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Fernando Colombo Historie IntraText CT - Lettura del testo |
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86 - Come l'Ammiraglio andò alla Corte a render conto di sé ai Re Cattolici.
Tosto che i Re Cattolici intesero la venuta e prigionia dell'Ammiraglio, ai 17 di dicembre mandarono ordine che egli fosse messo in libertà, e a lui scrissero che dovesse andare in Granata, dove fu dalle Altezze loro accolto con allegro volto e con dolci parole, e dettagli la sua prigionia non esser proceduta da loro volontà e comandamento, anzi che n'era loro dispiaciuto assai e che vi avrebbero provveduto di modo che sarebbero stati castigati i colpevoli, ed egli interamente soddisfatto. Con tali e simili altre parole di favore comandarono allora che si dovesse attendere al suo negozio, la cui somma e risoluzione fu questa, che deliberarono di mandare un governatore alla Spagnola, il quale dovesse sgravar l'Ammiraglio e i suoi fratelli; che il Bobadiglia fosse costretto a restituirgli appieno tutto quello che gli aveva tolto: che all'Ammiraglio tutto ciò fosse dato che gli veniva secondo le capitolazioni fatte; che si formasse processo delle colpe dei sollevati e fossero castigati i loro delitti secondo gli errori i quali avessero commessi. Fuvvi mandato adunque un don Nicolò di Ovando, commendatore di Lares, uomo di buon giudizio e prudente, ancorché, siccome poi si vide, fosse molto appassionato in pregiudizio del terzo, guidando le sue passioni con cautelose astuzie e dando fede ai suoi sospetti ed ai maligni, eseguendo appresso il tutto per rispetto loro con crudeltà e animo vendicativo, come può far testimonio la morte degli 80 Re, di cui sopra abbiamo detto. Ma tornando all'Ammiraglio, dico che in Granata, come ai Re Cattolici piacque di mandare alla Spagnola il detto commendatore, così stimarono ben fatto che si dovesse mandar l'Ammiraglio a qualche viaggio, onde essi ricevessero da lui alcun utile, e ove egli si occupasse finché il detto commendatore acquetasse le cose e i tumulti della Spagnola, perché pareva per loro male il tenerlo così lungo tempo fuori del suo giusto possesso, non essendo in ciò giusta causa, poiché l'informazione mandata dal Bobadiglia contro di esso constava a loro esser piena di malizia e di falsità, e non di casi per i quali egli dovesse perdere il suo stato. Ma perché nell'esecuzione di ciò vi era alcuna dilazione, e correva oramai il mese di ottobre dell'anno 1501 e i maligni procacciavano ancora che si aspettasse nuova informazione, l'Ammiraglio deliberò di parlare ai Re e di chieder loro che gli promettessero di conservarlo e guardarlo dai suoi pericoli, il che anche fece dopo con sue lettere. Ciò, quando l'Ammiraglio era per partire per quel viaggio, essi gli promisero con una loro lettera, nella quale dicono cosiffatte parole: «E siate certo che la vostra prigionia ci è dispiaciuta molto; e ben lo vedete voi, e lo conobbero tutti chiaramente, poiché tosto che ciò sapemmo vi provvedemmo di buon rimedio. E sapete con che onore e cortesia abbiamo comandato che vi trattassero sempre, il che ora siamo per far maggiormente, e per onorarvi e per trattarvi benissimo, promettendovi che le grazie da noi concedutevi vi saranno conservate intiere, secondo la forma e il tenore dei nostri privilegi, i quali, senza che a loro sia contraffatto, e voi e i vostri figliuoli godrete, come vuol la ragione; e, se sarà necessario il confermarli di nuovo, li confermeremo, e appresso comanderemo che vostro figliuolo sia messo in possesso di tutto ciò: che noi in maggior cosa che questa non è, desideriamo onorarvi e favorirvi: e siate certo che dei vostri figliuoli e fratelli noi avremo quella cura che la ragion ricerca: il che si farà, andato che sarete voi alla buon'ora; perché sarà dato il carico a vostro figliuolo, come si è detto. Vi preghiamo dunque che alla vostra partenza voi non diate dilazione. Dato in Valenza della Torre ai 14 di marzo dell'anno 1502». Le quali offerte e parole gli scrissero i Re perché l'Ammiraglio era deliberato di non impacciarsi più nelle cose delle Indie, ma scaricarsi con mio fratello, avendo in ciò buona opinione: e diceva che se i servizi da lui fatti non bastavano per far castigare le malvagità di quella gente, non sarebbe bastato quello che per l'avvenire egli avesse fatto, poiché la principal cosa alla quale egli si era offerto, prima che scoprisse le Indie, egli l'aveva già adempiuta, che era mostrare che v'erano delle isole e della terraferma nella parte occidentale, e che la strada era facile e navigabile, e l'utile manifesto, e le genti molto domestiche e disarmate. Il che, poiché con la sua persona egli aveva verificato, oramai non gli mancava altro se non che le Altezze loro seguitassero l'impresa, mandando gente la quale ricercasse e tentasse intendere i segreti di quei paesi, perché ora che era aperta la porta ciascuno sarebbe stato buono a seguitar la costa, come già alcuni i quali impropriamente si chiamavano scopritori, non considerando che non hanno scoperta alcuna regione nuova, ma che seguono la scoperta da quel tempo in poi che l'Ammiraglio insegnò loro le dette isole e la provincia di Paria, la quale fu la prima regione che della terraferma già fu trovata. E però, avendo l'Ammiraglio avuto sempre grande inclinazione a servire i Re Cattolici, e specialmente la serenissima Regina, contentò di tornare ai suoi travagli, e mettersi al viaggio che più oltre diremo, poiché egli aveva per certo che ogni dì dovessero trovarsi cose di gran ricchezza, come scrisse l'anno del 1499 alle loro Altezze, parlando dello scoprimento così: «Non si dee lasciar di continuarlo, perché, per dir vero, se non un'ora, l'altra si troverà alcuna cosa importante»; siccome ora s'è dimostrato, con la Nuova Spagna e col Perù: ancorché allora, come avvenir suole alla maggior parte degli uomini, niuno desse fede a quel che egli diceva; e pur niuna cosa egli disse che non riuscisse vera, come i Re Cattolici in una lettera loro, scritta il 5 settembre del 1503 in Barcellona dicono.
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