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| Carlo Lorenzini, detto Collodi Pinocchio IntraText CT - Lettura del testo |
Com'è naturale, Pinocchio chiese subito alla Fata il permesso di andare in giro per la città a fare gli inviti: e la Fata gli disse:
- Vai pure a invitare i tuoi compagni per la colazione di domani: ma ricordati di tornare a casa prima che faccia notte. Hai capito?
- Fra un'ora prometto di essere bell'e ritornato, - replicò il burattino.
- Bada, Pinocchio! I ragazzi fanno presto a promettere: ma il più delle volte, fanno tardi a mantenere.
- Ma io non sono come gli altri: io, quando dico una cosa, la mantengo.
- Vedremo. Caso poi tu disubbidissi, tanto peggio per te.
- Perché?
- Perché i ragazzi che non danno retta ai consigli di chi ne sa più di loro, vanno sempre incontro a qualche disgrazia.
- E io l'ho provato! - disse Pinocchio. - Ma ora non ci ricasco più!
- Vedremo se dici il vero.
Senza aggiungere altre parole, il burattino salutò la sua buona Fata, che era per lui una specie di mamma, e cantando e ballando uscì fuori della porta di casa.
In poco più d'un'ora, tutti i suoi amici furono invitati. Alcuni accettarono subito e di gran cuore: altri da principio si fecero un po' pregare; ma quando seppero che i panini da inzuppare nel caffè-e-latte sarebbero stati imburrati anche dalla parte di fuori, finirono tutti col dire: «Verremo anche noi, per farti piacere».
Ora bisogna sapere che Pinocchio, fra i suoi amici e compagni di scuola, ne aveva uno prediletto e carissimo, il quale si chiamava di nome Romeo: ma tutti lo chiamavano col soprannome di Lucignolo, per via del suo personalino asciutto, secco e allampanato, tale e quale come il lucignolo nuovo di un lumino da notte.
Lucignolo era il ragazzo più svogliato e più birichino di tutta la scuola: ma Pinocchio gli voleva un gran bene. Difatti andò subito a cercarlo a casa, per invitarlo alla colazione, e non lo trovò: tornò una seconda volta, e Lucignolo non c'era: tornò una terza volta, e fece la strada invano.
Dove poterlo ripescare? Cerca di qua, cerca di là, finalmente lo vide nascosto sotto il portico di una casa di contadini.
- Che cosa fai costì? - gli domandò Pinocchio, avvicinandosi.
- Aspetto la mezzanotte, per partire...
- Dove vai?
- Lontano, lontano, lontano!
- E io che son venuto a cercarti a casa tre volte!...
- Che cosa volevi da me?
- Non sai il grande avvenimento? Non sai la fortuna che mi è toccata?
- Quale?
- Domani finisco di essere un burattino e divento un ragazzo come te, e come tutti gli altri.
- Buon pro ti faccia.
- Domani, dunque, ti aspetto a colazione a casa mia.
- Ma se ti dico che parto questa sera.
- A che ora?
- Fra poco.
- E dove vai?
- Vado ad abitare in un paese... che è il più bel paese di questo mondo: una vera cuccagna!...
- E come si chiama?
- Si chiama il Paese dei Balocchi. Perché non vieni anche tu?
- Io? no davvero!
- Hai torto, Pinocchio! Credilo a me che, se non vieni, te ne pentirai. Dove vuoi trovare un paese più salubre per noialtri ragazzi? Lì non vi sono scuole: lì non vi sono maestri: lì non vi sono libri. In quel paese benedetto non si studia mai. Il giovedì non si fa scuola: e ogni settimana è composta di sei giovedì e di una domenica. Figurati che le vacanze dell'autunno cominciano col primo di gennaio e finiscono coll'ultimo di dicembre. Ecco un paese, come piace veramente a me! Ecco come dovrebbero essere tutti i paesi civili!...
- Ma come si passano le giornate nel Paese dei Balocchi?
- Si passano baloccandosi e divertendosi dalla mattina alla sera. La sera poi si va a letto, e la mattina dopo si ricomincia daccapo. Che te ne pare?
- Uhm!... - fece Pinocchio: e tentennò leggermente il capo, come dire: «è una vita che farei volentieri anch'io!».
- Dunque, vuoi partire con me? Sì o no? Risolviti.
- No, no, no e poi no. Oramai ho promesso alla mia buona Fata di diventare un ragazzo perbene, e voglio mantenere la promessa. Anzi, siccome vedo che il sole va sotto, così ti lascio subito e scappo via. Dunque addio e buon viaggio.
- Dove corri con tanta furia?
- A casa. La mia buona Fata vuole che ritorni prima di notte.
- Aspetta altri due minuti.
- Faccio troppo tardi.
- Due minuti soli.
- E se poi la Fata mi grida?
- Lasciala gridare. Quando avrà gridato ben bene, si cheterà, - disse quella birba di Lucignolo.
- E come fai? Parti solo o in compagnia?
- Solo? Saremo più di cento ragazzi.
- E il viaggio lo fate a piedi?
- A mezzanotte passerà di qui il carro che ci deve prendere e condurre fin dentro ai confini di quel fortunatissimo paese.
- Che cosa pagherei che ora fosse mezzanotte!...
- Perché?
- Per vedervi partire tutti insieme.
- Rimani qui un altro poco e ci vedrai.
- No, no: voglio ritornare a casa.
- Aspetta altri due minuti.
- Ho indugiato anche troppo. La Fata starà in pensiero per me.
- Povera Fata! Che ha paura forse che ti mangino i pipistrelli?
- Ma dunque, - soggiunse Pinocchio, - tu sei veramente sicuro che in quel paese non ci sono punte scuole?...
- Neanche l'ombra.
- E nemmeno maestri?...
- Nemmen'uno.
- E non c'è mai l'obbligo di studiare?
- Mai, mai, mai!
- Che bel paese! - disse Pinocchio, sentendo venirsi l'acquolina in bocca. - Che bel paese! Io non ci sono stato mai, ma me lo figuro!...
- Perché non vieni anche tu?
- E inutile che tu mi tenti! Oramai ho promesso alla mia buona Fata di diventare un ragazzo di giudizio, e non voglio mancare alla parola.
- Dunque addio, e salutami tanto le scuole ginnasiali!... E anche quelle liceali, se le incontri per la strada.
- Addio, Lucignolo: fai buon viaggio, divertiti e rammentati qualche volta degli amici.
Ciò detto, il burattino fece due passi in atto di andarsene: ma poi, fermandosi e voltandosi all'amico, gli domandò:
- Ma sei proprio sicuro che in quel paese tutte le settimane sieno composte di sei giovedì e di una domenica?
- Sicurissimo.
- Ma lo sai di certo che le vacanze abbiano principio col primo di gennaio e finiscano coll'ultimo di dicembre?
- Di certissimo!
- Che bel paese! - ripetè Pinocchio, sputando dalla soverchia consolazione.
Poi, fatto un animo risoluto, soggiunse in fretta e furia:
- Dunque, addio davvero: e buon viaggio.
- Addio.
- Fra quanto partirete?
- Fra due ore!
- Peccato! Se alla partenza mancasse un'ora sola, sarei quasi quasi capace di aspettare.
- E la Fata?...
- Oramai ho fatto tardi!... E tornare a casa un'ora prima o un'ora dopo, è lo stesso.
- Povero Pinocchio! E se la Fata ti grida?
- Pazienza! La lascerò gridare. Quando avrà gridato ben bene, si cheterà.
Intanto si era già fatta notte e notte buia: quando a un tratto videro muoversi in lontananza un lumicino... e sentirono un suono di bubboli e uno squillo di trombetta, così piccolino e soffocato, che pareva il sibilo di una zanzara!
- Eccolo! - gridò Lucignolo, rizzandosi in piedi.
- Chi è? - domandò sottovoce Pinocchio.
- E' il carro che viene a prendermi. Dunque, vuoi venire, sì o no?
- Ma è proprio vero, - domandò il burattino, - che in quel paese i ragazzi non hanno mai l'obbligo di studiare?
- Mai, mai, mai!
- Che bel paese!... che bel paese!... che bel paese!...