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Fernando Colombo
Historie

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  • 85 - Come l'Ammiraglio fu preso e mandato in ferri in Castiglia insieme coi suoi fratelli.
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85 - Come l'Ammiraglio fu preso e mandato in ferri in Castiglia insieme coi suoi fratelli.

 

Veduta adunque dall'Ammiraglio la lettera dei Re Cattolici, subito venne a San Domingo, dove il già detto giudice era; il quale, bramoso di rimanere al governo, senz'altra dimoragiuridica informazione, al principio di ottobre dell'anno 1500 lo mandò prigione ad un naviglio insieme con don Diego suo fratello, mettendoli in ferri e sotto buona guardia, e avendo comandato sotto gravissime pene che niuno parlasse in cosa alcuna di loro. Poscia, come si dice della giustizia di Pero Luiglio, cominciò a formar processo contro di essi, ammettendo per testimoni i sollevati suoi nemici, e favorendo e provocando pubblicamente quelli che venivano a dir male di loro. I quali nelle loro deposizioni dicevano tante malvagità e tristizie, che sarebbe stato più che cieco colui che non avesse conosciuto quelle esser dette con passione e senza verità.

Per la qual cosa i Re Cattolici poi non le vollero accettare, e li assolsero, pentendosi molto di aver mandato un simil uomo con quel carico: e ciò non senza giusta cagione, perché questo Bobadiglia distrusse l'isola, e dissipò le rendite e i tributi reali affinché tutti gli dessero aiuto, dicendo che i Re Cattolici non volevano altro che il nome del dominio, e che l'utile fosse dei loro sudditi. Con tal voce non perdeva però egli la sua parte: ma, accompagnatosi coi più ricchi e potenti, dava loro Indiani per i loro servizi con patto che partecipassero seco tutto quello che con detti Indiani acquistassero, e vendeva all'incanto le possessioni e i poderi i quali l'Ammiraglio per i Re Cattolici aveva acquistati, dicendo che i Re non erano lavoratori, né mercatanti, né volevano quelle terre per loro utile, ma per sovvenimento e aiuto dei loro buoni sudditi. Sotto questo nome vendendo egli il tutto, dall'altra parte procacciava che fosse comprato da alcuni suoi compagni per i due terzi meno di quel che valevano. Le quali cose oltre che così faceva, non drizzava ad altro fine le cose di giustizia, né aveva altro rispetto che di farsi ricco, e acquistar la grazia del popolo. Tuttavia egli era con paura che il Prefetto, non ancora tornato di Suragna, gli cagionasse alcun impedimento, e che armata manu cercasse di liberar l'Ammiraglio: ma i suoi fratelli in ciò furono di molta prudenza, e l'Ammiraglio mandò loro subito a dire che, per servigio dei Re Cattolici, e per non mettere in sedizione la terra, a lui andassero pacificamente, dato che, giunti in Castiglia, avrebbero ottenuto più facilmente il castigo di cosiffatta persona e rimedio al torto che era a lui fatto. Ma né per ciò il Bobadiglia lasciò d'imprigionarlo coi suoi fratelli, consentendo che i tristi e i popolari dicessero di loro mille ingiurie per le piazze, suonando con corni presso al porto ov'essi erano stati imbarcati, oltre ad essere stati piantati per i cantoni molti libelli diffamatori: in guisa che, quantunque avesse inteso che un Diego Ortiz governatore dell'Ospitale aveva letto un libello in piazza, non solo non lo castigò, ma ne dimostrò una grande allegrezza: onde s'ingegnava ciascuno a sua possa di farsi conoscere in cotali cose valente. Né restò egli, al tempo della partenza, temendo forse che l'Ammiraglio tornar dovesse nuotando, di comandare al patrono del naviglio, chiamato Andrea Martín, che così prigione dovesse consegnarlo al vescovo don Giovanni Fonseca, col cui favore e consiglio si teneva per certo che egli facesse quel che faceva: quantunque, essendo poi in mare, conosciuta il patrono la malignità del Bobadiglia, volesse trarre i ferri all'Ammiraglio: a che egli non consentì mai, dicendo che poiché i Re Cattolici comandavano per la loro lettera che egli eseguisse quello che dal Bobadiglia per nome loro gli fosse comandato, per la quale autorità e commissione egli l'aveva messo in ferri, non voleva che altri che le stesse persone delle Altezze loro facessero sopra ciò quel che più loro piacesse: ed egli aveva deliberato di voler salvare quei ceppi per reliquie e memoria del premio dei suoi molti servizi, come anche fece, perché io gli vidi sempre in camera cotali ferri, i quali volle che con le sue ossa fossero sepolti. Ed ai 20 di novembre del 1500 avendo scritto ai Re ch'era giunto a Cadice, essi, inteso come veniva, tosto diedero ordine che fosse rilasciato, e scrissero a lui lettere piene di benignità, dicendo dispiacer molto loro dei suoi travagli e della scortesia usatagli dal Bobadiglia, e che dovesse andare alla Corte, ove si sarebbe atteso ai suoi negozi, e avrebbero dato ordine ch'egli fosse brevemente, e con suo onore spedito.

Con tutte le quali cose io non debbo però incolpar meno i Re Cattolici, ch'elessero per quell'incarico un uomo maligno e di sì poco sapere, perché s'egli fosse stato uomo che avesse saputo far bene il suo ufficio, lo stesso Ammiraglio si sarebbe rallegrato della sua andata, avendo egli con sue lettere supplicato che mandassero alcuno acciò che avessero vera informazione delle malvagità di quelle genti, e degl'insulti che commettevano, onde venissero a ricever castigo per altra mano, non volendo egli, per essere essi stati l'origine dei rumori con suo fratello, procedere con quel rigore che avrebbe usato un altro senza sospetto. E quantunque possa dirsi che, benché i Re Cattolici avessero così male informazioni contro l'Ammiraglio, non dovevano però mandare il Bobadiglia con tante lettere e favori, senza limitargli la commissione che gli davano, si può nondimeno rispondere per loro scusa che non fu maraviglia se così fecero, perché molte erano le querele contro l'Ammiraglio che a loro erano state mandate, secondo che di sopra abbiam detto.

 




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