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| Carlo Lorenzini, detto Collodi Storie allegre IntraText CT - Lettura del testo |
Masino, pochi giorni dopo, andò in camera a cercare il suo babbo (il quale si era corretto del bruttissimo vizio di brontolare) e gli disse:
«Sai, babbo, che cosa mi ha fatto il maestro?».
«Che ti ha fatto?»
«Con la scusa che ho sbagliato a rispondere nell'Aritmetica, mi ha messo in penitenza...»
«Ma queste son cose orribili!... Lo racconterò ai carabinieri!...»
«Senti, babbo; io non voglio più andare a scuola.»
«Io farei come te. A che serve la scuola? La scuola non è altro che un supplizio inventato apposta per tormentare voialtri poveri ragazzi.»
«Capisci? Mettermi in penitenza perché l'Aritmetica non vuole entrarmi nella testa! Sta' a vedere che un libero cittadino non è padrone di non saper l'abbaco? Perché anch'io sono un libero cittadino, ne convieni, babbo?»
«Il mio maestro è un buon omo: ma è un omo piccoso. Figurati! pretenderebbe che i suoi scolari dovessero studiare!...»
«Pretensioni ridicole! Se viene a dirlo a me, non dubitare che lo servo io.»
«Vi anderò sicuro: e gli dirò che i maestri possono pretendere che i loro scolari sappiano la lezione... ma obbligarli a studiare, no, no, mille volte no.»
«La volontà è libera, ne convieni, babbo?»
«Sicuro che ne convengo, e quando un ragazzo dice: «Io non voglio studiare» nessuno può costringerlo.»
«Figurati! Pretenderebbe che, durante la lezione, i suoi scolari stessero tutti zitti! Com'è possibile di stare zitti quando si sente la voglia di parlare?»
«Hai mille ragioni! Che forse la parola venne data all'uomo, perché a scuola stesse zitto? Lascia fare a me: domani vado a trovarlo, e gli dirò il fatto mio.»