grani d'oro. Passato questo fiume con qualche difficoltà, andò ad una grossa popolazione, dalla quale assai gente si fuggì alle montagne, e la maggior parte si fece forte nelle case, sbarrando le porte con alcune canne quasi che questa fosse una gran difesa, acciò non vi entrasse alcuno, dato che, secondo il loro costume, niuno ardisce entrare per la porta che trova così sbarrata, perché per chiudersi porte né legname né altra cosa non hanno, e cotali sbarre, sì come pare, loro bastano. Quindi l'Ammiraglio andò ad un altro bellissimo fiume, che chiamò fiume Verde, le cui sponde erano coperte di cuogoli tondi e lucidi, e quivi riposò quella notte. Il dì seguente poscia, continuando il suo cammino, passò per alcune grandi popolazioni, il popolo delle quali aveva attraversato legni alle porte, come gli altri che di sopra dicemmo: e perché la gente e l'Ammiraglio erano stanchi, si fermarono quella notte al piè di un'aspra montagna, che chiamò porto di Cibao, giacché, passata la montagna, comincia la provincia di Cibao: e da questa erano 11 leghe alla prima montagna che avevano trovata; ed è pianura, e la strada sempre diritta all'Ostro. L'altro giorno, postosi in via, camminò per un sentiero per dove con difficoltà bisognò passare a mano i cavalli; e da questo luogo rimandò alcuni muli all'Isabella, che portassero pane e vino, perché cominciavano a mancar loro le vettovaglie, e si allungava il viaggio: ed essi tanto più pativano per non essere ancora usi a mangiare dei cibi indiani, come ora fanno quelli che vivono e camminano in quelle parti, i quali trovano le vettovaglie di là di miglior digestione e più conformi all'aria del paese di quelle che da queste parti vi sono portate, ancorché non siano di tanta sostanza. Tornati quelli adunque ch'erano partiti per soccorso di vettovaglie, l'Ammiraglio la domenica ai 16 di marzo, passata detta montagna, entrò nel paese di Cibao, che è aspro e sassoso, pieno di ghiaia e coperto di molta erba, e bagnato da molti rivi nei quali trovasi dell'oro. Questa regione, quanto più andavano avanti tanto più la trovavano aspra e più ingombrata d'alte montagne, nei ruscelli delle quali si discernevano i grani dell'oro, perché, come l'Ammiraglio diceva, le grandi pioggie lo portarono seco dalla sommità dei monti ai rivi in granelli minuti. Questa provincia è della grandezza del Portogallo e in tutt'essa sono molte miniere e oro assai nei rivi; ma generalmente ha pochi alberi, e quelli che vi sono si vedono per le sponde dei fiumi, e per la maggior parte sono pini e palme di diverse specie. Ora, perché, come s'è detto, l'Ojeda aveva già camminato per quel paese, e però gl'Indiani avevano già notizia dei Cristiani, avvenne che dovunque l'Ammiraglio passava venivano detti Indiani alle strade a riceverlo con presenti di cose da mangiare, e con alcuna quantità d'oro in granelli da loro raccolto dopo che intesero che egli era venuto là per questa cagione. L'Ammiraglio, vedendo che già si era discostato 18 leghe dall'Isabella, e che la terra che aveva lasciata alle spalle era tutta molto aspra, comandò che fosse fabbricato un castello in un sito molto allegro e forte, che chiamò il castello di San Tommaso, il quale, signoreggiasse la terra delle miniere e fosse come rifugio dei Cristiani che andassero ad esse miniere. In questo nuovo castello pose mossen Pietro Margarita, uomo di molta autorità, con 56 uomini, fra i quali erano maestri di tutto quello che si ricercava per fabbricare il castello, che si faceva di terra e legname, perché così bastava a resistere ad ogni quantità d'Indiani che sopra esso venisse. Quivi aprendo la terra per gittarne le fondamenta e tagliando certa rupe per fare i fori, poi che furono penetrati sotto il sasso due braccia, trovarono nidi di fieno e di paglia, e invece di uova tre o quattro pietre tonde della grossezza di una melarancia grossa, le quali pareva che fossero state fatte ad arte per artiglieri, di che presero grandissima meraviglia: e nel fiume, che scorre alle radici di detto giogo sopra il quale ora giace il castello, trovarono sassi di diversi colori, e alcuni di loro grossi, di finissimo marmo, e altri poi di puro diaspro.
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