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Fernando Colombo
Historie

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  • 93 - Come per la forza dei temporali l'Ammiraglio tornò verso occidente per intendere delle miniere e per informarsi di Beragua.
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93 - Come per la forza dei temporali l'Ammiraglio tornò verso occidente per intendere delle miniere e per informarsi di Beragua.

 

Il lunedì ai 5 di dicembre, vedendo l'Ammiraglio che la violenza dei tempi levanti e Nord-Est non cessava, e non poteva contrattare con quei popoli, deliberò di tornare a certificarsi di quel che dicevano gl'Indiani delle miniere di Beragua, e così quel giorno andò a dormire a Belporto 10 leghe verso occidente; e seguendo l'altro dì il suo cammino, fu assalito da un vento Ovest, che era contrario a quel suo nuovo disegno, ma ben prospero a quello che fin'allora per lo spazio di tre mesi aveva avuto. E perché egli non credeva che questo vento avesse a durare, non volle mutar cammino, ma contendere alcuni dì, perché erano i tempi instabili: e quando venne un poco di buon tempo, atto a mandarne a Beragua, ne successe un altro contrario a quello, il quale ne costrinse a tornar verso Belporto; e quando più speravamo di afferrare il porto, tornava a cangiarsi il vento in contrario al nostro bisogno, e alle volte con tanti tuoni e lampi che la gente non aveva ardire di aprir gli occhi, e pareva che i navigli si sommergessero, e che il cielo venisse giù. E alcuna fiata i tuoni così lungamente continuavano, che si teneva per certo che alcuna nave della compagnia sparasse artiglierie per chiedere soccorso. Altre volte poi risolvevasi il tempo in tanta pioggia che in due né in tre dì non cessava di piovere copiosamente, e in guisa che pareva un nuovo diluvio. Perché non v'era alcuno nei navigli che non fosse in grande affanno e mezzo disperato, vedendo non poter riposare mezz'ora, e standosi continuamente bagnato, e camminando ora verso una parte e ora verso un'altra, contrastando con tutti gli elementi, e di tutti loro temendo, e ciò perché in sì spaventosi temporali temesi il fuoco per i fulmini e lampi, e l'aria per la sua furia, e l'acqua per l'onde, e la terra per le secche e per gli scogli delle coste non conosciute, i quali talora trova l'uomo presso al porto ove spera trovar scampo, e per non averne notizia, o per non saper ben l'entrata, ha per migliore contendere con gli altri elementi di cui men si partecipa. Ed oltre a questi timori così diversi, ce ne sopravvenne un altro di non minor pericolo e ammirazione, che fu quello di una manica, che il martedì ai 13 di dicembre passò fra i navigli, la quale, se non tagliavano dicendo l'Evangelo di S. Giovanni, non è dubbio che annegava chiunque colto essa avesse, perché, come abbiamo detto, tira l'acqua in su fino alle nubi in forma di colonna più grossa che una botte, torcendola a guisa di turbine. E quella stessa notte si perdé dalla nostra vista il naviglio Vizcaino, e con assai buona sorte nel fine di 3 giorni oscurissimi ci tornò a vedere, ancorché col battello perduto, e avendo corso gran pericolo, sorto vicino a terra in balìa di un'ancora che all'ultimo perdette, essendo stato costretto a tagliar la gomena. E allora si conobbe che le correnti di quella costa si conformavano coi temporali, e che allora andavano col vento verso levante, volgendosi in contrario quando regnavano i levanti che correvano all'occidente perché, come pare, le acque seguono quivi il corso dei venti che più soffiano.

Avendo adunque tali contrarietà di mare e di vento perseguitata l'armata con tanta forza che l'avevano mezza smembrata, onde niuno poteva più per i travagli patiti, ci diede alquanto di riposo un giorno o due di calma, con cui vennero tanti pesci tiburoni ai navigli, che quasi ne mettevano spavento, specialmente a coloro i quali riguardano gli augurii, poiché, come si dice degli avvoltoi che pronosticano quando v'ha corpo morto e che lo conoscano all'odore per distanza di molte leghe, così pensano alcuni che avvenga di questi tiburoni: i quali prendono la gamba o il braccio della persona coi denti, è lo tagliano, come un rasoio, perché hanno due ordini di denti fatti a guisa di una sega. Di questi tanta fu l'uccisione che facemmo con l'amo di catena, che per non poter più ammazzarne si andavano strascinando per l'acqua, ed è tanta la loro golosità che non solo mordono ogni carogna, ma ancora si pigliano con panno rosso rivolto all'amo. Ed io ho veduto trarre dal ventre di uno di questi tiburoni una testuggine, che poi visse nel naviglio: e d'un altro si cavò la testa intera di un suo compagno, avendogliela noi tagliata e gittata all'acqua, per non esser buona da mangiare, come né essi son buoni, la quale quel tiburone inghiottì: e a noi parve cosa fuor di ragione che un animale ingoi la testa di un altro della sua grandezza: ma non è da meravigliarsi, perché hanno la bocca rotta quasi fino al ventre e la testa in forma di oliva. Ora, quantunque alcuni li avessero per malaugurio, e altri per cattivo pesce, tutti nondimeno loro facemmo onore per la penuria che di vettovaglie avevamo, per essere oramai passati 8 mesi che scorrevamo nel mare, onde era consumata tutta la carne e il pesce che avevamo portato di Spagna, e con quei caldi, e con l'umidità del mare anche il biscotto era divenuto così verminoso, che, così Dio ne aiuti, io vidi molti i quali aspettavano la notte per mangiar la mazzamora e non vederci i vermi che v'erano: e altri erano così usi a mangiarli, che non si curavano di gittarli via, ancorché li vedessero, perché a questo attendendo avrebbero perduto la cena.

Sabato ai 27 del mese l'Ammiraglio entrò in un porto tre leghe all'oriente del Pegnone, che gl'Indiani chiamavano Huiva, ed era come un gran canale, dove ci riposammo tre dì: e smontati in terra, vedemmo gli abitatori abitare nelle cime degli alberi, come uccelli, avendo attraversati dall'un ramo all'altro alcuni bastoni, e fabbricate quivi le loro capanne, che così possono chiamarsi piuttosto che case. E ancorché noi non sapessimo la cagione di tal novità, nondimeno giudicammo che ciò procedesse dalla paura dei grifi, che sono in quel paese, o dei nemici, perché in tutta quella costa hanno da una lega all'altra grandi inimicizie.

Da questo porto partimmo ai 20 dello stesso mese con bonaccia non ben sicura, e non sì tosto uscimmo in mare, i venti e la fortuna tornarono a molestarci in modo che fummo costretti ad entrare in un altro porto, onde uscimmo il terzo dì con mostra di miglior tempo: il quale però, come chi aspetta il nemico dietro ad un cantone, tosto ci assalì di guisa che ci menò seco quasi presso al Pegnone ed essendo già in speranza di entrar nel porto ove prima ci eravamo ricoverati, quasi che si giuocasse, presso alla bocca dello stesso porto ci assalì il tempo così violento che, se ci fu prospero in cosa alcuna, fu che ci concedette il poter pigliar quel porto dalla cui bocca ci aveva prima ritirati, ove il giovedì ai 13 dello stesso mese di dicembre eravamo stati: e quivi stemmo dal secondo giorno di Natale fino ai tre dì di gennaio del seguente anno 1503, che, avendo acconciato quivi il naviglio Gallego e pigliato molto maiz, e acqua, e legna, tornammo al cammino di Beragua con assai cattivi e contrari tempi, i quali con effetto si mutavano in rei come l'Ammiraglio mutava la via del suo cammino. E fu ciò cosa tanto strana e non mai più veduta, che io non avrei annotate tante mutazioni se, oltre l'essermi trovato presente, non l'avessi veduto scritto da Diego Mendez, che navigò con le canoe di Giamaica, di che più oltre farò menzione: il quale ancora scrisse questo viaggio, e nella lettera che per lui l'Ammiraglio mandò ai Re Cattolici, dalla cui lezione, poiché essa si trova stampata, il lettore conoscere potrà quel che noi patimmo, e quanto la fortuna perseguita colui che essa dovrebbe più prosperare.

Ma tornando alle mutazioni e contrarietà dei tempi e del cammino, che ci diedero tanta fatica tra Beragua e Belporto, onde poi si chiamò quella costa Costa dei Contrasti, dico che il giovedì dell'Epifania demmo fondo presso un fiume che gl'Indiani chiamano Gieura, e l'Ammiraglio lo nomò di Betlem, perché nel dì dei tre Magi giungemmo in quel luogo; e subito fece scandagliare la bocca di quel fiume, e d'un altro ch'era più all'occidente dagl'Indiani detto Beragua, e trovò che l'entrata era molto bassa, e che in quella di Betlem v'erano di pieno mare quattro braccia d'acqua. Entrarono adunque le barche nel fiume di Betlem, e andarono all'insù fino alla popolazione dove ebbero notizia esser le miniere dell'oro in Beragua: e nel principio non solo non volevano gl'Indiani parlare, ma con le loro armi si radunavano insieme per impedire ai Cristiani che non smontassero in terra. Poi il dì seguente, andando le nostre barche al fiume di Beragua, gl'Indiani di quella popolazione fecero quel che gli altri avevano fatto, e non solo in terra, ma si prepararono ancora in mare alla difesa con le canoe. Ma, per essere andato coi Cristiani un Indiano di quella costa, che li intendeva pure un poco e disse che noi eravamo buona gente e che non volevamo cosa alcuna senza pagarla, si acquetarono alquanto, e barattarono 20 specchi d'oro e alcuni cannoni, e grani d'oro per fondere, i quali per commendar più dicevano che si raccoglievano da lontano in alcune montagne aspre e che quando lo raccoglievano non mangiavano né menavano donne seco: il che dissero anche quelli della Spagnola, quando fu scoperta.

 




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