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Fernando Colombo
Historie

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  • 52 - Come l'Ammiraglio tornò all'Isabella e trovò quel terreno essere molto fertile.
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52 - Come l'Ammiraglio tornò all'Isabella e trovò quel terreno essere molto fertile.

 

Dato ch'ebbe l'Ammiraglio ordine per la perfetta fabbrica e fortificazione del castello, il venerdì ai 21 di marzo partì verso l'Isabella, e giunto al fiume Verde trovò i muli che venivano con vettovaglie, e per le molte pioggie non potendo passare il fiume, si fermò quivi e mandò alla fortezza le vettovaglie. Poscia, tentando di trovare il guado per guazzar quel fiume, e anche il fiume dell'Oro che è maggiore del fiume Ebro, si fermò alcuni in quelle popolazioni degli Indiani mangiando il loro pane e degli ajes che davano volentieri per poca cosa. E il sabato ai 29 di marzo giunse all'Isabella, dove già erano nati dei meloni buoni da mangiare, non essendo ancora passati due mesi da che erano stati seminati, e parimenti cocomeri vi erano nati in 20 giorni, e una vite selvatica di quelle del paese aveva prodotte delle uve, essendo stata coltivata, le quali erano buone e tonde. E il seguente un contadino raccolse spiche del frumento che avevano seminato alla fine di gennaio. Eravi altresì del cece, ma più grosso di quello che era stato seminato; e in tre giorni uscirono sopra la terra tutti i semi delle piante che seminarono, e nel ventesimoquinto ne mangiarono. Le canne ancora di zucchero germogliarono in sette . Il che procedeva dalla temperie dell'aria, assai conforme a quella del paese nostro perché era più fredda che calda, senza contare che le acque di quelle parti sono molto fredde e sottili e sane.

L'Ammiraglio rimaneva assai soddisfatto della qualità dell'aria, della fertilità e della gente della regione. E il martedì, che fu il primo aprile, venne un messaggero da San Tommaso, mandato da mossen Pietro che ivi era restato come capitano, e portò novella che gl'Indiani del paese se ne fuggivano, e che il cacico chiamato Caunabó si metteva ad ordine per venire ad ardergli la fortezza. Ma l'Ammiraglio, conosciuta la viltà di quei paesani, stimò poco cosiffatto rumore, specialmente confidandosi nei cavalli, dai quali gl'Indiani temevano d'essere divorati, e per ciò tanto era il loro spavento, che non ardivano di entrare in alcuna casa ove fosse stato un cavallo. Con tutto ciò l'Ammiraglio per buon rispetto deliberò di mandargli più genti e vettovaglie, considerando che, volendo egli scoprir la terraferma con le tre caravelle che gli erano rimaste, era bene ch'ivi lasciasse tutte le cose molto quete e sicure. Laonde il mercoledì ai 2 aprile mandò 70 uomini con le vettovaglie e munizioni al detto castello, 25 dei quali fossero per difesa e per scorta e gli altri aiutassero a fare un'altra strada, essendo molto difficile il passare per la prima i guadi dei fiumi.

Ora, partiti costoro, mentre che i navigli si mettevano in punto per andare al nuovo scoprimento, egli attendeva ad ordinare le cose necessarie alla popolazione che faceva, dividendola in strade con una piazza comoda, e procurando di condurvi il fiume per un grosso canale: per la qual cosa fece fare una chiusa che servisse ancora per i molini: perché, essendo la popolazione quasi un tiro d'artiglieria lontana dal fiume, con difficoltà la gente avrebbe potuto fornirsi d'acqua da parte così lontana, specialmente essendo il più della gente molto debole e travagliata per la sottigliezza dell'aria che non si confaceva, onde pativano alcune infermità, e non avevano altro cibo né altre vettovaglie di Castiglia che biscotto, e vino, per il mal governo che i capitani delle navi avevano di ciò avuto e ancora perché in quel paese non si conservano così bene come nel nostro. E quantunque da quei popoli avessero vettovaglie abbondantemente, nondimeno, perché non erano usi a quei cibi, li sentivano allora molto nocevoli. Per la qual cosa l'Ammiraglio si era risoluto di non lasciar nell'isola più di 300 uomini e di mandar gli altri in Castiglia, il qual numero egli conosceva, considerata la qualità dell'isola e delle Indie, essere bastante per tener quella regione in quiete e soggetta all'obbedienza e servizio dei Re Cattolici. Intanto, poiché oramai il biscotto finiva e non avevano farina, ma ben frumento, deliberò di fare alcuni molini ancorché se non distante una lega e mezzo dalla popolazione non si trovasse caduta d'acqua alta a tale effetto, nella qual cosa e in tutte le altre per sollecitar la maestranza era necessario che egli stesse loro sopra, perché tutti fuggivano la fatica. Deliberò appresso di mandar tutta la gente sana, fuorché i maestri e gli artigiani, alla Campagna Regale affinché, camminando per la regione l'acquetassero, e fossero temuti dagl'Indiani, e si avvezzassero ai loro cibi a poco a poco, poiché oramai di giorno in giorno mancavano quelli di Castiglia. Di questi mandò capitano l'Ojeda, finché giungessero a San Tommaso, perché quivi li consegnasse a mossen Pietro, il quale dovesse andar con loro per l'isola e l'Ojeda rimanesse per castellano nella fortezza, come quel che si era faticato il passato inverno in scoprire quella provincia di Cibao, che in lingua indiana vuol dire sassosa.

E così l'Ojeda partì dall'Isabella il mercoledì 29 d'aprile alla volta di San Tommaso con tutta la suddetta gente, che passavano 400 uomini, e, poi ch'ebbe passato il fiume dell'Oro, fece prigione il cacico che quivi era e un suo fratello, e un nipote, e li mandò in ferri all'Ammiraglio; e fece tagliar le orecchie ad un suo suddito nella piazza della sua popolazione, perché venendo da San Tommaso tre Cristiani all'Isabella, questo cacico gli aveva dati cinque Indiani che portassero loro i drappi dall'altra parte del fiume per il guado, ed essi, quando furono a mezzo il fiume coi panni, se ne tornarono con quelli alla popolazione loro, ed il cacico, in luogo di castigare il delitto, aveva presi i drappi per sé, né li aveva voluti restituire. Ma l'altro cacico, che abitava dall'altro lato del fiume e confidato nei servigi da lui fatti ai Cristiani, deliberò di venirsene coi prigioni all'Isabella a intercedere per loro dall'Ammiraglio, il quale gli cortese accoglienza, e comandò che quegl'Indiani con le mani legate in piazza fossero con pubblico bando sentenziati alla morte, il che veduto dal buon cacico, con molte lagrime ottenne loro la vita, promettendo per cenni che mai più non commetterebbero alcun delitto.

Avendo adunque l'Ammiraglio liberati tutti, venne un uomo a cavallo da San Tommaso, e diede nuova che nella popolazione di quel medesimo cacico prigione aveva trovato che i suoi sudditi avevano presi cinque Cristiani, i quali erano partiti per venirsene all'Isabella, e ch'egli spaventandoli col cavallo, li aveva liberati e fatti fuggir più di 400 Indiani, avendone feriti due nell'incalzo: e che, essendo egli poi passato di qua dal fiume, vide che ritornavano sopra i detti Cristiani: ond'egli fece mostra di voler far fronte e ritornar contro loro, ma essi, per paura del suo cavallo, si misero in fuga temendo che il cavallo passasse il fiume volando.

 




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