SCRITTI
MINORI
Lorenzo
de' Medici morì lo anno 1492 a' dì... di aprile essendo di età di anni 43 vel
circa. Cosimo avolo suo, uomo di singulare prudenzia e di grandissima
ricchezza, ebbe tanta autorità nel governo della republica fiorentina, quanta
possi avere uno cittadino in una città libera. Morto lui, rimase Piero suo
figliolo e padre di Lorenzo nella medesima grandezza, el quale fu uomo claro
per bontà di natura e per essere clementissimo. Morto Piero, e' cittadini tutti
concordi perpetuorono a Lorenzo suo figliolo la medesima autorità e grado che
avevano avuto el padre e lo avolo, nonostante che non fussi di età di più che
di 21 anno, ma di grandissima indole; dove lui si governò sempre con tanta
prudenzia e virtù che quella città ragionevolmente non si è mai ricordata sanza
lacrime della sua immatura morte, perché a' tempi sua la fiorì di tutte quelle
prosperità che può avere una città, di ricchezze, di imperio, di uomini
virtuosi, di lettere e di tutte le arte buone, di reputazione, e sopra tutto di
una grandissima unione e concordia civile, la quale mentre che lui visse fu
perpetua, eccetto che nello anno 1478, nel quale e' Pazzi, famiglia potente
nella città e nobile, e messer Francesco Salviati arcivescovo di Pisa, fatta
una coniurazione con occulto favore di papa Sisto e del re Ferrando, amazzarono
Giuliano suo fratello, e lui ferito con grandissimo periculo salvò la vita.
Sendo
di poi puniti li autori, ne seguitò una guerra gravissima, perché Sisto ed el
re Ferrando, deliberando tentare apertamente e colle arme quello che non era
potuto riuscire loro con fraude ed arti occulte, mandorono uno potente esercito
sotto el duca di Calavria e duca di Urbino contro a' fiorentini. Durò questa
guerra più di dua anni e con fortuna varia, sendo e' fiorentini aiutati dallo
stato di Milano e da' vinitiani loro confederati, ed all'ultimo aiutandoli e'
confederati freddamente, cominciorono le cose loro a declinare; e perché el
papa e re usavano dire che non facevano la guerra per inimicizia che avessino
con la republica, ma per odio particulare di Lorenzo, parse a Lorenzo che fussi
oficio di buono cittadino provedere che la patria per causa di lui solo non
corressi tanto periculo, e per questo andò personalmente a Napoli a trovare el
re Ferrando, con disposizione o di persuadere a quello re che li fussi più a
proposito lo essere suo amico che inimico, o non potendo persuaderli questo,
liberare col suo sangue proprio la patria da guerra tanto pericolosa. Aiutò Dio
la sua buona intenzione, in maniera che innanzi partissi da Napoli concluse la
pace, e contrasse con quel re una amicizia grandissima che durò mentre che
visse.
Questa
fu quanta infelicità ebbe Lorenzo, la quale nondimeno si terminò bene, e vi si
conobbe drento la sua prudenzia, sendosi con uno partito tale liberato da gravi
periculi, e lo amore che e' portava alla patria, ave[ndo], perché quella stessi
in pace, messa la vita propria in mano degli inimici. Fuora di questo tempo fu
tutta la vita sua piena di successi buoni e di gloria, perché nella città
accrebbe sempre con concordia ed unione universale la autorità sua. Né solo
vivente lui si conservò lo imperio publico ma ancora si augumentò, perché si
acquistorno per forza, di mano de' genovesi, Petrasanta e Serezzana, terre di
grande importanzia al dominio fiorentino; acquistossi Fivizzano ed una grande
parte di Lunigiana, parte comperata, parte lasciata da alcuni de' signori di
quella provincia, che morirono sanza eredi.
Nelle
cose commune di Italia procurò sempre a conservare la pace ed a provedere che
alcuno de' potentati non diventassi sì grande che fussi pericoloso alla libertà
de altri. Per questo, quando e' viniziani feciono la impresa di pigliare
Ferrara, parendoli che e' diventassino molto potenti, confortò la città a
pigliare la difesa di quello duca, alla quale benché ancora concorressino el re
Ferrando e lo stato di Milano e di poi all'ultimo papa Sisto, nondimeno li più
pronti e vivi aiuti furono e' nostri. Seguì la creazione di papa Innocenzio, el
quale nel principio prese la protezione di alcuni baroni che si erano ribellati
dal re Ferrando, in modo che lo stato di quello re si ridusse in gravissimo
periculo. Parve a Lorenzo che attesa la ambizione de' pontefici, tanta
grandezza della Chiesa sarebbe dannosa alli altri, e però confortò la città a
defendere quello stato, ed eccitò al medesimo el signore Lodovico governatore
del ducato di Milano, quale procedeva freddamente, in modo che quel re si
conservò con grandissima gloria di Lorenzo; e poi che la potenzia de' viniziani
era maggiore che alcuna altra di Italia, ed era già conosciuto lo appetito loro
immodico del dominare, lui per resisterli sempre si ingegnò che el re di
Napoli, duca di Milano e la republica fiorentina vivessino in unione e lega
particulare, di che seguì la securtà e conservazione commune di tutta Italia.
Per
queste cose lui salì in tanta reputazione di prudenzia ed in tanta autorità,
che nelle cose di Italia non si deliberava cosa alcuna grave sanza sua voluntà.
Papa Innocenzio si lasciava in tutto governare a lui. Nelle controversie che
nascevano tra el re Ferrando e signore Lodovico, lui era mediatore e
compositore, e la fede che ciascuno di loro aveva nella prudenzia sua, e la
paura che per consiglio suo la città nostra non declinassi a una delle parte,
operava che, benché tra loro fussi mala voluntà, non si procedeva a maggiore
discordie, in modo che lui era come uno temperamento della male disposizione di
Italia. Queste opere e processi sua dimostrono apertamente quale fussi la
prudenzia sua nelle cose delli stati.
Ma
non fu minore lo ingegno e virtù sua in tutte le altre cose laudabili. Fu di
natura clementissimo: nel tempo che lui stette a Napoli, sendo opinione di
molti che el re lo avessi a ritenere, tentorono in Firenze alcuni cittadini
nobili di mandarlo in esilio; a' quali tutti lui tornato perdonò; né solo
perdonò, ma ebbe alcuni di loro tra li amici intimi, e fu operatore che fussino
esaltati alle prime degnità della città. Così visse sempre con dimostrazione di
religione, con elemosine assai e con favorire supremamente le chiese ed opere
pie.
Ma
quello che li recò grandissima gloria fu uno amore ed ardore immenso che gli
ebbe alle lettere ed a tutte le virtù ed arte buone, per le quali non
perdonando a spesa né a fatica o incommodità alcuna, si ingegnò con premi e con
speranze grande condurre a Firenze tutti li omini eccellenti in qualunque
spezie di dottrina ed arte. Fiorironvi a' tempi sua li studi di umanità, e vi
furono molti uomini dottissimi; massime Cristoforo Landino, del quale sendo
publico precettore uscirono molti dotti come si dice del cavallo troiano,
Bartolommeo Scala esaltato da lui e quale fece eleggere con onorato stipendio
per primo secretario della republica, e sopra tutti Angelo Poliziano, quale
sendo poverissimo fu da' teneri anni educato in casa sua e sumministratoli
danari, libri ed ogni commodità alle lettere; e di poi crescendo la età lo
provide di entrate abundante. Quanto fu mirabile nella dottrina platonica
Marsilio Ficino! Ioanni Pico conte della Mirandula, miraculo della età nostra,
allettato da tanta virtù di Lorenzo, venne a vivere a Firenze. Stettonvi molti
anni a interpretare le lettere greche, prima Demetrio, di poi Constantino
Lascari, uomini a iudicio di tutti singolarissimi; in modo che sotto questi
precettori, e veduto in quanto prezio Lorenzo teneva li omini dotti, tutta la
nobilità ed ogni spezie di giovani si dette alli studi. Fece in Pisa instituire
uno Studio publico di tutte le scienzie, dove con grandissimi salari invitò
tutti li uomini dotti di Italia, in forma che non rimase quasi uomo eccellente
che non vi leggessi, e fu sanza dubio el primo collegio di Italia.
Usava
ogni diligenzia che tutti e' religiosi eccellenti nelle lettere sacre venissino
a Firenze, tra' quali amò singularmente messer Mariano da Ghinazzano, uno de'
primi predicatori di Italia, a contemplazione di chi, edificò allato alle mura
uno bellissimo monasterio; fece una bellissima libreria empiendola di quanti
libri rari e preziosi potette avere; né li parendo che in Italia fussino molti
libri greci, mandò in Grecia Constantino Lascari con commessione comperassi
tutti e' libri notabili poteva avere sanza guardare a spesa alcuna. Dilettossi
oltre a questo assai della scultura, della pittura, della architettura, dando
guadagno ed emolumento a tutti li omini eccellenti in queste arte; così della
musica, e fece in Firenze ordinare una capella di cantori che forse non la
aveva tale alcuno principe cristiano. Finalmente fu di ingegno universalissimo
in tutte le cose virtuose, ed uno refugio e patrocinio di tutti li omini
eccellenti in qualunque arte.
In
coeteris el vivere suo fu civile e più tosto da privato che da uomo di stato,
come quello che non voleva collo esemplo suo indurre li altri cittadini in uno
vivere troppo suntuoso, e così in tutta la conversazione sua viveva colli altri
con quella umanità, affabilità e sanza fasto alcuno, come se fussi stato uno di
loro, e nondimeno quando a Firenze veniva qualche uomo claro di nobilità e di
virtù, li faceva con conviti e con doni onore supremo, come quello che di
liberalità e di appetito di gloria e di eccellenzia era equale a ogni principe.
Con queste arte e virtù fu di tanta fama e riputazione non solo in Italia ma
eziandio apresso le nazione esterne, che fu cosa mirabile; e molti re cristiani
tennono in particulare amicizia grande con lui; né solo in Cristianità, ma
eziandio alli infedeli si sparse la gloria sua, in modo che el grande soldano
di Babillonia mandò insino a Firenze uomini sua a visitarlo ed a donarli una
giraffa ed altri animali di quelle regioni.
Morì
essendo Italia tutta in grandissima quiete e felicità, la quale poco doppo la
morte sua cominciò a perturbarsi e venire in discordia, donde seguì la entrata
de' franzesi in Italia e la ruina universale; in modo che la morte sua fu
calamitosa a tutti, perché è opinione de' savi che vivendo lui, che era come
uno censore delli altri potentati, non seguiva tanta disunione; in forma che
non sanza causa parse che e' cieli mostrassino molti prodigi della morte sua,
perché pochi giorni innanzi apparsono in cielo molti fuochi, sentissi urli per
la aria, e la testudine di Santa Liberata fu fulminata; e' lioni che sono
inclusi in Firenze combatterono tra loro medesimi. La città, quale allora era
in somma felicità di stato, di ricchezze e di reputazione, pianse la morte sua
non altrimenti che di uno padre publico, dolendosi ognuno che uno uomo tanto
eccellente e che amava sì ardentemente la patria, fussi morto sì giovane.
Rimase in tanto lutto una sola consolazione, e questa è della speranza che si
aveva de' figlioli, massime del secondogenito messer Giovanni cardinale, nel
quale, benché allora fussi di età molto tenera, si vedeva tale indole ed
apparivano tali segni di probità e di virtù, che e' fussi insino a allora
opinione che e' non avessi a essere inferiore al padre, ed una espettazione
ferma di tutti che avessi a essere ornamento di quella degnità e della Chiesa
di Dio, e che se venissi mai tempo che el sommo pontificato si dessi per virtù,
non per ambitione e corruttele, che vivendo lui insino alla età conveniente
avessi sanza alcuno dubio a essere eletto.
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