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Fernando Colombo
Historie

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  • 61 - Alcune cose vedute nell'isola, e i costumi, le cerimonie e la religione degl'Indiani.
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61 - Alcune cose vedute nell'isola, e i costumi, le cerimonie e la religione degl'Indiani.

 

Ritornava adunque la gente di quell'isola più domestica, e praticando essa più sicuramente coi nostri si ebbe cognizione di molte cose e segreti della regione e specialmente che v'erano miniere di rame, di azzurro, d'ambra, verzì, ebano, incenso, cedro, e molte gomme fini, e spezierie di diverse sorti, benché selvatiche, le quali essendo coltivate si potevano ridurre a perfezione, come la cannella fina di colore, ancorché amara di sapore, zenzero, pepe lungo, assai specie di morari per la seta, i quali in tutto l'anno hanno foglia, e molti altri alberi e erbe di utilità, di cui nelle nostre parti non si ha cognizione veruna. Intesero parimenti i nostri molte altre cose intorno ai loro costumi, le quali paiono a me degne d'essere raccontate in questa storia.

Cominciando adunque dalle divine, noterò qui le parole stesse dell'Ammiraglio, il quale così lasciò scritto: «Idolatria, né altra setta io non ho potuto comprendere in loro, quantunque tutti i loro re, che sono molti, sì nella Spagnola come in tutte le altre isole e nella terraferma, abbiano una casa per ciascun di loro, separata dalla popolazione, nella qual non è cosa alcuna eccetto alcune immagini di legname, lavorate in rilievo, che da loro son chiamate cimi; né in quella loro casa si lavora per altro effetto o servizio che per questi cimi per certa cerimonia e orazione che vanno a fare in essa come noi alle chiese. In questa casa hanno una tavola ben lavorata, di forma rotonda come un tagliere, nella quale sono alcune polveri che da loro sono poste sulla testa dei suddetti cimi, facendo loro cerimonia: poi con una canna di due rami che si mettono al naso succhiano questa polvere. Le parole che dicono non le intende alcuno dei nostri. Con la detta polvere vanno fuori di sentimento diventando come ubbriachi. Pongono un nome alla detta statua, e credo che sia quella del padre, dell'avolo, o di ambedue, perché n'hanno più d'una, e altri più di 10, tutti in memoria, come ho detto già, di alcuno dei suoi antecessori. Io ho ben sentito lodarne più una che un'altra, e li ho veduti aver più devozione e far più riverenze ad una che ad un'altra, come noi facciamo nelle processioni, quando fa mestieri: e si vantano i cacichi e i popoli gli uni con gli altri di aver miglior cimi. E quando vanno a questi loro cimi ed entrano nella casa dove egli è, si guardano dai Cristiani e non li lasciano entrare in essa: anzi, se hanno sospetto della loro venuta tolgono via i cimi, o cimini, e li nascondono nei boschi per paura che non siano loro tolti, e (quel che è più da ridere) hanno fra loro in costume di rubarsi i cimi l'uno all'altro. E avvenne che una volta, avendo essi sospetto di noi, entrarono con loro in detta casa i Cristiani; e di subito il cimi gridò forte e parlò nella lingua loro, da che si scoperse che era fabbricato artificiosamente, perché essendo egli vuoto, avevano alla parte inferiore accomodata una tromba, o cerebottana, la quale riusciva ad un lato oscuro della casa, coperto di foglie e di fronde, ov'era una persona che parlava quel che il cacico voleva che ei dicesse, per quanto si può fare con una cerebottana. Laonde i nostri, avvertiti di quello che poteva essere, diedero dei piedi al cimi e trovarono essere quel che ho narrato. La qual cosa il cacico vedendo scoperta dai nostri, con grande instanza pregolli a non dir cosa alcuna agl'Indiani suoi sudditi né ad altri, perché con quella astuzia egli teneva tutti in obbedienza. Questo possiamo noi dire che abbia alcun colore d'idolatria, almeno in quelli che non sanno il segreto e l'inganno dei loro cacichi, poiché credono che colui che parla sia il cimi, e tutti in generale sono gl'ingannati, e solo il cacico è quello ch'è consapevole e copritore della loro falsa credenza, col mezzo della quale trae dai suoi popoli tutti quei tributi che pare a lui.

«Parimenti la maggior parte dei cacichi hanno tre pietre nelle quali essi e i loro popoli hanno gran devozione. L'una dicono che giova alle biade e ai legumi seminati, l'altra al partorir delle donne senza doglie, e la terza giova per l'acqua e per il sole, quando ne hanno bisogno. Io mandai a vostra Altezza tre di queste pietre con Antonio de Torres e altre tre ne ho da portar meco. Medesimamente quando questi Indiani muoiono, fanno loro le esequie in diversi modi, e il modo nel quale seppelliscono i cacichi è questo. Aprono il cacico e lo seccano al fuoco acciò che si conservi così intiero. Degli altri solamente pigliano la testa. Altri seppelliscono in una grotta e mettono loro sopra la testa una zucca d'acqua e del pane. Altri abbruciano nella casa ove muoiono; e quando li vedono all'estremo punto, non lasciano loro finir la vita, ma li strangolano: e ciò si fa ai cacichi. Altri li cacciano fuori di casa e altri mettono in un'amaca, che è il loro letto di rete, e mettono loro acqua e pane dalla banda del capo, e li lasciano soli, non tornando a vederli più. Alcuni ancora che sono gravemente ammalati li menano al cacico, ed egli dice loro se debbono strangolarli o no, facendo quel ch'egli comanda.

«Io mi sono affaticato per intendere che cosa credono e se sanno dove vadano dopo morti, specialmente da Caunabó, il quale era il principale re della Spagnola, uomo di età e di gran sapere, e di acutissimo ingegno, ed esso e gli altri rispondevano che vanno ad una certa valle la quale ogni principal cacico crede che giaccia nel suo paese, affermando quivi ritrovare i loro padri e tutti i loro antecessori, e che mangiano, e hanno donne, e si danno ai piaceri e sollazzi, come più copiosamente si contiene in una breve scrittura, nella quale io comandai ad un fra Roman, che sapeva la loro lingua, ch'ei raccogliesse tutti i loro riti e le antichità, benché siano tante le favole; che non se ne può trarre altro frutto se non che ciascun di loro ha certo naturale rispetto al futuro e crede all'immortalità delle anime nostre».

 




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