DIARIO
DEL VIAGGIO IN SPAGNA
Testo.
Noi ci
partimo di Firenze a dì 29 di gennaio 1511 e la sera andamo a Pistoia a casa
Gualtieri Panciatichi, dove come fussimo trattati non accade riferire, perché
el principio fu di qualità che se e' mezzi e gli effetti corrispondessino
meriteremo troppa invidia.
Da Pistoia ne
venimo a dì 30 a Lucca discosto a Pistoia venti miglia, delle qualità della
quale non possiamo molto parlare perché ne vedemo più fuora che drento,
conciosiaché giunti per la via di Pescia alle mura, l'avemo a girare più che
mezza innanzi che trovassimo la porta; nondimeno la terra ci parve maninconica,
che è in piano ma molto sotto a' monti; el contado verso Pisa e Pescia è poco;
distendesi verso Pietrasanta ed è buono e bene cultivato, e benché da quella
banda fussi la pace di Ottaviano, pure vi si stette con poco riposo, perché
tutta la notte sentimo campane e gridi di guardie non altrimenti che se fussimo
in mezzo la guerra. A Dio piaccia ridurgli in termini che e' non abbino a
pensare più alla guardia della terra; e la dichiarazione di queste parole si
stenda a senno del savio nostro.
A dì 31 partiti
da Lucca e passato da Massarogia villa discosto da Lucca otto miglia e capitati
a Pietrasanta lontana miglia otto, benché non entrassimo drento ci parve
ricevessi torto grande a essere sotto el dominio de' lucchesi, perché oltre
allo essere discosto da Lucca miglia sedici, è grossa terra: ha uno contado
felice, bene cultivato, pieno di ulivi, anzi di boschi di ulivi, tutto fertile
e fruttifero. La condizione delle cose di Italia, nella quale si sono riparati
meglio e' piccoli che e' grandi, ha condotto e' lucchesi signori di una terra
di qualità che loro medesimo n'hanno più vergogna che gloria; e se gli è vero
che le cose non naturale durino poco, sarà uno governo di pidocchi che non
aggiungono a uno mese se non per miracolo.
La sera
alloggiamo a Massa discosto a Pietrasanta miglia sei; è terra ricca presso alla
marina a uno miglio; ènne signore Alberico Malespina, uomo vecchio e sanza
figliuoli maschi, el quale è ancora signore di Carrara, Lavenza, e Moneta, e
benché abbi poca entrata, che non passa ducati dumila cinquecento l'anno, pure
è signoria di qualche momento per la commodità del luogo, che è in sulla
marina, oportuno alle cose di Pietrasanta e Lunigiana, ed avere in Massa una
fortezza bellissima e forte.
Partimo da
Massa a dì primo di febraio, e passati allato a Serezzana dalla banda di
Serezzanello, che è discosta da Massa dieci miglia, alloggiammo più là otto
miglia a uno castello chiamato Lagula; la qualità de' luoghi dove noi passamo
possiamo poco referire, perché tuttodì continuamente avemo la neve con vento
grande nel viso, in modo che, non che potessimo considerare el paese, a pena
potavamo discernere dove e' cavalli posassino e' piedi. Lagula è luogo piccolo:
è de' marchesi Malespini, e' quali sono tanti, che quando fussi in Italia
spento el seme de' marchesi, potrebbe risurgere per loro; sono poveri di
entrate e di stato, e non potendo valersi de' sudditi suoi, perché non hanno
forze da tenergli, ma bisogna se gli conservino con amore e col lasciargli
asenti, attendono a valersi in su' forestieri che passano con dazi, gabelle e mille
mangerie.
Venimo al
secondo dì di febraio a Pontriemoli discosto da Lagula miglia dodici; la quale
terra fu anticamente di quegli dal Fiesco. Di poi a tempo del duca Filippo
diventò dello stato di Milano; ed oggi come parte di quello è in dominio del re
di Francia, el quale la tiene in governo de' Palavisini. La terra è in piano in
sulla Magra, ed ha a torno a torno si può dire, montagne. Non ricoglie grano ma
vini assai bruschi e dello olio commodamente; el paese è sterile in modo che
gli abitanti vi fanno male se la strada non corre: perché se non si vagliono di
qualche industria non possono vivere, non ricogliendo tanto che basti. La terra
è lunga e stretta e come uno grande borgo di case murato e non è punto civile.
Una parte abitano e' ghibellini, l'altra e' guelfi, che divide el fiume; e
quegli che sono verso Serezzana sono ghibellini, quegli verso la montagna sono
guelfi; fa, secondo dicono, circa a fuochi 500.
Da Pontriemoli
partiti a dì 3 ne venimo per la montagna dello Apennino; la quale dista circa a
miglia dodici, ma è montagna facile e non ha comparazione con quella di
Bologna; e passati da Berzei, villa discosto da Pontriemoli miglia dodici,
alloggiamo la sera a Cassio, di là da Berzei miglia otto, che è villa di poca
qualità ed in paese sterile e montagnoso. È quella provincia non solo molto
difforme alla Lombardia colla quale confina, che è la grassezza al naturale, ma
eziandio molto più magra che la Toscana, in modo che non sanza causa pare sia
stato dato el nome al fiume che passa da Pontriemoli.
Da Cassio
venimo a dì 4 a Fornuovo, discosto miglia dodici, che è villa posta in sul
Taro, dove fu el fatto d'arme de' franzesi colle gente de' viniziani e duca di
Milano; e di qui usciti de' monti ed intrati ne' felici piani di Lombardia,
venimo la sera al Borgo a San Donnino, discosto da Fornuovo miglia dodici;
benché lunge, la terra è stata data dal re a governo de' Palavicini; è commoda
terra e meglio assai che Pontriemoli, perché è posta in paese più grasso.
Partinci dal
Borgo a San Donnino a dì 5, e passati da Firenzuola discosto miglia otto, la
sera alloggiamo a Piacenza di là da Firenzuola miglia dodici; la città è grande
ma non piena, e per quello che io ne vidi ha brutti edifici, ed in effetto non
è bella terra; del paese non bisogna parlare quanto sia grasso e felice di
biade, di vini, di bestiami, perché a ognuno è noto quanto quella provincia sia
abondante.
Da Piacenza
partimo a dì 6, e passata la Trebia, fiume discosto dalla città uno miglio vel
circa, dove Annibale fece fatto d'arme co' romani, e passato da San Giovanni,
castello discosto miglia dodici, e poi da Stradella, castelletto lontano miglia
otto, andamo la sera a alloggiare a Chiesteggio, di quivi miglia nove: è
castello assai bello e grande posto in monte e col borgo si distende nel piano.
A dì 7 partiti
da Chiesteggio e passati da Voghiera discosto miglia sei, castello mediocre, e
di poi a Ponte Corone, di quivi miglia quattro, alloggiamo la sera a Tortona,
che è discosto miglia cinque. Truovansi pel paese le castella spesse, che sono
ricettaculo di contadini e lavoratori le terre, che si riducono quivi la sera;
ed el giorno vanno a lavorare e per la campagna si truova pochissime case,
perché come è detto si riducono quasi tutti nelle castella. Tortona è città
posta in sulla estremità della montagna di Genova e volta a mezzo dì: parte ne
è in sul poggio e parte si distende nel piano; non è molto grande, e brutta e
di poca qualità.
Da Tortona a dì
8 ne venimo a Alessandria della paglia, discosto quivi miglia dodici; el nome
suo deriva per essere stata edificata da uno Alessandro papa, el cognome,
perché quivi si dà la corona di paglia al re de' romani quando va a Roma per la
corona dello imperio; è città molto grande di circuito, ma vi è vòto assai e
male populata; non è molto ricca, né vi è edifici publici o privati che sieno
notabili, nondimeno omnibus computatis è bella terra; entramovi in dì di festa,
e perché era vicino al carnovale vi trovamo assai donne in maschera; la usanza
delle quali è accozzarsi insieme tre o quattro o quelle più che le vogliono, ed
andarsi a spasso in maschera sole per la terra, né si disdice alle gentile
donne e bene costumate, pure che vadino in abito di donne. Circa a mezzo miglio
innanzi si entri nella terra si truova uno fiume detto Bormio, che è mal fiume
e fu per affogarvi uno dei nostri cavalli. Passa per la terra el Tanari fiume
grosso e navigabile e che da quivi a miglia otto entra in Po.
Da Alessandria
a dì 9 passamo per Filizzano discosto miglia otto; è castello del marchese di
Monferrato ed è assai bello castello; e di quivi venimo a Non, discosto miglia
sei. È Non luogo nominato, perché avendolo el duca Lodovico molto munito con
speranza avessi a sostenere qualche tempo l'impeto de' franzesi, fu da loro al
primo assalto espugnato. El castello è in sé di poco momento; ma la fortezza
che è situata in poggio, era molto forte naturalmente per el sito del luogo che
ha da ogni parte grotte precipite, ed accidentalmente per industria di detto
duca; è posto in luogo che era molto oportuno alla ducea di Milano, perché è el
primo scontro a chi viene di Astigiano ed è situato dove di uno gran largo si
entra in luogo stretto, e la pianura donde s'ha a passare in mezzo a montagne
ha da una banda la montagna dove è Non, da altra, montagne e castella dello
stato di Genova. Da Non a Asti sono miglia cinque, dove alloggiamo la sera; è
città del ducato di Orliens, bella, bene populata, ricca e mercantile, per
quello poco ne veddi e ne intesi mi parse del tanto migliore terra che io
avessi trovata.
A dì 10 da Asti
venuti a Villanuova contado di Asti discosto miglia dieci ed assai commoda
terra, la sera ne venimo a Moncalieri discosto altre dieci miglia: fu giornata
di venti miglia a modo del paese, ma a modo nostro meglio che di venticinque; è
castello del duca di Savoia grosso e bello. Chiamasi el duca di Savoia Carlo,
giovane di anni ventiquattro o ventisei, ma gobbo e mal fatto della persona. El
dominio suo di paese è grande, che oltre al distendersi in Italia insino alle
Alpe, dove ha Chieri terra grossa e Turino vicini a Moncalieri e che si
lasciano in sulla mano destra, si stende lo stato suo assai di là dalle Alpe.
Entrata, dicono e' sudditi, è di cinquanta in sessantamila ducati, ma non la
gode tutta perché n'ha consegnata circa a ventimila ducati per restituzione
della dota a madama Margherita di Borgogna, a madama Bianca che credo fussi
madre del duca Filiberto. Confina lo stato suo in Italia quando parte dalla
montagna, con Monferrato a man destra uscendo di Italia, e con Saluzzo a mano
sinistra.
Da Moncalieri a
dì 11 passato el Po vicino alla terra uno tratto di mano, el quale fiume ha
quivi meno letto che non ha Arno in Firenze, ma più fondo e navigabile: nasce
nelle montagne di Saluzzo discosto a Moncalieri miglia quindici, e correndo per
le pianure di Lombardia diventa el mare di quella pianura perché vi entrano
tutti e' fiumi che corrono per quello paese; e venuti a Rigola, villa discosto
miglia sette, venimo el dì a Vigliana, lontana da Moncalieri dieci miglia a uso
del paese, ma a uso nostro più tosto tredici che dodici; facemo poca giornata
per ferrare parte de' cavalli e dare loro riposo, rispetto allo avere a passare
la montagna.
A dì 12 da
Vigliana venimo a Susa, discosto da Vigliana dieci miglia a uso del paese; è
terra di poca importanza e la prima a piè de' monti, e pure ducato di Savoia.
A dì 13
partendo da Susa e presa la via per mano sinistra, perché a mano diritta si
piglia la via di Lione, e salita qualche montagna e passati da Us villa del
Dalfinato discosto da Susa quattro leghe, la sera venimo a Susanna discosto da
Susa leghe sei, la quale è terra di poca importanza.
A dì 14 da
Susanna passamo Monginevra e venimo a Brianzone discosto leghe tre, dove per
essere mal tempo alloggiamo el giorno; questa montagna ha dalla parte di Italia
una lega di montata o meno; ma el piggiore è circa a uno trarre di mano, che
per via stretta ha salita repente, ed in luogo che se si inciampassi si
cadrebbe in uno precipizio grandissimo; vassi per la sommità del giogo circa a
mezza lega o poco più, in sul quale è uno villaggio ed alloggiamenti. La scesa
dalla banda di Francia è maggiore che quella di Italia ma più facile e non
tanto repente. Insomma non è mala montagna né difficile, e chi la cavalcassi in
stagione non avessi a combattere con neve e con diaccio, sarebbe cosa agevole.
A piè di questa montagna, pure in su una altra montagna è Brianzone, terra
buona e civile, e per quello che ne potemo vedere è luogo grasso; e vi fumo
bene trattati ed alloggiati. A piè di quello corre el fiume Durenza celebrato
dal Petrarca, el quale nasce in Monginevria; non è molto fiume ordinariamente,
ma quando viene grosso è malo fiume ed ha per tutto in sulla strada ponti di
legno. La terra è Dalfinato e non vi sta governatore, se non che dal re si
elegge uno della terra el quale è sopra la giustizia criminale e civile e si
appella el giuge.
Partimo a dì 15
da Brianzone e passato con grandissima copia di neve una montagna circa a due
leghe, e venuti a uno luogo che si dimanda Le Besse a principio del piano dove
a una chiusa di montagne è una porta murata e forte, e scesi nel piano in su
Durenza, ed entrati per una vallata chiusa da ogni banda di montagne, passamo
da San Crispino, discosto alle Besse duo leghe, e la sera alloggiamo a San
Chimenti discosto a una lega, che è uno villaggetto. Sono le leghe di questo
paese, secondo dicono, tre miglia, ma a modo nostro quattro o meglio; che credo
proceda perché sono misurate da quegli serrati trotti franzesi. Non può da
Monginevra a qui essere quello luogo più salvatico e più inculto, e tutto
montagnoso, e nondimeno è mirabile quanto sia pieno di villaggi e di case
spicciolate, le quali ammucchiate si truovono in su quelle montagne in luoghi
stranissimi e da non credere che vi potessino stare le capre.
A dì 16, partiti
da San Chimenti e cavalcando per la medesima vallata, quando pel piano e quando
passando una montagna, venimo a desinare a Ambrun, discosto due leghe: è città
ed ha arcivescovo che si chiama Ebredunensis ed è sottoposto allo arcivescovo
di Vienna; se fussi castello non sarebbe mala cosa, ma è ribalderia che sia una
città. La sera venimo a Sorges, discosto leghe quattro; è villa da poco conto;
cavalcasi per la medesima vallata ed è paese inculto, ma meno abitato che
quello più presso a Monginevra.
Da Sorges
partimo a dì 17 e non potendo tenere la diritta a Talardo per esservi una
rovinata grande fatta di nuovo, ce ne andamo da Gab cittadella discosto a
Sorges leghe due: ha vescovo e chiamasi episcopus Vapiciensis; e di quivi
rivolti a mano manca verso la Durenza, venimo a desinare a Talardo: è una
villaccia di stato di Provenza, ma vi è uno castello che è bene edificato, del
quale è signore el visconte di Talardo che è monsignore assai bene onorato in
Francia; di quivi venimo a una villa chiamata Aquilana, lontana leghe due, dove
è una casa o due sole; el paese è ut supra sterile ed inculto e poco abitato, e
cavalcandosi per luoghi montagnosi e tuttavia cinto da montagne da ogni banda,
è cavalcare di poco spasso.
Da Aquilana a
dì 18 venimo a desinare a Valper, discosto quattro leghe di buona misura, e
perché ci ritiramo in sulla destra, venimo a uscire di Provenza ed è luogo
Dalfinato: vuole dire in lingua franzese valle di pietre; e non è nome sanza
causa, perché ristrignendosi in quello luogo una vallata a poche braccia è
posto Valper apunto in sulla bocca del passo, dove sono due montagne con massi
grandissimi; in sommità di quelle montagne è una fortezza che è posta in sito
forte, ma cosa debole: el passo non potria essere più forte e più terribile. El
paese è ut supra inculto e poco abitato. Di quivi la sera venimo a Montalbano
discosto leghe sette. Truovasi innanzi el colle di Piers che è montagna molto
grande ed aspra ed in effetto mala montagna: è piena di bossoli. A piè della
montagna è uno poggio chiamato Montalbano, dove è una villaccia disfatta; a piè
di quello poggio sono due o tre case di villani, dove noi alloggiamo tanto male
del mondo; el paese è sterile come è detto, è vòto, e da uno alloggiamento buono
a uno altro sono otto, dieci leghe che sono una giornata mezza buona.
Venimo a dì 19
da Monte Albano a desinare a Santa Eufemia, discosto due leghe, e di quivi a
cena a Abuois che sono due altre leghe, che è uno castellotto: el paese è più
culto, e vi sono degli ulivi de' quali non avamo veduto da Monginevra insino a
quello luogo.
A dì 20 venimo
a desinare a Malacena, discosto da Abuois leghe quattro, e di poi a cena a
Carpentras, che sono due leghe. Carpentras è città piccola di circuito ma è
commoda terra; ha le mura della città molto belle; è città del Papa.
Da Carpentras
venimo a dì 21 a Vignone, discosto leghe quattro. È Vignone città della Chiesa,
nobilitata per essere stato al tempo che el pontificato fu de' franzesi, lungo
tempo quivi la corte; è posta in sul Rodano, el quale nascendo a Ginevra entra
discosto a Vignone dieci overo dodici leghe nel mare: è fiume grande e molto
rapido. Da altra parte presso alla città corre el fiume di Durenza el quale
poco di sotto entra in Rodano, fiume di poca utilità perché non mena si può
dire pesci né se ne vagliono gli abitanti, ma di danno assai perché di continuo
rode e consuma el terreno; e quando el Rodano si congiugnessi con Durenza di
sopra a Vignone, el re di Francia pretende che Vignone fussi suo, perché dice
che el fiume si apartiene a sé; e per questa cagione non vuole che e' vignonesi
murino in sul fiume da quella parte. La città fu già populosa e molto ricca
rispetto alla corte, e molto mercantile, perché quivi si faceva la fiera e
tutte le faccende che ora sono ridotte a Lione; oggi si passa di popolo, di
ricchezze e di mercatantie; è universalmente mediocre di edifici, ma vi sono
tre cose notabili: el palazzo dove abitava el papa a tempo che vi stava la
corte, el quale e di grandezza e di muraglia è molto stupendo, benché si va a
poco a poco consumando e rovinando per la mala natura de' preti che attendono a
consumare e trarre e non a mettere; le mura della città, che sono molto belle
di grossezza di torre, di pietre e di essere bene lavorate [Avinio ventosa sine
vento venenosa. Communemente di 4 in 5 anni vi è peste]; uno ponte in sul
Rodano allato alle mura della città, che ha ventitré archi grandi, e benché sia
stretto, nondimeno è molto notabile, perché oltre allo essere lungo, fu
difficile el fondarlo in su uno fiume sì largo e di tanta rapidità, la quale
cosa è causa che el ponte non va diritto perché sarebbe stato quasi impossibile
avessi sostenuto tanto impeto, ma va torcendo e secondando la acqua.
Sono nella
città pochi che sieno anticamente di Vignone; ma la maggiore parte vi sono o
loro, o loro padri o avoli, venuti a abitare di nuovo; e nel governo della
città tanto si travaglia uno forestieri quanto uno cittadino, anzi più, perché
per la terza parte del consiglio e ufici participano gli italiani, per la terza
gli citramontani e per la altra gli originari, nel quale numero si computano
eziandio quegli che sono nati in Avignone benché per padre forestieri; donde
dicono alcuni che fu chiamata Avinio quasi ab advenarum unione; né è maraviglia
che vi sia concorso di forestieri per el sito molto atto alle faccende, la
fertilità del paese, la sicurtà e buono essere, perché lo essere terra di
Chiesa l'ha mantenuta in una lunga pace e quiete, e nondimeno è convenzionata e
capitolata in modo col papa che chi vi sta gode el suo sicuramente sanza essere
gravato di dazi o essere maneggiato in modo alcuno; le quali cose fanno esservi
ozio grande e comunemente uomini di buono tempo. Stemovi tre giorni per riposo
de' cavalli, ed anche ci invitò el carnovale, che fu a' 24 di febraio; ed
alloggiamo in casa Francesco Baroncelli con tanto onore che saria superfluo lo
scriverlo, perché si conserva da se medesimo nella memoria. È in Vignone studio
e vi sono più collegi di scolari; ma ha poco ed in nome ed in sustanzia.
Partimo da
Vignone a dì 25, che fu el primo di quaresima; ed entrati in Villa nuova
castello del re di Francia che si truova subito passato el fiume, e dove
secondo el modo di oggi comincia Linguadoch, benché dicono che anticamente era
contado di Vignone. E la sera venimo a Nîmes, città discosto sette leghe; è
cosa piccola e di poca qualità, pure vi sono notabili e' vestigi di uno teatro,
che la chiamano vulgarmente la arena, dove si vede ancora la muraglia ed e'
gradi; ed in effetto vi è la memoria di uno bello edificio e molto antico.
Dicono vi è una chiesa catedrale molto bella, ma chi ci menò a vedere la terra
non seppe mostrarcela.
A dì 26 venuti
a desinare al ponte discosto da Nîmes leghe quattro, venimo la sera a
alloggiare a Mompolieri, discosto a altre leghe quattro. È Mompolieri presso al
mare a due leghe o meno, castello e non città, perché non ha vescovo; ma el
vescovo è a Magalona, isola disabitata lontana leghe due; el castello è molto
nominato per bello, ed in verità gli effetti corrispondono, perché è bene
populato, grande, ricco e pieno di belle case e di edifici; e se bene non ha
membro alcuno che si possi comparare con alcuno di quegli tre di Vignone detti
di sopra, nondimeno universalmente ha case molto più belle che non sono in
Vignone. Èvi per uno membro notabile la chiesa di San Germano dove stanno frati
di san Benedetto, la quale fu edificata da uno papa Urbano; è edificio bello, e
vi sono uno numero grandissimo di reliquie con uno ornato ricchissimo di oro di
argento e di pietre preziose: dicono vi è tra le altre la testa di san
Benedetto e quella di san Germano. Stemovi per vedere la terra tutto dì 27.
Venimo a dì 28
a desinare a Lupiano, discosto leghe cinque, sempre in sul mare, e per dire
meglio in su uno stagno bellissimo che è allato alla marina e và insino a Acqua
Morta. La sera cenamo a Santo Iberi, discosto leghe tre, villa di poca qualità,
ma è buono paese.
A dì 29
desinamo a Bigres, città discosto da Santo Iberi leghe tre, che è piccola
città; la sera a Nerbona, lontana leghe quattro, la quale è buona terra ed
allato al mare a una lega, è in sulle frontiere e vi si fa uno bello edificio
di mura che sono grosse bene quaranta piedi; ma si cominciò a tempo del re
Carlo e si seguita tanto adagio, che non si mutando modo non sarà finita in
decine di anni; e benché sia in piano la farebbe questa muraglia molto forte,
perché da mano destra vi è montagne e luoghi forti che sono del re, dalla
sinistra vi è lo stagno e la marina, in modo che difficilmente si può venire a
Nerbona.
Partimo a dì
primo di marzo da Nerbona doppo desinare, e la sera venimo a Villa Falsa, luogo
dove sono dua o tre case, discosto da Nerbona leghe tre. Chi passa vi paga uno
certo dazio che gli ha fatto mutare nome, perché dove già si chiamava Villa
Franca, oggi è nominata Villa Falsa.
A dì 2 di
marzo, partiti da Villa Falsa e venuti tre leghe in su quello del re di Francia
insino a una casa dove si paga dazio delle robe che escono del regno, ed
entrati in sullo stato del re Catolico, sempre lungo alla marina venimo a
desinare a Sals, che è lontana da Villa Falsa leghe quattro. Questi confini
sono male sicuri dagli assassini, e pochi cavalli non vi vanno sanza pericolo,
di che è incolpato chi è a guardia di Sals, perché dicono che sono male pagati.
È Sals per quanto si può comprendere di fuora, una fortezza molto bella la
quale fu cominciata da questo re, quando quello luogo con tutto el contado di
Rossiglione gli fu restituito dal re Carlo, e di poi sempre ha atteso a
edificarla e farla forte, e così fa di continuo; è nominata per esservi stato a
campo l'esercito del re Luigi e non la avere espugnata, benché ne fu più tosto
in colpa el male governo di chi guidava le gente che altra ragione. Ha da un
lato la marina, da altro montagne, e non potrebbe essere posta in sito più
commodo per essere una chiave dello stato di Perpignano ed a entrare in sul
dominio del re Catolico; ma non mi parve già che per fortezza del luogo el sito
in sé fussi forte, perché ha in capo montagne donde si può facilmente
offendere. Da quel lato fu bombardata da' franzesi; nondimeno la considerai
poco perché drento non potetti entrare, perché chi non ha licenzia del re non
vi entra, e volendo guardarla a cavallo di fuora, fui interrotto da quelle
guardie che mi dettono qualche fastidio. La sera venimo a Perpignano, discosto
leghe tre, castello bello, grosso e mercantile e capo del contado di
Rossiglione, quale fu restituito dal re Carlo contro alla opinione di tutti e'
savi di Francia.
Partimo a dì 3
da Perpignano, e cavalcati per uno bello paese e molto ulivato e cultivato,
venimo a desinare a uno luogo di case che si chiama Bolone, discosto da
Perpignano leghe tre, di poi passamo el colle del Pertugio, quale ha una lega
di salita e una di scesa, ma è uno paese molto aspro, e passasi per luoghi
strettissimi e terribili, ed è el monte Pireneo, benché a comparazione di
quello è verso Guascogna sia poco; la cima di quello colle divide la Catalogna
da Linguadoca, ed insino a quivi teneva el re Carlo, che era una fortezza
grande a' confini di Francia, ed è una chiave da potere aprire e correre insino
in sulle porte di Barzalona, in modo che el riaverlo fu grandissimo acquisto
pel re di Spagna, e levossi di bocca una grande briglia; usavi assassini, ed el
dì innanzi che noi passassimo vi fu assassinato uno mercatante di Girona: ed in
verità el luogo è molto situato a' latrocini, perché oltre allo avere e' passi
strettissimi, burroni assai e molto scuri, si congiugne con altre montagne che
vanno insino in Guascogna, dove sarebbe quasi impossibile trovare gli
assassini. A piè del colle è una villa chiamata Giunchiera, donde passati,
andamo la sera a Fighiera, discosto leghe dua; ma sono due leghe che non sono
punto meno di miglia dieci. Sono in tutto leghe sette da Perpignano a modo
loro; a nostro, ventotto o trenta miglia; è Fighiera uno castellotto assai
buono, massime secondo gli altri del paese.
Partimo a dì 4
da Fighiera e venimo la sera a Girona, discosto leghe cinque, la quale è città
buona e ricca e mercantile, benché più mercantile è Perpignano; è paese male
abitato, montagnoso e poco dimestico; la città è in poggio benché si distese
nel piano ed a' piè vi corre uno fiume chiamato...
A dì 5 da
Girona venimo colla neve a Sterlich, discosto leghe cinque; è castello di poca
qualità, ed el paese, allo usato, salvatico e cattivo.
Venimo a dì 6
da Sterlich alla Rocca, discosto leghe cinque, che è castello di poco essere;
el paese inculto, pieno di pini; e discosto da Sterlich forse una lega, passamo
per Trenta Passi, che è uno bosco pericoloso di assassini; è pel paese qualche
luogo più pericoloso l'uno che l'altro, ma universalmente tutto el paese da
Perpignano insino a Barzalona e più là ancora qualche lega, ne è suspetto. È
cagione di questo disordine che molti cavalieri e gentiluomini di Catalogna
tengono inimicizia e stanno in briga e quistione l'uno coll'altro; il che per
uno antico privilegio che ha el regno possono lecitamente fare, né el re lo può
loro proibire, perché come uno ha diffidato lo altro per trombetto, di quivi a
cinque dì si possono offendere l'uno l'altro con le loro comitive, né vi è pena
alcuna di ferite o omicidii che per detta causa si facessino; ed è costume di
questo paese che tutti e' parenti intervengono nelle brighe; e quegli che sono
in quistione, quando hanno punto di nervo, tengono, per essere più forti,
ricetto di tutti e' tristi del paese. E molti vi sono che hanno luoghi e
castelli dove chi è pel re non può cognoscere: a costoro concorrono tutti e'
tristi ed assassini del paese, e loro per avere più seguito gli intratengono,
nutriscono e difendono. Da questo bandoleggiare, che così si chiama, nasce che
questi bandolieri, avendo carestia di danari e parendo loro avere caldo, si
mettono talvolta a assaltare alla strada, a che gli invita anche la qualità del
paese, per essere, come è detto, montagnoso, salvatico e male abitato; né vi ha
posto el re, quale sia la causa, quella cura e quegli rimedi che si
convenivano.
Trovamo
nondimeno el paese in più sicurtà che lo ordinario per uno caso strano e
notabile avenuto circa a uno mese innanzi, che aveva sbigottiti e sbaragliati
questi bandolieri. Erano in Barzalona due grandi cavalieri e gentiluomini, e'
quali benché anticamente fussino da Girona, aveano abitato in Barzalona grande
tempo, e per le ricchezze e molti altri rispetti erano de' capi di Catalogna.
L'uno si dimandava lo Agugliano, l'altro lo Sarriero. Fra costoro erano state
lungo tempo grandi inimicizie e bandolerie, per le quali e per essere più
sicuro, lo Agugliano abitava el più del tempo a uno suo castello. Sarriero che
era lo offeso, desideroso di fare vendetta, tenne una pratica col viceré di
Barzalona di fare pace; e per trattarla meglio, Agugliano ed el barone
dell'Ancustero, gran gentiluomo e de' primi sua aderenti, vennono in Barzalona
in casa del barone sotto la fede di Sarriero data al viceré; dove essendo
venuti, Sarriero avuto mezzo di entrare in casa loro per mezzo di uno prete con
chi aveva tenuta questa pratica, che era allievo del barone, entrò una notte
con cinquanta compagni in casa loro e gli amazzò tutti a dua; e sapendo che
pena gli andava, perché el privilegio di bandoleggiare non lo escusava per
avere data la fede al viceré, ed anche perché era uficiale, cioè bailo generale
del re, nel quale caso el privilegio non ha luogo, fuggì co' compagni in una
nave sua, quale aveva fatta accostare alla terra. La nave era grande e bella ed
era in luogo sicurissimo dal mare, ma la giustizia divina fu potente. Venne una
fortuna grande, in modo che el legno andò sotto; lui saltato in su uno banco e
difesosi assai dalle onde del mare e già propinquissimo alla terra, fu sommerso
da uno cavallone; de' compagni alcuni ne annegorono, alcuni venuti in terra
furono presi, tra' quali fu el prete che fu squartato, uno figliuolo bastardo
di Sarriero che insieme con uno altro gentiluomo gli fu tagliato el capo; altri
furono giustiziati; altri gentiluomini furono condannati alla morte, e' quali
quando passai erano in prigione e cercavano grazia dal re, la quale non venendo
tra pochi dì si aveva a fare la esecuzione: non so quello è seguito. La morte
di costoro e le giustizie fatte poi, avevano alquanto sbigottiti e' tristi, in
modo che quando passamo non vi era tanto pericolo dagli assassini.
A dì 7 dalla
Rocca venimo a Barzalona, discosto leghe quattro, dove stemo uno dì per
vederla. La città è tutta in piano e posta in sul mare, e di sito molto atto
alle mercatantie, le quali non vi fioriscono però come pel passato, in modo che
la non è nelle ricchezze che la soleva e massime stando la corte in Castiglia; è
bella città e grande e bene popolata; non vi si vede edifici particulari molto
notabili né molto eccellenti, ma universalmente le case sono belle e belle in
ogni luogo della città, in modo che come dicono loro e veramente, è città per
tutto, in modo che a giudicio mio questa è la più mirabile cosa che la abbi e
da potersi in questo preporre a Firenze. La chiesa catedrale, intitolata se
bene mi ricordo in santa Eulagia, è piccola chiesa ma è bello edificio e bene
inteso: èvi uno altare di argento dove è molta materia e molto lavoro; ha una
sagrestia ricchissima dove sono molte reliquie, e tra le altre uno Innocentino
che dal capo in fuora è molto bene conservato, e si vedono tutti e' membri
distinti; uno velo della Nostra Donna; è molto ricca di ornamenti di oro, di
argento e di gioie; ha bellissimi paramenti ed in effetto molto suntuosa.
Conservanvi fra le altre cose notabili lo stocco e lo scettro del re Martino,
che fu l'ultimo loro re che fussi catelano; le strade sono lastricate e nette
al costume di Firenze.
Èvi uno spedale
grande dove sono moltissimi infermi in belle ed ornate camere, e per quello che
potei vedere mi parvono bene tenuti; nel medesimo spedale si nutricono e'
bambini che si espongono; ed eziandio vi stanno e' matti che si chiamono gli
orati; e bisogna abbi grande spesa. Èvi uno monasterio di donne che si chiamono
le Giunchiere, quale sono tutte nobile, ed ogni volta che vogliono, possono
pigliare marito ed uscirne sanza essere obligate a altra osservanzia che di
portare el segno; sono intitolate in san Iacopo e però portano per segno nel
petto una croce rossa; l'altro abito loro sono veli bianchi o di altro colore
in capo ed hanno indosso come catelani, per le buche de' quali cavano fuori le
maniche che sono larghe e di seta o di panno con fodere a modo loro; ma portano
colori onesti. Sono circa cinquanta, le quali stanno in uno monasterio grande,
ma nel quale sono distinte sette o otto case; in ciascuna di quelle abita, come
dire, una maestra con sei o otto fanciulle; fanno professione di essere gentile
e cortese; e come in Barzalona arriva qualche uomo di qualità è menato in una
di quelle stanze e sta in una camera a suo piacere a parlare con loro, che sono
maestre di cerimonie e di trattenere. Quando truovano marito a proposito loro
si maritano; altrimenti si stanno quivi in una vita secolare e che tiene del
grande, e nondimeno con fama di essere oneste.
Non sono nella
terra alcuni mercatanti forestieri, ché da' terrazzani è fatto loro mala
compagnia. Hanno uno luogo di deposito che lo chiamano la tavola, dove ciascuno
in su la fede della città può mettere e' sua danari e qui sono conservati bene
e sicuri; stavi scrivani e ministri pagati dal publico, e si conserva insino a
qui con gran fede e sicurtà. Raccolto tutto insieme, la città è bella e grande
cosa per gli edifici, pel mare che batte alla città proprio alla loggia de'
mercatanti, pélle strade belle rispetto alla pulitezza e la parità degli
edifici, ma sono strette; per essere dilettevole di giardini bellissimi e di
molti aranci; per essere bene populata ed ancora ricca, e, se non vi fussino le
discordie loro proprie, quietissima; nondimeno se amore non mi inganna non è
città comparabile a Firenze, dove eccedono di gran lunga gli edifici pubblici e
privati, e le strade ancora più belle e più pulite, che è uno de' membri di che
si gloria Barzalona. El contado atorno per qualche miglio è buono; ma come si
discosta tre o quattro leghe dalla terra, si entra nel salvatico; èvi qualche
villa ma poche e cose dozzinale.
Partimmo
[Nostra Donna di Monserrato quale lasciamo a man ritta] a dì 9 da Barzalona e
venimo a cena alla Pieras, castellaccio discosto leghe sette, ed in paese
salvatico e cattivo.
Dalla Pieras
venimo a dì 10 allo Stalet, villa discosto leghe sette, ma sono catelane, cioè
di buona misura; el paese intorno a Mommanneu, discosto dallo Stalet lega una,
è pericoloso di assassini, perché sotto a Mommanneu si restrigne una vallata
nella quale sboccano molti burroni, e vi è presso Santa Colomba, castello di
uno gentile uomo, dove per privilegio non può la giustizia del re, dove è uno
refugio di ladroni, da' quali lui ha parte e quivi è sicuro ognuno.
Venimo a dì 11
dallo Stalet a Cerviera, discosto una lega, che è castello grosso; e da
Cerviera a una villa chiamata Taregua, dove si fa una lega, ma tanto grande che
in proverbio catelano si dice: «legua per legua da Taregua a Cerviera»; e la
sera ne venimo a Lerida, discosto in tutto sette leghe, ma grandissime. In
Lerida stemo un giorno per uno caso del corriere nostro. È città la maggiore
parte della quale è in poggio, ed a piè vi corre uno fiume chiamato Segle, che
dicono mena oro. È città piccola e brutta di ogni cosa. Èvi uno studio dove
sono scolari poverissimi e male in arnese: el maggiore salario che si dia a'
dottori sono trenta ducati, e nondimento è riputato studio nella provincia.
Partimo a dì 13
da Lerida, e discosto due leghe entramo in Aragona; e perché el dì mutamo provincia
io scriverrò quello che in somma ritrassi di Catalogna, cioè di quella parte la
quale io cavalcai. Io non so se Catalogna dalla parte che io non passai e
massime lungo la marina sia di altra qualità che la parte che io veddi; la
quale ha el paese montagnoso, salvatico e molto sterile; truovasi una terra,
una villa, ed intorno a quella è lavorato qualche poco: di poi si andrà più
leghe che tutto è inculto; nondimeno ne' luoghi dove si lavora, produce grano,
vino ed olio; altri frutti vi è pochi; bestiame vi è assai, ed è paese atto; è
poco abitata, e questa è la cagione che benché del paese sia lavorato poco,
pure vi è abundanzia; stanno tutti in sulle arme e si truova pel cammino ognuno
colla spada, moltissimi colle arme in asta ed assai colle balestre [In
Barzalona ognuno colla spada]; hanno nome di essere fieri e bellicosi; sono
naturalmente uomini villani, e benché nella città si usi infinite cerimonie e
reverenzie, nondimeno allo intrinseco la natura loro è questa.
Sonvi
assassini, che oltre alla mala natura loro ne dà occasione, come è detto,
quelle divisione che sono tra gentiluomini, ed il sito paese che ha montagne
assai e molti passi e luoghi stretti; gli alloggiamenti per chi passa sono
cattivi, perché gli osti sono villani, e di poi quello che tiene osteria non
può dare altro che lo alloggiamento ed il bisogno de' cavalli. Bisogna andare a
comperare el pane in uno luogo, in uno altro el vino, in uno altro
separatamente e' camangiari, che così è lo uso e gli statuti del paese. Sonvi
grande divisione ed inimicizie tra gentiluomini particulari, che si tirano
dietro la più parte de' popoli, e vi si fa per questa causa molti omicidii e
disordini. Giustizia vi si tiene poca; le cosa civile molto lunghe, nelle
criminali vi è ordine che el re non può né campare uno dalla morte, né
rimettergli uno bando, né perdonare la pena di una ferita, sanza la voluntà
dello offeso, o non vi sendo lui, de' sua più prossimi parenti; ma se loro
perdonano, è facile avere grazia dal re o per danari o per altro favore:
restano per questa cagione assai malefici impuniti, perché molti hanno la pace
o dallo offeso, o se lui è morto, dagli eredi dello offeso, o con lunghezza di
tempo o per danari o per altro favore di amici. Di che si vede qualche volta
qualcuno che è in prigione ed aspetta la sentenzia della morte, uscirne sanza
pena alcuna. Chiamasi la Catalogna principato e non regno, ed hanno loro
privilegi e capitoli, fuora de' quali el re non gli può maneggiare; non so
particularmente quello ne tragga.
Usciti adunche
a dì 13 di Catalogna ed entrati in Aragona, desinamo a Fraga, che è una lega
nel regno. E di poi la sera cenamo alla venta di Terra Bianca, che fu in tutto
cammino di cinque leghe: el paese insino quivi è, si può dire, disabitato, né
si truova da Fraga a Terra Bianca pure una sola casa; non vi è lavorato, ma è
paese quasi piano, largo e scoperto, che non vi è non che altro, per via di
dire, una pianta: ramerini assai, anzi infiniti, co' quali fanno fuoco. A Terra
Bianca è una sola casa che dà alloggiamento, che chiamano venta; non hanno
acqua se non di citernacce e cose corrotte.
A dì 14 venimo
cavalcando medesimamente uno paese inculto e disabitato; venimo a desinare a
una terretta chiamata Buggieralus, discosto leghe tre; e da Buggieralus a cena
a una altra venta chiamata Santa Lucia, discosto tre altre leghe.
Venimo a dì 15
a Ossera a desinare, discosto leghe tre, la quale è una terretta posta in sul
fiume Ibero, chiamato da loro vulgarmente Ebro. La commodità della acqua fa che
quivi in poco luogo sono parecchi castelletti. La sera per paese alquanto più
abitato venimo a cena a Saragosa, discosto leghe sei. Cominciano a Buggieralus
le leghe ragonese a essere piccole. Saragosa è città capo del regno di Aragona,
posta in sul fiume Ibero che là vulgarmente si chiama Ebro. Nasce Ibero nelle
montagne di Castiglia, e quando passa da Saragosa è fiume mediocre; entra nel
mare sotto a Tortosa, dove dicono è assai grande fiume, per entrarvi molti altri
fiumi del paese; credo abbi nome per essere in quella parte donde lui corre
fiumi piccoli e di poca qualità. La città si dice in latino Cesaraugusta;
allato alla quale passano tre altri fiumi di poco momento; è di sito assai
grande ed è tutta piena e populata, donde in quella provincia si chiama
«Saragosa la farta». È città ricca, populata e bella; ha le case tutte di
mattoni, ma ve ne sono molte grande e magnifiche, in modo che è bene accasata.
È nella chiesa maggiore una cappella antica lavorata di alabastro che è opera
molto grande e magnifica, dove sono sculte molte figure, molti animali, molti
fiori ed erbe di lavoro pronto e naturale, ed è bella cappella; el resto della
chiesa in sé non è cosa di qualità. Èvi uno monasterio di frati intitulato in Santa
Angratia, dove è uno convento edificato per ordine ed a spese del re, dove sono
chiostri, libreria, refettorio, dormitorio ed altre stanze molto grande e
bellissime, in forma che io non vidi mai più bello convento, che vi è congiunta
insieme la magnificenzia e la grazia; ora si comincia a edificare la chiesa, la
quale dicono sarà corrispondente al convento. Èvi una chiesa chiamata Santa
Maria del Pilare, dove dicono che a tempo che san Iacopo convertì quel paese
alla fede, apparì visibilmente la Vergine Maria in su uno pilare, cioè in su
una colonna; in modo vi è grandissima devozione e grandissimo concorso; e vi si
vede ancora la colonna; è in quella chiesa una capella dove è il sepulcro di
uno cavaliere ragonese chiamato Giustizia, che fu viceré di Sicilia e morì sono
pochi anni, lavorato di alabastro con intagli d'oro con tanza grazia e
magnificenzia che è opera bellissima. Cavano lo alabastro presso a Saragosa a
poche miglia. In somma è bella città e da potersi a mio giudicio, posposto el
mare, preporsi o almeno equipararsi a Barzalona. Sono sotto al re ma con
privilegi infiniti; trattansi per gli ufici loro le cose civili; le criminali
si giudicano da chi vi è pel re, ma hanno lo appello a' deputati della città;
non pagano gravezza alcuna al re, né trae di Aragona se non certe entrate di
passi e di dogane che non credo passino in tutto ducati quindicimila; in modo
che la regina donna Elisabetta soleva dire qualche volta, infastidita di tanti
loro privilegi e libertà: «Aragona non è nostra; bisogna la torniamo a
conquistare». Hanno loro dazi particolari, e' quali esercitano duramente e
sanza respetto alcuno di imbasciadori o altra legge; sono uomini alla usanza
del paese boriosi e cerimoniosi; ed usano molte tapezzerie ed argenterie, di
quale cose insino a' mercatanti hanno piene le case. Stemovi tutto dì 16.
A [dì] 17
partiti da Saragosa e preso el cammino diritto a Burgos, venimo la sera
discosto leghe cinque a Lagona, terra di poca qualità.
Da Lagona
desinamo a dì 18 a Gaglius, discosto leghe cinque; e di quivi andati due leghe
su per quello di Ragona, ed entrati in sullo stato del re di Navarra, venimo a
Cortes che è una lega ne' confini; e di quivi ne andamo a Tudela, terra del
regno di Navarra, che è discosto leghe quattro, che in tutto fanno undici leghe
ma piccole. Quello poco che io veddi di Ragona, è paese sterile, inculto e
quasi disabitato; è da una terra a una altra dieci o dodici leghe; ed anche è
una terra di pochi quattrini, molto penurosa di acque; vi è pecore assai che
cavono utile grande di lana, ed anche fa zafferani assai. La poca gente che vi
è fa che non vi è carestia; alloggiamenti cattivi e male serviti, ché
communemente sono uomini asini e villani. Tudela è luogo grosso del re di
Navarra, dove lui sta spesso, posta in sul fiume Ebro di verso la Castiglia.
Parvemi per quello poco vi stetti, terraccia; ed il paese è a uso di Ragona
spopolato, inculto e non che altro, sanza arbori, in modo che per tutto el
paese è carestia grandissima di legne.
Partiti a dì 19
da Tudela e venuti due leghe per lo stato di Navarra, venimo a desinare al Faro
ne' confini di Castiglia due leghe: è luogo di poca qualità e quivi si tiene el
dazio de' cavalli, dove ognuno che entra nel regno di Castiglia è forzato
manifestargli al decimiero, el quale ne piglia e' peli e' segni; e bisogna
promettere o con giuramento o con sicurtà non gli trarre di Castiglia per altra
via; vendendosi nel regno se ne paga el decimo, traendosi per altra via se ne
paga certo dazio. La sera venimo a Calagor, discosto leghe quattro: è città, e
per antiquità dicono è luogo molto nobile ed onorato; ma è oggi piccola cosa e
cattiva, che non tiene oltre a 500 fuochi e sono le case quasi tutte di terra.
Da Calagor
venimo a dì 20 a Logrogno, discosto otto leghe; ma desinamo a una venta per non
si trovare altro luogo in mezzo. Cavalcamo tutto giorno in su l'Ebro, dove per
spazio di più leghe è confine tra la Castiglia e la Navarra; in su' quali
confini di là dallo Ebro fu morto el duca Valentino, e ci fu mostro el luogo.
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