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Fernando Colombo Historie IntraText CT - Lettura del testo |
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32 - Come l'Ammiraglio perdette la sua nave in alcune basse per trascuratezza dei marinai, e l'aiuto che dal re di quell'isola egli ebbe.
Seguendo adunque l'Ammiraglio quel che passò, dice che il lunedì ai 24 di dicembre fu molta calma senz'alcun vento, eccetto un poco che lo condusse dal mar di San Tommaso fino alla punta Santa, sopra la quale per una lega stette così finché, passato il primo quarto, che poteva essere un'ora avanti mezzanotte, se n'andò a riposare, perché erano due dì e una notte che non aveva dormito. E poiché era calma, il marinaio ch'era al timone lo raccomandò ad un fante del naviglio. «Il che (dice l'Ammiraglio) io avevo proibito in tutto quel viaggio, dicendo loro che con vento o senza vento non lasciassero mai il timone ai fanti. E per caso io mi ritrovavo in sicuro dalle secche e dagli scogli, giacché la domenica che io mandai le barche a quel re, erano passate dall'Est di detta punta Santa all'Est-Sud-Est tre leghe, e avevano altresì veduto per dove si poteva passare, il che in tutto il viaggio io non feci. E piacque a nostro Signore che a mezzanotte, vedutomi coricato nel letto, ed essendo noi in calma morta e il mare come l'acqua d'una scodella tranquillo, tutti andarono a riposare, lasciando il timone in governo d'un garzone. Laonde avvenne che le acque, le quali correvano, portarono la nave molto quietamente sopra una di quelle secche le quali, ancorché fosse di notte, ruggivano di maniera che distante una grossa lega si potevano vedere e sentire. Allora il garzone, che sentì arare il timone e udì il rumore, incominciò a gridare forte, e sentendolo io, mi levai su tosto che ancora nessuno aveva sentito che noi avessimo incagliato in quel luogo; e di subito il patrono della nave, a cui toccava la guardia, ne uscì, ed io dissi a lui ed agli altri marinai che, montati nel battello che portavano fuor della nave e presa un'ancora, la gettassero per poppa. Egli allora con molti altri saltò nel battello, e pensando io che facessero quel che io gli avevo detto, essi vogarono via fuggendo col battello alla caravella che giaceva mezza lega discosto. Vedendo io adunque che fuggivano col battello, e che scemavano le acque e che la nave stava in pericolo, feci di subito tagliar l'albero e alleggerirla il più che si poté per veder se potevamo cavarla fuori. Ma scemando tuttavia le acque, la nave non poté respirare, e, piegatasi alquanto, s'aperse nelle commessure e s'empì tutta per di sotto d'acqua. Intanto giunse la barca della caravella per darmi soccorso, in quanto che, vedendo gli uomini di lei che il battello fuggiva, non vollero raccoglierlo, per la qual cosa esso fu costretto a ritornarsi alla nave. «Non mi si mostrando adunque rimedio per poterla salvare, me n'andai alla caravella per salvar la gente, e poiché soffiava vento di terra, ed era già gran parte della notte passata, né sapevamo per certo per dove si potesse uscire di quelle secche, temporeggiai con la caravella finché il dì apparve, e subito venni ad essa [alla Santa Maria] per di dentro della secca, avendo prima mandato il battello in terra con Diego di Arana, capitano maggiore di giustizia dell'Armata e Pietro Gutierrez, credenziere di vostre Altezze, affinché facessero intendere al re quel che passava, dicendogli che, per voler andare a visitarlo al suo porto, come egli il sabato passato mi aveva pregato, avevo perduto la nave di rimpetto alla sua popolazione, una lega e mezza discosto, in una secca che quivi era. Il che inteso dal re, con lagrime mostrò grandissimo dolore del nostro danno, e subito mandò alla nave tutta la gente della popolazione con molte e grosse canoe: e così essi e noi cominciammo a scaricare, e scaricammo tutta la coperta in breve spazio di tempo, tal che fu grande l'aiuto che questo re ci diede. Ed egli poscia in persona coi suoi fratelli e parenti usava ogni diligenza, così nella nave come in terra, acciò che il tutto fosse ben governato, e di tempo in tempo mandava dei suoi parenti piangendo a pregarmi che io non mi prendessi fastidio, che egli mi donerebbe tutto quello che aveva. E affermo alle Altezze vostre per cosa certa, che in niuna parte di Castiglia non si avrebbe potuto trovar sì buon governo per le cose nostre, delle quali non mancò pure una stringa, perché tutte le nostre robe egli fece mettere insieme presso al suo palazzo, ove le tenne finché si vuotarono le case ch'ei voleva dare per conservarvele. Vi mise in seguito a custodia uomini armati, i quali vi fece stare per tutta la notte, ed egli con tutti quelli della terra piangevano, quasi che loro molto il nostro danno importasse: tanto è la gente amorevole, e senza avidità, e trattabile, e mansueta, ch'io giuro alle Altezze vostre che nel mondo non v'è miglior gente, né miglior terra. Amano questi il prossimo come se stessi, ed hanno un ragionare il più dolce e mansueto del mondo, allegro, e sempre accompagnato da riso. È bene il vero che vanno nudi, così uomini, come donne, come son nati, ma però credano le Altezze vostre che hanno costumi molto lodevoli, e il re è servito con grande maestà: il quale è tanto continente che porge gran diletto il vederlo; è parimenti da considerare la memoria di questo popolo, e il desiderio di sapere ogni cosa, il quale li spinge a domandar questo e quello, e ricercare la causa e l'effetto del tutto».
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