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Fernando Colombo
Historie

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  • 12 - La partenza dell'Ammiraglio dal Portogallo e le pratiche ch'egli ebbe coi Re Cattolici don Ferdinando e donna Isabella.
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12 - La partenza dell'Ammiraglio dal Portogallo e le pratiche ch'egli ebbe coi Re Cattolici don Ferdinando e donna Isabella.

 

Lascerò ora di raccontare ciò che Bartolomeo Colón aveva negoziato in Inghilterra, e tornerò all'Ammiraglio, il qual nel fine dell'anno 1483 col suo figliolino don Diego si partì segretamente di Portogallo per paura d'esser impedito dal re, perché, conoscendo quanto gli mancarono quelli che egli aveva con la caravella mandati, voleva ridurre alla sua grazia l'Ammiraglio e desiderava ch'egli tornasse alle pratiche dell'impresa, ma perché in questo egli non usò quella sollecitudine che l'Ammiraglio usò nel partirsi, perdè la ventura, e l'Ammiraglio entrò in Castiglia e far l'esperienza della sorte che gli era apparecchiata.

Lasciato adunque il figliuolo in un monastero di Palos, chiamato la Rábida, se n'andò tosto alla Corte dei Re Cattolici, che allora era in Cordova dove, poiché era persona affabile e di dolce pratica, prese amicizia con quelle persone nelle quali trovò più accoglienza e maggior gusto della sua impresa, e che erano più atti a persuadere i re che l'accettassero: fra i quali fu Luigi di Sant'Angelo, cavaliere aragonese e scrivano di ragione nella casa reale, uomo di molto autorità e prudenza. Ma, perché la cosa doveva trattarsi più con fondamento di dottrina che con parola o favori, le Altezze loro la commisero al prior di Prado, che poi fu arcivescovo di Granata, comandandogli che insieme con gli intendenti della cosmografia, informassero di ciò a pieno, e poi gli riferissero quel che sentissero.

Ma perché in quei tempi non vi erano tanti cosmografi quanti son ora, coloro che si ridussero non intendevano quel che dovevano, né l'Ammiraglio si voleva lasciar tanto intendere, [temendo] che gli avvenisse quel che in Portogallo gli avvenne, e gli rubassero la benedizione. Per lo che fu tanto differente la risposta e informazione che alle Altezze loro fecero, quanto era la varietà dei loro ingegni e pareri. Perché alcuni dicevano che, poi che nel fine di tante migliaia di anni che Dio glorioso aveva creato il mondo mai non s'aveva avuto cognizione di cotali terre da tanti e tanti savi e pratici delle cose del mare, non era verosimile che ora l'Ammiraglio sapesse più che tutti i passati e i presenti. Altri, che più s'accostavano alla ragion della cosmografia, dicevano il mondo esser di così immensa grandezza che non era credibile che tre anni di navigazione bastassero per giungere al fine dell'Oriente dove egli voleva navigare, e per conferma del loro proposito adducevano l'autorità che Seneca racconta in una delle sue opere per via di disputa dicendo che molti savi tra loro discordavano intorno a questa questione, se l'Oceano era infinito, e dubitavano se esso potesse essere navigato e, quando par fosse navigabile, se dall'altra parte si troverebbero terre abitabili, e se a quelle andar si potesse. Alle quali cose aggiungevano che di questa inferiore sfera d'acqua e di terra non era abitata altra parte che una corona, o piccola cinta che nel nostro emisfero sopra l'acqua rimase e che tutto il rimanente era mare né si poteva navigare né camminare se non presso alle coste e riviere. E che, quando i savi concedessero che si potesse arrivare al fine dell'oriente, concederebbero ancora che si potesse andar dal fine della Spagna fino all'ultimo occidente. E altri di ciò quasi così disputavano, come già i Portoghesi intorno al navigare in Guinea, dicendo che se si allargasse alcuno a far cammino diritto all'occidente, come l'Ammiraglio diceva, non potrebbe poi tornare in Ispagna per la rotondità della sfera, tenendo per certissimo che qualunque uscisse dall'emisfero conosciuto da Tolomeo andrebbe in giù, e poi gli sarebbe impossibile dar la volta, e affermando che ciò sarebbe quasi un ascendere all'insù d'un monte. Il che non potrebbero fare i navigli con grandissimo vento.

Ma, ancorché a tutte queste obbiezioni l'Ammiraglio desse conveniente risoluzione, nondimeno, quanto più efficaci erano le sue ragioni tanto men l'intendevano per la loro ignoranza giacché quando uno invecchia con cattivo fondamento nella matematica non può riprendere il vero, per le regole false da principio impresse nella sua mente. Finalmente tutti coloro, tenendosi al proverbio castigliano il quale in ciò che non par ragionevole suol dire, Dubita Sant'Agostino, perché detto Santo al 9° Capitolo del XXI libro De Civitate Dei reproba ha per impossibile che ci siano antipodi e si possa passar dall'un emisfero all'altro, prevalendosi ancora contro l'Ammiraglio di quelle favole che si dicono delle cinque Zone e di altre menzogne che essi avevano per verissimo, si risolsero a giudicar l'impresa per vana e impossibile, e che non conveniva alla gravità e altezza di sì gran principi che si movessero per così debole informazione.

Laonde, dopo l'aver consumato molto tempo in questa materia, le loro Altezze risposero all'Ammiraglio ritrovarsi impediti in molte altre guerre e conquiste, specialmente nella conquista di Granata che allora facevano, è però non aver la comodità di attendere a nuova impresa, ma che col tempo si sarebbe trovata maggiore opportunità per esaminare e intendere quel ch'egli offriva. Ed infatti i Re non vollero prestare orecchio alle grandi promesse che faceva loro l'Ammiraglio.

 




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