VI.
Sullo stesso argomento. In contrario.
Le diversità
delle opinioni, Gran Capitano, e le dispute che vi si fanno, sogliono piacere a
chi ha a fare la resoluzione, perché chi ode le ragione contrarie suole meglio
discernere la verità, né anche debbono dispiacere alle parte, quando la sorte
dà loro prudente giudice e che le si oppongono non per proprio interesse, ma
principalmente per amore del vero. E se in nessuna quistione fu mai bisogno di
savio giudice, e che considerassi lo intrinseco delle cose, è di bisogno in
questa, dove è necessario che la prudenzia sia tale che con solida elezione
vinca e' vani appetiti, e seguiti più tosto la utilità nascosta drento, che lo
splendore apparente di fuora. Io confesso che accettando questa impresa e
vincendo, ne risulterà verisimilmente grande augmento alle cose vostre; ed
anche credo che secondo le considerazione che si possono fare de' futuri eventi
delle guerre, voi vi possiate promettere la vittoria, quanto mai potessi alcuno
capitano che andassi in guerra. Ma io so anche che nessuna cosa è tanto
incerta, quanto li esiti delle guerre, sulle quali ogni leggiere disordine,
ogni minimo caso suole qualche volta essere di momento grandissimo. Né si può
promettere la vittoria chi ha la giustizia della causa, vedendosi ogni dì
vincere chi combatte per la ingiustizia; né si può el capitano assicurare in
sulla sapienzia sua, la quale se è bene di gran momento non opera el tutto,
perché tutte le azioni della guerra non sono riposte in lui solo, anzi la
maggiore parte dependono dalla virtù de' soldati, dalla qualità de' luoghi e
de' tempi e da mille accidenti sottoposti interamente alla fortuna, e' quali
non sendo in mano sua, non li può lui solo regolare.
Non si può
adunche promettersi la vittoria; e se bene verisimilmente la speranza sia
maggiore che la paura, si ha da considerare in contrario che sanza comparazione
molto più danno vi farebbe el perdere, che non vi facessi utilità el vincere,
perché la gloria e reputazione vostra è oggi grandissima, e tale che e' non si
ha notizia di uno capitano sì glorioso in tutta la cristianità. Vincendo, non
darete ammirazione a nessuno, e se ne crescerà di poco la gloria vostra, perché
a nessuno sarà nuovo che el Gran Capitano vinca; perdendo, non è così, perché
una mala fortuna di uno giorno solo vi priverrebbe di tutti li onori e trionfi
acquistati colla fatica e pericoli di tanti anni: perderesti quello splendore
di essere invitto e quello tesoro che non si può pagare né estimare, né se li
può fare comparazione delle ricchezze che si potessino acquistare nella
vittoria, perché questo disegno è fallace, e si vede quante volte da' re e'
benefici grandi sono pagati con grande ingratitudine. Ed inoltre non vale tanto
questa speranza, che per quella si debba mettere in pericolo una cosa tanto
preziosa quanto è la fama e lo onore.
Dilettasi
qualche volta la fortuna di fare simili tratti, ed è proprio lo esercizio suo
di bassi fare grandi e di grandi ridurre a grado piccolo; e quanto più l'ha pel
passato favorite le virtù vostre, tanto più è da dubitarne, perché el costume
suo è di non stare mai ferma con uno medesimo, e rarissimi si truovano coloro
a' quali la sia stata continuamente propizia. Leggesi tanti antichi capitani,
Pompeio, Annibale, Marcello, e nella medesima Italia Belisario sommo uomo, el
quale mandatovi da Iustiniano imperadore, tornò doppo qualche anno in Grecia al
suo signore, avendo acquistate grandissime vittorie e trionfi; dove stato
qualche tempo, ed essendo perturbate le cose di Italia, vi fu di nuovo
rimandato, e nondimeno non vi avendo e' medesimi successi, tornò con poca
gloria e favore. È facile adunche el perdere; perdendo si perde assai;
vincendo, a comparazione della perdita, si guadagna poco; né e' savi sogliono
volentieri giucare a quelli giuochi ne' quali si possi perdere molto e vincere
poco. Ricordatevi del prudente ricordo di don Alonso Aghilar vostro maggiore
fratello, el quale vedutovi tornare la prima volta glorioso di Italia, vi
dissuase el tornarvi di nuovo, perché voi non mettessi in pericolo la
reputazione acquistata. Né solo vi debbono muovere le parole ma eziandio lo
esemplo suo, che doppo tante vittorie e tanta fama fu morto in giornata.
Pare assai alla
moltitudine lo splendore del tornare in Italia a tanta impresa ed a tanto
governo ed a sì grande speranze, ma più pare a' savi el mettere voluntariamente
in pericolo tanto tesoro. Debbesi considerare assai el pigliare le imprese, e
massime chi già è glorioso, chi già ha fatto demostrazione della virtù sua, chi
più che per la rata ha travagliato e posto mano a' bisogni delli altri uomini.
Non direi così in uno giovane, el quale non avendo ancora tentato la fortuna
sua, è ragionevole che facci prova di sé medesimo, non viva in ocio brutto, ma
tenti e di volere acquistare gloria, e di suvvenire a' bisogni degli altri
uomini e della sua nazione. È lodato uno che con poco capitale si mette a
navigare, e con pericolo di potere poco perdere, tenta di guadagnare assai; e
nondimeno è biasimato uno uomo ricco che per appetito di guadagnare metta in
mare tutto lo stato suo; né li sarà imputato a pusillanimità el riposarsi, ma a
troppa cupidità el travagliare. Né sarà uomo che, se voi recusate questa
impresa, lo ascriva a viltà di animo, anzi si imputerà a prudenzia; e quanto
della vittoria sono proposti maggiori utili, tanto più parrà officio di animo
generoso e savio el saperli sprezzare. Le vittorie vostre passate sendo
continuate tanto tempo ed ottenute tante volte, e massime con tanto mancamento
di danari e di altre provvisione necessarie, non lasciono dubitare della virtù
vostra; né si diminuisce, recusando questa impresa, la gloria, anzi si conserva
lo acquistato, e si fa fede di prudenzia. Quello doverrebbe fare uno giovane
povero di onore, questo altro ha a fare uno vecchio ricco di tanta gloria e
trionfi; ed a voi si apartiene più, nella età che voi siate, fare officio di
vecchio savio, che di giovane volonteroso, e seguitando più tosto el iudicio
de' prudenti che la ignoranzia della moltitudine, non si mettere, per speranza
di guadagnare poco, a pericolo di perdere assai.
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