Morto Cosimo,
rimase capo dello stato Piero' suo figliuolo, el quale non ebbe quella
prudenzia e laudabili parte aveva avuto el padre; nondimeno fu di buona natura
e clementissimo, ed ebbono apresso a lui buono essere e' cittadini dello stato,
perché oltre alla buona natura, sendo lui molto impedito e quasi perduto di
gotte, si lasciava quasi governare; di che alcuni usurporono tanta autorità,
che furono per tòrgli lo stato, come di sotto si dirà.
Morì etiam in
quel tempo, nel 1464, papa Pio, e fu eletto in luogo suo Pagolo, di nazione
veneto, di casa Barbo, che si dimostrò nel principio molto favorevole ed
affezionato alle cose della città. La quale buona disposizione fu per
interrompersi, perché, sendo morto in levante contro a' turchi el cardinale
camarlingo e patriarca di Aquileia, el quale era ricchissimo ed aveva in
Firenze grandissima somma di gioie, danari ed altro mobile, ed avendo lasciato
per testamento queste sua facultà a certi degli Scarampi, de' quali era uno
genero di Luigi Pitti fratello di messer Luca, e volendo el papa questo tesoro
come cosa ecclesiastica, la potenzia di messer Luca era tale che per beneficio
di questo suo parente non lasciava farne quella risoluzione si conveniva; di
che adirandosi el papa molto forte, pure finalmente si deliberò se gli dessino
queste robe, e così si fece con sua grande satisfazione.
In questo tempo
el conte Iacopo Piccinino per opera del duca Francesco suo suocero si
riconciliò col re Ferrando e ricondussesi a' soldi sua, ed avendo da lui
danari, deliberò da Milano, dove era transferirsi nel reame a visitare el re e
fargli capace volere essere suo buono servidore, come e lui ed el padre erano
stati di suo padre. Venne adunche a Napoli e fu ricevuto dal re con tanto onore
e tanta dimostrazione di benivolenzia che non si sarebbe più potuto esprimere,
ed ogni dì stava seco qualche ora a segreto parlamento; nondimeno quando volle
partire, avendo preso buona licenzia dal re, fu ritenuto ed incarcerato insieme
con el conte Broccardo suo cancelliere, e pochi dì poi fu morto in prigione.
Mostrò el duca Francesco tal cosa dispiacergli assai dolendosi che el conte
fussi stato tradito quasi sotto la sua fede e sue braccia; ed essendo madonna
Ipolita sua figliuola a Siena, che n'andava a Napoli a marito a Alfonso duca di
Calavria primogenito del re, ed in sua compagnia don Federigo figliuolo del re,
gli comandò si fermassi quivi insino a tanto avessi altra risoluzione da lui;
ed in effetto fece cenni di avere voglia che el parentado non andassi innanzi.
La qual cosa dispiacque assai alla città, perché desideravano si conservassi
questa unione fra 'l re e duca per commune beneficio; e però s'affaticorono
molto e publicamente ed in privato alcuni cittadini suoi familiari in
persuadergli non volessi dividere tale amicizia, che portava tanta sicurtà ed a
sé ed agli amici sua; e così si fece in effetto. Molti credono che el duca,
parendogli che el conte Iacopo fussi di troppa riputazione nelle arme, ed
inoltre, per la memoria di Niccolò Piccinino suo padre, molto amato dal popolo
di Milano, acconsentissi farlo male capitare per le mani del re; nondimeno a me
non è manifesta la verità, e chi fa questo giudicio, lo fa per conietture e non
per certezza, perché se una tale cosa fu, è da credere si trattassi
segretissimamente e nelle conietture è molto facile lo ingannarsi; e massime
che chi io crede non si muove per altro, se non perché questa morte, per le
cagione sopradette, fu riputata utile al duca; pure può essere stato vero, ed
io per me non ne fo giudicio in parte alcuna.
Cominciorono in
questi tempi medesimi a scoprirsi nuove divisione nella città, che furono
massime causate dalla ambizione di messer Dietisalvi di Nerone; el quale, sendo
uomo astutissimo ricchissimo e di grande credito, non contento allo stato e
riputazione grande aveva, si congiunse con messer Agnolo Acciaiuoli, uomo anche
egli di grande autorità, disegnando volere tôrre lo stato a Piero di Cosimo. E
parendo loro che messer Luca Pitti, pel seguito aveva, fussi buono instrumento,
entratigli sotto, gli persuasono farlo capo della città, disposti però fra
loro, secondo si dice, sbattuto che avessino Piero, tôrre anche lo stato a
messer Luca; il che giudicavano facile per non essere lui uomo che valessi. E
per dare principio a questi disegni, messono innanzi che le borse si
serrassino, cioè che la signoria ed e' magistrati si traessino a sorte e non
per elezione, il che fu consentito da Piero, perché la cosa piaceva tanto al
popolo, che come era proposta, chi non l'avessi consentita s'arebbe tirato
addosso troppo carico. Sendo di poi tratto gonfaloniere di giustizia Niccolò
Soderini che era de' loro seguaci, tentorono levare via el consiglio del Cento,
che disponeva di tutte le cose importante della città. A che Piero e gli amici
sua che ne erano massime capi messer Tommaso Soderini, messer Luigi ed Iacopo
Guicciardini messer Antonio Ridolfi messer Otto Niccolini ed altri simili, si
opposono alla scoperta e finalmente la impedirono. Tentoronsi ancora per questo
gonfaloniere molte altre cose contro allo stato di Piero, e stette la città,
mentre che durò quello magistrato, molto alterata, ma sendo uscito, parve le
cose quietassino un poco.
Successe a fine
di detto anno 1465 la morte del duca Francesco, e successe nello stato Galeazzo
suo primogenito, el quale, sendo in Francia a' favori del re Luigi che
guerreggiava co' baroni, udita la morte del padre, ne venne scognosciuto in
poste. Questo caso dispiacque assai alla città per la amicizia tenuta seco, e
perché dubitava che, sendo gli Sforzeschi nuovi in quello stato, non si facessi
qualche alterazione, ed inoltre che e' viniziani, che sempre avevano temuta la
virtù e riputazione di quello duca morto ora lui, non rompessino guerra a'
figliuoli. E si consultò fussi bene fare ogni cosa per conservare quello stato,
donde molti anni si era tratta la sicurtà della città; e però subito furno
mandati imbasciadori a Milano messer Bernardo Giugni e messer Luigi
Guicciardini che, oltre al condolersi e le cerimonie offerissino tutte le forze
della città a' bisogni loro, vegghiassino tutti e' casi occorrenti e dessino
aviso acciò che si potessi provedere. Giunti a Milano, trovorono e' sudditi
avere tutti data la ubidienzia, ma lo stato in gran disordine di danari, e
qualche sospetto di guerra da' viniziani; e però furono richiesti scrivessino a
Firenze, pregando fussino serviti in prestanza di qualche somma di danari,
pigliandone assegnamento in sulle più vive entrate avessino.
A Firenze si
messe in pratica questa dimanda e si concluse si servissino; e così si rispose
agli imbasciadori offerissino ducati quarantamila, e che subito si provederebbe
a fargli. E di poi trattandosi de' modi messer Luca, messer Agnolo e messer
Dietisalvi, parendo loro modo da fare perdere la riputazione grande aveva Piero
con lo stato di Milano, la cominciorono a impedire, in modo che non si potette
mai fare conclusione di pagargli, con grandissimo carico e vituperio della
città. Di qui sendo gli animi ogni dì più gonfiati, e bisognando che questa
quistione si terminassi con vittoria delle parte, con tutto fussino ite atorno
molte pratiche e simulazione di concordia e giuramenti e obligazione di
cittadini, sendo ito Piero a Careggi, disegnorono gli avversari sue nel tornare
di amazzarlo, e messono gente armata in Santo Antonio del Vescovo, donde Piero
soleva tornare; del quale luogo loro si valevano per essere arcivescovo di
Firenze uno fratello di messer Dietisalvi. Volle la buona fortune di Piero e di
quella casa che nel tornare non fece la via soleva, ma prese altra via; in modo
si condusse salvo a Firenze. Dove, crescendo ogni dì queste divisione e sendo
la città tutto di piena di gente armate, ed apparati grandi per l'una parte e
l'altra di soccorsi esterni, finalmente, sendo tratto gonfaloniere di giustizia
Ruberto Lioni partigiano di Piero ed una signoria a suo proposito, sendo
impauriti gli avversari, messer Luca, persuaso così astutamente, si riconciliò
con Piero; in modo che si fece parlamento e furono confinati di Firenze messer
Agnolo Acciaiuoli ed e' figliuoli, messer Dietisalvi co' figliuoli e fratelli,
e Niccolò Soderini; e rassettossi in tutto lo stato a modo di Piero, el quale,
non seguitando lo stile di Cosimo suo padre, fu clementissimo in questo
movimento, né patì si punissino altro che quegli e' quali sanza pericolo grande
non potevano rimanere impuniti. Messer Luca rimase in Firenze, ma spennecchiato
e senza stato e credito, e così patì pena conveniente della stultizia sua, ché,
avendo più bello stato assai che non meritava, per cercare farne un più bello
capitò male.
La mutazione
dello stato di Firenze partorì gran novità per Italia, perché fece speranza a'
viniziani che sendo la città alterata, non s'avessi opporre alle imprese loro,
sendo massime persuasi e sollecitati dagli usciti nostri, messer Dietisalvi e
Niccolò Soderini, e' quali transferitisi a Vinegia dimostravano quanto fussi
facile voltare lo stato di Firenze e rimettergli in casa, e che sendo poi
questa città a' loro propositi, nessuna impresa era difficile. Di che nacque una
pratica fra 'l papa, e' viniziani e Borso duca di Ferrara che era amico degli
usciti, che Bartolomeo Coglione capitano de' viniziani, finita la condotta sua
che durava pochi mesi, come capitano di venture si volgessi a' danni o del duca
Galeazzo o nostri. Il che presentendosi a Firenze, furno mandati imbasciadori a
Vinegia messer Tommaso Soderini ed Iacopo Guicciardini, per ritrarre, se era
possibile, la mente loro circa alla quiete universale, e di poi andarne a
Milano a conferire con quello signore e pensare, se accadeva, a rimedi oportuni
per la salute commune. Vennono a Vinegia, e ricevuti molto onorevolmente, e
così per tutto el loro dominio, ritrassono parole ottime in generali, ma in
particulare non potettono avere cosa alcuna per la quale si potessino
assicurare della mente loro; andoronne a Milano, e quivi consultato quello
fussi da fare, in capo di pochi giorni se ne vennono a Firenze E perché questi
pericoli si disegnavano communi così al re Ferrando come al duca e noi, si
contrasse una lega particulare fra queste tre potenzie a difesa degli stati, e
si disegnorono gli apparati che s'avevano a fare per la salute di tutti. Ma
riscaldandosi ogni dì più questa mossa di Bartolomeo da Bergamo, parendo alla
città che e' signori collegati procedessino a' provvedimenti molto lentamente,
fu mandato messer Antonio Ridolfi a Napoli e messer Luigi Guicciardini a Milano
a sollecitare si dessi colore a' disegni fatti, e si fece capitano di questa
lega Federigo duca di Urbino, che subito colle gente nostre, di che era
capitano el signore Ruberto da Sanseverino, si ridusse in Romagna. Dove fra
pochi dì el signore Astore di Faenza soldato dalle lega, détte la volta ed
accordossi co' viniziani; Bologna ed Imola erano per la lega, Pesero pe'
viniziani, Rimino più tosto neutrale che in altro modo
Partì
Bartolomeo de' terreni de' viniziani circa allo aprile e prese la volta di
Romagna per passare di quivi in Toscana e fare pruova voltare lo stato di
Firenze; ed in sua compagnia era messer Agnolo Acciaiuoli, messer Dietisalvi e
Niccolò Soderini. E come fu inteso l'avviarsi delle sue gente, el duca Galeazzo
prese anche egli con buone gente la volta di Romagna per congiugnersi col duca
di Urbino; fra' quali era duemila cavalli a' soldi nostri, perché di principio
abondando al duca gente, ma mancandogli danari da metterle tutte in ordine, e
la città non avendo gente abastanza si soldò duemila cavalli di quegli di
Milano e così si sopplì a' bisogni l'uno dell'altro. Venne ancora in Romagna
don Alfonso di Davoles condottiere del re, e si congiunse col duca di Urbino,
in modo che el campo nostro stava in campagna a petto di Bartolomeo Coglione; e
finalmente, sendo venuto el duca Galeazzo in Firenze, ed alloggiato in casa
Piero di Cosimo, si fece un bello fatto di arme alla Mulinella, e benché non vi
fussi vittoria notabile, pure el vantaggio fu della lega. E pochi dì poi,
ingrossando el campo nostro per gente sopravenute del reame, era la vittoria
nelle mani; se non che el duca Galeazzo fanciullescamente, credo per non avere
danari da Firenze a suo modo, si partì di campo con buona parte delle sue gente
ed andossene a Milano. Di che sendo la cosa pareggiata, ognuno si voltò a'
pensieri della quiete, e fatta tregua a disdetta, pochi dì poi si fermò questo
tumulto; e Bartolomeo se ne tornò in quello de' viniziani, con effetto della
impresa non conveniente alla sua riputazione ed espettazione e' ebbe nel
principio di lui.
Tornato
Bartolomeo in Lombardia, la città si posò circa uno anno; di poi nel 1469
pretendendo papa Paulo che Rimino, che era nelle mani di Ruberto Malatesta
figliuolo bastardo del signore Gismondo, fussi devoluto alla sedia apostolica
ed infestando Ruberto con editti e censure e preparandosi alle arme, la lega,
dubitando che lui disperato non si gittassi nelle mani de' viniziani, co' quali
era in pratica, lo tolse a soldo e preselo in protezione contro a qualunque lo
volessi offendere. Di che el papa forte sdegnato, ed avendo da' viniziani
promesse di favore, ed anche credendo che la lega non avessi a essere unite
alla difesa, mandò el campo a Rimino. Fecesi gran consulta fra' signori
collegati circa al modo della difesa; e finalmente, non sendo in molta unione,
conchiusono per allora mandare aiuti a Ruberto di qualità che non lasciassino
gli inimici espugnare la città, e mandare imbasciadori a Roma a giustificarsi
col papa di avere preso Rimino in protezione, non per fare contro alla Chiesa,
ma perché non venissi in mano de' viniziani, usati a occupare le cose
ecclesiastiche; avere fatta la lega e presa la protezione per conservare la
pace di Italia, ed a questo effetto pregarlo fussi contento levare el campo da
Arimino, promettendogli si troverrebbe modo a comporre poi queste differenzie e
che Ruberto non mancherebbe delle debite reverenzie verso quella sedia, e
quando non volessi farlo, protestargli che per conservare la pace di Italia e
la fede data a Ruberto, lo difenderebbono in tutti quegli modi fusse possibile,
offendendo etiam in qualunque luogo chi offendeva lui. Mandò la città a
questo effetto, insieme cogli oratori ducali, a Roma messer Otto Niccolini ed
Iacopo Guicciardini, ed in questo mezzo strignendosi lo assedio, el re fece
passare el Tronto al duca di Calavria. acciò che don Alonso suo condottiere si
potessi sicuramente congiugnere col conte di Urbino, a chi questo soccorso era
molto a cuore perché temeva la potenzia della Chiesa, e così vi si spinse per
la città el signore Ruberto e qualche gente pel duca, ma poche, ché andava
freddo a questa impresa, ed accostandosi l'uno esercito all'altro, si fece
finalmente fatto di arme, dove el conte di Urbino roppe el campo della chiesa.
Mostrò el papa
in pricipio buono animo, di poi mancandogli sotto le promesse e favori de'
viniziani, cominciò pure a volgersi alla pace; e perché nella lega non era
unione per convenirsi in quello s'aveva a fare, si fece una dieta a Firenze,
dove furono imbasciadori pel re e pel duca, e finalmente, non si faccendo
alcuna buona conclusione e sendo disparere fra el duca e re, si ridusse la
pratica della pace a Napoli dove per la città andò messer Otto Niccolini.
Furonvi e' trattati vari, e fu opinione che el re s'avessi a collegare co'
viniziani; ma finalmente doppo molte pratiche l'anno 1470 si rinnovò la lega
fra re, duca e noi, con certi capitoli risguardanti alla pace e lega generale
di tutta Italia, come di sotto si dirà.
Innanzi si
conchiudessi la pace e nell'anno 1469 di dicembre, morì in Firenze Piero di
Cosimo de' Medici; la morte del quale dolse assai alla città rispetto alla sua
facile e clemente natura e tutta volta al bene, come massime mostrò la novità
del 66, nella quale non punì più oltre che si patissi la necessità e più ancora
che non era la voluntà sua, costretto da molti cittadini dello stato. Lasciò
due figliuoli, Lorenzo e Giuliano, de' quali Lorenzo, che era el maggiore, era
di età di anni venti o ventuno, e benché molti stimassino così nella città come
fuora, che la sua morte avessi a partorire rivoluzione, nondimeno la sera morì,
o vero la sera seguente, si ristrinsono in Santo Antonio più di seicento
cittadini, el fiore della città, e feciono conclusione di mantenere e la unione
e lo stato presente e conservare grandi e' figliuoli di Piero; e così concorse
tutta la città, affaticandosene massime messer Tommaso Soderini che aveva
allora più riputazione che altro cittadino e forse era el più savio. El quale
però si persuase che per essere Lorenzo giovane ed avere quasi a ricognoscere
in tutto da lui, l'avessi a governare; il che di poi non gli riuscì. E per dare
riputazione allo stato e mostrare la unione della città, richiedendolo anche e'
tempi che correvano rispetto al non essere conclusa la pace, si ordinò e vinse
prestamente in tutti e' consigli una provisione di trecentomila ducati. e così
in effetto si continuò lo stato per successione in Lorenzo de' Medici, el quale
lo governò insino alla morte sua con quelle virtù e successi che di sotto si
diranno.
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