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Francesco Guicciardini Discorsi politici IntraText CT - Lettura del testo |
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V. Se ‘l Gran Capitano debbe accettare la impresa d’Italia.
Io non mi maraviglio più che nelle cose dubie si truovino tante questione e contrarietà di opinione tra gli antichi scrittori, poi che io veggo che e' non manca chi vogli in una cosa tanto chiara mettere disputa. Tutti gli amici vostri, poi che voi tornasti da Napoli, si sono sempre doluti che la altezza del re vi abbi tenuto in ocio, ed è loro dispiaciuto che la abbi in guerre tanto importanti adoperato altri capitani e voluto più tosto con suo danno detrarre alla gloria vostra, che con sua utilità darli augumento. Questo medesimo dolore abbiamo creduto essere stato nel petto vostro e ragionevolmente, perché nessuno dispiacere può essere maggiore negli uomini grandi e che si conoscono virtuosi, che non avere facultà di mostrare quello che e' sono, e che con danno di altri le virtù loro stieno oscure. Né ha anche la natura dati tanti ornamenti a uno uomo perché li stieno sepulti, ma perché con quelli giovi alli altri; e però chi si tiene sufficiente e non si vuole mostrare quando ne ha commodità, manca non solo a sé medesimo, ma a tutta la generazione umana, ed è da essere comparato a uno avaro che tiene e' sua tesori occulti nella cassa sanza profittarne a sé o a altri. Ora doppo molto tempo vi è dato facultà tornare alle faccende, la quale vi debbe essere tanto più grata, quanto più è stata desiderata, e con quanto maggiore gloria vostra vi si offerisce, perché avendo sua altezza provati altri capitani sanza successo, ed ora per necessità ricorrendo a voi, si mostra quanta differenzia sia da voi alli altri. Lo accettare questa espedizione, considerate, Gran Capitano, che vi porta tutte quelle cose che sono stimate dagli uomini: gloria grandissima, perché ritornando voi nel corso delle arme, che è la propria professione vostra, nelle azione grande, a espedizione preclare, in una provincia dove la fama vostra è maggiore che nella patria, contro a una nazione ed eserciti che triemano del vostro nome per avervi altra volta provato con tanto loro danno, ed e' quali se voi vincesti in uno tempo che voi non li conoscevi né loro aveano provato voi, in tempo che voi eri solo, loro colli aiuti e forze di tutta Italia, quando li aveano capitani veterani e buoni, chi può dubitare che ora voi non li abbiate a vincere, quando voi siate accompagnato da tanti aiuti, loro soli; voi colla esperienzia avete imparato el modo di vincerli, loro per tante rotte triemono della vostra virtù; voi capitano veterano e migliore che allora, loro con capi nuovi e giovani e che non hanno nome o esperienzia; questa vittoria quanta fama vi abbi a dare chi non lo sa? E se bene la gloria vostra è grandissima da potersene contentare, è anche grande lo animo e generoso, e non si truova che nelli animi generosi fussi mai sazietà di gloria. La utilità quanta sia non voglio darne altra ragione, se non che voi misuriate quale erano le ricchezze vostre innanzi alla guerra, quale sia oggi doppo le vittorie lo stato e la rendita che voi tenete; e ricordatevi che gli è maggiore difficultà venire di uno grado basso a uno mediocre, che non è da uno mediocre venire a uno sommo, e che non può essere maggiore carico a' savi che non sapere seguitare la fortuna sua, la quale ha forse per questa via destinato di condurvi a uno stato equale alle vostre virtù. E benché la soglia essere mutabile, nondimeno questo non vi debbe ritirare, perché e' savi se ne sogliono difendere, e non si potendo ottenere le cose grande sanza qualche pericolo, si debbono le imprese accettare ogni volta che la speranza è maggiore che la paura. E se non vi muove lo appetito della gloria e grandezza, parendovi averne a sufficienzia, considerate più là, Gran Capitano, che rifiutando questa impresa si viene a diminuire la gloria acquistata da voi insino a oggi; perché chi non vede che stando voi in ocio, in pace, con veste lunghe ed abiti civili, alla ombra la fama vostra invecchia tuttogiorno, manca uno certo vigore fresco, ed el nome vostro si regge non in sul fulgore delle cose presenti, ma in sulla riputazione delle passate, come di Pompeio a comparazione di Cesare dicevano li antichi scrittori? El tempo e lo ozio vi logora. Ma quello che è più, recusando questa amministrazione, date causa di credere a' populi che lo animo vi manchi e che voi medesimo diffidiate di voi; di che può nascere disputa quale abbi potuto più nelle azione vostre passate o la fortuna o la virtù. Finalmente per conchiudere in una cosa tanto chiara, vogliate più tosto le faccende di Cesare che el brutto ocio di Lucullo, ed eleggete più tosto la occasione di crescere in infinito la gloria e lo stato vostro, vivendo in Italia ed in Napoli come re, che voluntariamente invecchiarla e diminuirla stando in Castiglia come suddito.
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