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Francesco Guicciardini
Discorsi politici

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    • VII. Sulla discesa di Francesco I in Italia nel 1515.
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VII. Sulla discesa di Francesco I in Italia nel 1515.

 

La condizione e sorte di Italia vuole che né le guerre cominciate di da' monti, né lo essersi mutati principi, basti alla quiete italiana; anzi ogni cosa che pare che dia disturbo a chi volessi assaltarla riesce, in spazio di tempo, più fresco e più potente a travagliarla. Sperossi che le discordie ed armi cominciate tra Spagna ed Inghilterra con Francia avessino a essere causa che e' franzesi avessino a lasciare posare Italia per qualche tempo, il che non solamente non è seguito, ma più tosto abbiamo visto el contrario; conciosiaché di quivi è nato tregua tra Francia e Spagna per di da' monti, di poi pace tra Francia ed Inghilterra; di che e' franzesi non solo non sono stati impediti ma, securi della guerra di casa, hanno potuto più gagliardamente volgere lo animo alle cose di Italia. Sperossi che la morte del re Luigi fussi causa medesimamente del contrario, perché si credeva che le imprese fussino cominciate a dispiacere a tutta la nobiltà di Francia, e si pensava che lui solo per esservi stato dal che nacque inclinatissimo, e di poi per reputarla gloria ed acquisto suo, sostentassi questa impresa. Ed inoltre si giudicava che essendo per la sua morte cessato el parentado tra Francia ed Inghilterra, ed avendosi a restituire dote, potessi tra questi dua re nascere facilmente qualche inimicizia, o almeno fare che el re nuovo vivendone con sospetto non potessi così commodamente attendere alle cose di Italia. Questa sua morte non solo non ha spento questo fuoco, ma ha più tosto partorito effetto contrario, perché tra questo re ed Inghilterra si è non solo conservata la amicizia, ma più tosto accresciuta la coniunzione; ha fatto parentado con lo arciduca, e posatosi ancora da quella banda; in modo che volendo ora passare in Italia, questa sua impresa la fa con tanta più sua reputazione, e con tanto maggiore periculo di Italia, quanto più si vede assolidato di da' monti; truovasi più giovane e però più animoso e più feroce, ed inoltre si intende essere in maggiore credito e benivolenzia co' signori e gentiluomini del regno che non era el re passato.

Vuole la mala fortuna di Italia così, e che doppo uno incendio e travaglio ne nasca subito sempre uno altro maggiore e più pericoloso. Viene adunque nuovamente in Italia uno esercito franzese con grosso numero di cavalli, fanterie ed artiglierie, e bene provisto di munizione e di tutte le cose necessarie. Viene allo acquisto di Milano, ducato posseduto poco tempo fa da loro più anni, dove hanno colore di qualche titulo, e dove e' populi li desiderano ed inclinano sanza dubio a quella parte. Viene contro a uno duca debole di forze, di poco governo e sanza danari, ed odiato da tutti e' sudditi sua; in modo che se si avessi a combattere da una potenzia all'altra, solo uno cento di lance franzese finirebbono la impresa, avendo la inclinazione de' populi e la parte di messer Gian Iacopo e di tanti altri fuorusciti che sono con loro. Ma al riscontro si scuoprono a difesa dello stato di Milano e' svizzeri, nazione fiera, bellicosa, esercitata nelle arme e di animo grande, e che altra volta ha avuto in questa impresa medesima vittoria de' franzesi, ed a quale pare nella difesa di Milano trattare una causa sua propria, perché in verità nel defenderlo consiste grandissimo interesse di quella nazione per gloria, per utilità e securtà sua. Ha volta tutta Italia li occhi a questa espedizione, non solo per lo interesse suo e per el desiderio ed inclinazione varie più a una parte che una altra, ma etiam perché discorrendo bene le forze di tutt' a dua le parte, nascono tra li uomini vari iudìci di chi debba essere vincitore. E se bene l'esercito franzese paia avere vantaggio, per trovarsi numero di fanterie quante saranno e' svizzeri o più, ed avere tanti cavalli ed artiglierie che non ne hanno e' svizzeri, nondimeno la ferocia e reputazione di quella nazione, e lo animo con che si vede vanno, è tale, che non sanza cagione nasce nelli uomini tanta varietà di iudìci ed opinione; in che a me interviene come alli altri, che in una cosa di tanta importanza non posso posare lo animo, e sono forzato discorrere ancora io quello che mi occorre.

Intendesi di presente, come ancora si è inteso tutto lo anno passato, e' svizzeri volere fare pruova di impedire a' franzesi e' passi de' monti; e' quali sendo stretti e forti ed in luoghi dove non si possono maneggiare cavalli ed artiglierie, pensano poterli con poco numero di uomini defendere; da altro canto e' franzesi sono sì grossi di numero di uomini, che potendosi dividere in molte parte, e tentare in uno medesimo tempo el passare per vari luoghi, è da dubitare che questo disegno non riesca, e tanto più quanto e noi a' tempi nostri lo abbiamo visto, e si legge in molte istorie, che rare volte è riuscito uno simile pensiero, perché chi si vede serrato el passo ordinario, e non potere sanza pericolo e disavantaggio grande aprirsi la via ordinaria, non viene direttamente a sforzare chi ne è signore, ma cerca per venirvi indirettamente, e per via di furto, e' luoghi non previsti da chi è in sul passo; e però lo effetto di queste imprese è molte volte stato che chi vuole passare ha girato una parte dello esercito per qualche via traversa e non usata, quale ha imparata da' paesani o altrimenti, e condotto in modi simili o in sulla summità del monte, o drieto o dallato a chi tiene el passo, gli ha forzati a ritirare e lasciare la strada aperta. In modo che io per me non ho mai avuto in questa difesa molta fede, e massime che avendo e' svizzeri a starvi lungamente, credo arebbono difficultà di vettovaglie. Porsi, come alcuni dicono, e' svizzeri a Susa dove sbocca el passo di Monginevra e Monsanese e così non li lasciare discendere al piano, anche non è disegno certo, perché io credo possino farlo discosto da Susa e per altra via in molti luoghi, per Saluzzo e Monferrato, dove se forse non sono facili e' passi per le artiglierie, pure noi veggiamo per esperienzia che chi ha forza di uomini e di danari vince queste difficultà, ed e' franzesi massime che in simile maneggio hanno molta attitudine.

Non so anche se per carestia di vettovaglie e' svizzeri possino fermarsi lungamente in su' monti, il che non doverrebbe dare noia a' franzesi che hanno adrieto el paese loro, donde si possono meglio provedere, e che possono e sogliono in simili cose valersi della forza del danaio e sanza alcuno rispiarmo. Se e' svizzeri tengono el passo de' monti, la impresa de' franzesi si dissolve; se e' lo tentano e non riesca, perdono di reputazione e' svizzeri assai, sendo di dua difese mancata loro una, nella quale secondo la opinione degli uomini si sperava; nondimeno questo non toglie che e' non possino ridursi grossi alla campagna e venire all'incontro de' franzesi; dove venendo con animo di fare la giornata, si riducono le cose in grande stretto, perché una fanteria grossa di uomini bellicosi e che entrano alla battaglia con animo di morire o di vincere, non può essere vinta sanza grandissima difficultà, e sanza grandissimo pericolo e danno di chi li combatte. E benché la fanteria franzese sia grossa, ed e' lanzichenech sieno stimati assai, nondimeno combattono non per causa propria, ma per conto di altri e come soldati mercennari, né si hanno ancora vendicato quella reputazione e quello timore che hanno e' svizzeri. È vero che lo avere una cavalleriagrossa e tante artiglierie fa vantaggio grande a' franzesi, ed in modo che se e' svizzeri non fanno miracoli, non pare ragionevole che e' franzesi debbino perdere la giornata; pure li eventi delle battaglie sono dubii, e vi può molte volte la fortuna più che la ragione, ed almeno non si può negare che e' franzesi non possono avere questa vittoria se non con molto sangue, perché ha a fare con inimico che non volterà le spalle, ma che vorrà morire quivi e non fuggire, e morire coll'arme in mano ed onorevolmente. In modo che io credo si possa conchiudere che questa vittoria sarebbe con tanto danno de' franzesi, e colla morte di tanta nobiltà ed uomini di conto, che peserebbe più che lo acquistare Milano e tutta Lombardia.

E però io credo che e' franzesi, conoscendo la virtù ed ostinazione delli inimici loro, abbino a fare ogni cosa di non venire a giornata, ma cercare di ottenere la vittoria per altra via, o col mandare, scesi che saranno in Lombardia, le cose in lunga sanza apiccarsi, sperando ne' populi che di drieto si abbino a levare, e pensando che e' svizzeri per mancamento di danari ed altre difficultà, non possino stare lungamentegrossi alla campagna, e così vincere col tempo; o veramente abbino a dividere lo esercito, e lasciato el nervo del campo a petto de' svizzeri con ordine non di combattere ma di intratenerli qualche giorno, mandare l'altra parte alla volta di Milano o di qualche altro luogo, sotto speranza di fare levare tutto quello stato, il che facilmente riuscirebbe loro etiam con poca gente; in modo che raccolto insieme tutte queste cose, benché ancora possa succedere il contrario, pare da credere più tosto la vittoria sia pe' franzesi. Conciosiaché se e' possono temporeggiare di non venire alla giornata, abbino la vittoria certa in mano; venendo a giornata, possino almeno così vincere come perdere, il che non avviene a svizzeri, e' quali non si possono presupporre buono esito se non col modo solo di vincere la giornata. È ancora da considerare che e' svizzeri sono uno populo, e ragionevolmente e' loro moti e progressi debbono essere come quelli degli altri populi: può nascere facilmente che non riuscendo loro el disegno del tenere e' monti, e vedendo el pericolo più da presso, ed uno esercito inimico alla campagna con fanteria da non sprezzare, con una cavalleriagrossa, con tante artiglierie, e co' populi amici, pensino a' casi loro e si ritirino sanza volere fare la giornata.

Resta, se e' franzesi ottengono la impresa di Milano, quello abbi a seguire; e se vedendo el resto di Italia conquassato e sanza ordine, la speranza di assicurar meglio le cose loro di Lombardia, la ambizione di crescere, la voglia di vendicarsi con chi li ha iniuriati, li traporti a nuovi maneggi; perché è cosa credibile che e' considerino molto che se e' fermono el corso delle vittorie loro in Lombardia, e' non vi restano con più sicurtà o fermezza che sieno stati ne' tempi passati, perché rimanendo in Napoli uno re di Aragona inimico della grandezza loro e stato autore a cacciarli di Italia, sendoci uno papa potente con Bologna e Romagna e con lo stato di Firenze, ed el quale non possono avere per confidente, potrebbe ogni nascere occasione, o in su' travagli avessino di da' monti, o in su qualche altro accidente, faccendo scendere e' svizzeri, cacciarli di Italia. E però è da credere che penseranno levarsi in forma li ostaculi, che vivino con più securtà che pel passato, massime che essendosi visto la esperienzia quanto col mezzo de' svizzeri vi possino essere facilmente perturbati drento, è da credere che col tempo non mancherebbe chi avessi animo a entrare in una tale impresa.

La ragione vuole che, espedito Milano, disegnino andare allo acquisto del reame, cosa giudicata facile per essere in quello regno poche forze e li animi di molti prìncipi e di tutti e' populi inimici del nome spagnolo; el levare el re di Spagna di Italia sarebbe loro grandissima securtà, o pigliando quello regno per loro o mettendolo in mano di qualche loro confidato, il che se avessino subietto da fidarsene, sarebbe sanza dubio più fortificazione e securtà loro. È adunque da credere che vincendo Milano gli abbino a fare una tale impresa volentieri, sendo necessaria, facile, e trovandosi uno re giovane, nuovo nel regno, e che ne' princìpi del regnare avessi cominciato a vincere. Quello che li possa ritenere è solo se e' parrà loro lasciare le cose di Milano in modo, respetto alla vicinità de' svizzeri, che e' possino mandare securamente le gente nel regno; il che io credo che gli abbino a potere fare, perché o gli aranno vinto con giornata, e ragionevolmente non potendo e' svizzeri essere rotti se non con grandissima loro strage, saranno le forze loro sì attrite che non sarà da dubitare infestino così presto Milano, se già in questo caso non fussi stata la vittoria a' franzesisanguinosa che non si trovassino lo esercito intero e fresco da poterlo maneggiare; o veramente gli aranno vinto sanza giornata, ed allora trovandosi tanta gente, la amicizia e forze de' viniziani, potranno facilmente lasciare tanta guardia a Milano che basti allo scendere e' svizzeri, e col resto fare la impresa di Napoli, la quale a giudicio di ognuno è tenuta di poca difficultà.

Ma non so già se e' parrà loro che basti alla sicurtà propria lo insignorirsi di Napoli, e se el non parere questo, o veramente lo sdegno di vedere loro el papa inclinato almeno collo animo e col desiderio alla via degli inimici loro, o lo appetito di crescere ed assicurarsi tanto più, gli farà trascorrere più oltre, e pensare a abassare el papa, a che sono molte cagione che gli possono invitare: parere loro crescere ed assicurarsi tanto più e levare di Italia ogni spirito che potessi essere in tempo alcuno stimolo o compagno di altri a travagliarli, e tanto più quanto per e' progressi di questo papa saranno capacissimi che a lui dispiaccia sommamente la grandezza loro in Italia; e la potenzia sua avendo congiunto al dominio antiquo della Chiesa lo stato di Romagna, di Bologna e di Firenze, è da tenerne conto, e massime venendo el fratello e nipote in opinione di volere attendere alle arme. Nondimeno el travagliare lo stato ecclesiastico, oltre a essere contro alla professione del re Cristianissimo, e spiacevole per li esempli antichi e freschi a quella nazione, è cosa da potere concitare e per sdegno e per sospetto e per religione tutti e' principi cristiani, e mettere Francia in quelle difficultà che lo vedemo pochi anni sono. Né si può battere, o a dire meglio, disfare interamente el papa, non gli togliendo lo spirituale; e questo non si può torgli sanza el concorso della Magna e di Spagna, a' quali non è a proposito che Francia si faccia capo ed autore di una tanta cosa; e però sarìa facile cosa che el re di Francia, vincendo etiam Milano e Napoli, si astenessi da toccare la Chiesa; se già per mettere un freno in bocca al papa e diminuirlo assai di forze, non voltassi lo stato di Firenze, parendoli che non sendo cosa ecclesiastica, questo uno modo da battere el papa sanza concitare li altri principi. Ma questo ha anche el contrapeso, perché ogni volta che non fussi risoluto a non manomettere el papa nel dominio ecclesiastico, parrebbe più prudenzia cercare di beneficarlo e farselo amico e confidente, in che non li mancherebbono e' modi, che volerlo per inimico; e per questo, raccolto tutto, sarebbe forse più ragionevole credere che el re di Francia non fussi per cercare di deprimere el pontefice; tuttavolta le ambizione, le voglie, le paure e li inganni degli uomini sono tali, che fanno spesso effetto contrario a quello che si disegna e pare che si discorra con ragione. Sariaci una altra migliore e più vera sicurtà per li franzesi che nessuna altra, e questo sarebbe spacciare e' svizzeri in casa loro, ma la difficultà è tale che la vuole più pensiero, più tempo e più occasione a poterla resolvere.

 

Lo effetto fu che nonostante la resistenzia de' svizzeri, e' franzesi benché per vie difficile passorono e' monti, e venuti nel piano di Lombardia, e' svizzeri si ritirorono verso Como, dove di poi ingrossati ne vennono a Milano. E' franzesi acquistato che ebbono tutto lo stato di Milano che di subito si dette loro, eccetto Milano e Cremona, de' quali Milano, se e' sollecitavono el venire innanzi allo ingrossare de' svizzeri, si dava, e Cremona per essere più discosto stette a vedere, vennono a Lodi, e di quivi la persona del re collo esercito se ne andò a Marignano vicino a Milano a dieci miglia. E' svizzeri intanto vennono a Milano, ed essendo state tra loro molte pratiche di accordo, ed escluse finalmente, e' svizzeri con bestialità grande uscirono un giorno al tardi di Milano ed assaltorno lo esercito franzese, con quale combatterono fino a più ore di notte; e la mattina sequente si rapiccorno, dove li svizzeri furono rotti. De' franzesi non morirono molti; de' svizzeri si è parlato ed inteso variamente, ma la commune opinione è suta che ne sieno morti più di diecimila ed anche dodicimila.

Avuto questo disavantaggio, e' svizzeri abandonorono Milano e tutto lo stato, quale si dette al re; ed el castello pochi poi si li dette per accordo. Eravi drento el duca Massiminiano, che d'accordo ne andò in Francia, con obligazione di darli entrata ecclesiastica per trentamila ducati e favorirlo al farlo cardinale. Avuta questa vittoria, el re, nonostante che el papa avessi fatto lega colli inimici sua, dati danari grossamente a' svizzeri e mandato loro certi sua condottieri con qualche gente d'arme, e tenuto pratiche colli spagnuoli di unirsi tutti insieme colle gente della Chiesa e nostre, co' svizzeri, nondimeno fece demonstrazione di desiderare grandemente l'accordo con Sua Santità; quale finalmente si concluse con capituli e condizione grande per el papa e per li sua, e sanza carico o spesa alcuna della città.

 

 





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